Attività di agenzia per la società di capitali, che però deve mettersi in coda come tutti gli altri

Il privilegio previsto dall’art. 2751-bis, numero 3, c.c. non può essere esteso alla società di capitali che eserciti l’attività di agente.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 19012, depositata il 10 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Trieste rigettava la domanda di una s.r.l. unipersonale, la quale aveva richiesto, nell’ammissione allo stato passivo di una società, il riconoscimento del privilegio ex art. 2751- bis , n. 3, c.c. per delle somme dovute a titolo di indennità di cessazione del rapporto di agenzia e di provvigioni dovute per l’ultimo anno di prestazione. Secondo i giudici, la norma invocata non poteva essere estesa ai crediti di agenzie esercitate in forma di società di capitali. La s.r.l. ricorreva in Cassazione, deducendo che il privilegio invocato sarebbe applicabile anche all’agente che eserciti l’attività sotto forma di società di capitali, soprattutto quando si tratti di società con socio unico. In più, sarebbe stata ignorata dalla Corte la struttura organizzativa della s.r.l., in cui l’unico socio ed amministratore svolgeva la prevalente attività dell’agenzia, allo stesso modo di un piccolo imprenditore individuale. La società di capitali viene esclusa dal privilegio. Per dirimere la controversia, la Corte di Cassazione richiama la pronuncia n. 27986/2013 delle Sezioni Unite, che avevano negato l’estensibilità del privilegio ex art. 2751- bis , n. 3, c.c. alla società di capitali che eserciti l’attività di agente. Alla base della decisione, stava la ratio del privilegio stesso di tutela di crediti da attività lavorativa e destinati, quindi, a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore. Tale ratio non è presente nell’ipotesi di una società di capitali, in cui le somme, che rappresentano il corrispettivo dell’attività prestata attraverso le persone che operano per la società, spettano a questa e non al socio, costituendo quindi non già un compenso del lavoro prestato, ma un’eventuale remunerazione del capitale conferito, risolvendosi in utili dell’attività d’impresa . Nel caso di specie, la ricorrente richiamava l’art. 23, comma 2, l. n. 422/2000, ma tale norma fa riferimento all’ipotesi con riguardo non già al privilegio in esame, bensì alla determinazione dell’indennità spettante, in occasione della cessazione del rapporto, all’agente che abbia accettato un patto di non concorrenza. Infine, i giudici di legittimità ricordano che una società unipersonale rimane comunque una società di capitali. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 maggio – 10 settembre 2014, n. 19012 Presidente Ceccherini – Relatore De Chiara Svolgimento del processo La Corte d'appello di Trieste ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Pordenone, nel giudizio di opposizione a stato passivo introdotto dalla E. s.r.l. unipersonale nei confronti del fallimento della F.C. s.p.a., aveva, tra l'altro, negato il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 3, c.c. ai crediti dell'opponente di E 389.331,69 per indennità di cessazione del rapporto di agenzia e di e 33.245,54 per provvigioni dovute per l'ultimo anno di prestazione. La Corte ha ritenuto, sulla scorta di Corte cost. n. 1 del 2000, che della norma invocata si imponga una interpretazione costituzionalmente orientata al principio di tutela del lavoro, che ne impedisce l'estensione ai crediti di agenzie esercitate in forma di società di capitali. La E. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura. Il fallimento ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che il privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 3, c.c. sia applicabile anche all'agente che eserciti la propria attività sotto forma di società di capitali, in particolare allorché si tratti di società con socio unico, alla quale non a caso l'art. 23, secondo comma, l. 29 dicembre 2000, n. 422 estende la previsione di cui all'art. 1751 bis c.c. 2. - Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, si lamenta che la Corte d'appello abbia escluso il privilegio senza tener conto della struttura organizzativa della E., società a responsabilità limitata con un unico socio nonché amministratore, sul quale gravava la prevalente attività svolta dall'agenzia alla stessa stregua di un piccolo imprenditore individuale. 3. - I due motivi, da esaminare congiuntamente data la loro connessione, non possono essere accolti. Sulla questione della estensibilità del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 3, c.p.c. alla società di capitali che eserciti l'attività di agente si sono di recente pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27986 del 2013. A composizione di un contrasto insorto tra le sezioni semplici, esse hanno accolto la tesi negativa, imposta dal principio costituzionale del divieto di ingiustificata equiparazione di situazioni diverse art. 3 Cost. , facendo leva sulla ratio del privilegio stesso di tutela di crediti da attività lavorativa e perciò destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore ratio non presente nell'ipotesi di società di capitali, in cui le somme che rappresentano il corrispettivo dell'attività prestata [ ] attraverso le persone che operano per la società spettano a questa e non al socio e costituiscono non già un compenso del lavoro prestato ma una eventuale remunerazione del capitale conferito [ ], risolvendosi in utili dell'attività di impresa . Né depone in senso contrario, per l'ipotesi di società unipersonale, che resta pur sempre una società di capitali, il richiamo della ricorrente al secondo comma dell'art. 23, l. 422 del 2000, il quale fa riferimento a tale ipotesi con riguardo non già al privilegio di cui si discute, bensì alla determinazione dell'indennità spettante, in occasione della cessazione del rapporto, all'agente che abbia accettato un patto di non concorrenza. 4. - In conclusione il ricorso va respinto. E' equo compensare tra le parti le spese processuali, essendo il ricorso anteriore alla pubblicazione della richiamata decisione delle Sezioni Unite che ha risolto il contrasto giurisprudenziale sulla questione posta dalla ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese processuali.