Il decreto che fissa i limiti della massa fallimentare è meramente dichiarativo

Il decreto col quale il giudice delegato, a norma dell’art. 46, comma 2, l.f., fissa i limiti entro cui i proventi dell’attività lavorativa del fallito, in quanto necessari al mantenimento suo e della sua famiglia, non sono compresi nel fallimento ha natura meramente dichiarativa con la conseguenza che non può esser dichiarata l’inefficacia dei pagamenti compiuti dal debitore direttamente al fallito prima dell’emanazione del decreto.

E’ stato così affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 18598, depositata il 3 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado con la quale era stata accolta la domanda di inefficacia ex art. 44 l.f. proposta dal curatore del fallimento nei confronti di una banca. La Corte di merito, inoltre, aveva ritenuto infondata la censura con la quale la banca convenuta aveva dedotto che le somme prelevate dal fallito non erano acquisibili alla massa perché costituenti sussidio mensile al fallito stesso, sebbene il provvedimento del g.d. ne aveva determinato il limite solo con efficacia ex tunc . Ricorreva in Cassazione la banca, denunciando violazione dell’art. 46 l.f., assumendo che il diritto agli emolumenti, ai sensi della predetta norma, prescindeva dal provvedimento del giudice delegato. I pagamenti al fallito, effettuati prima dell’emanazione del provvedimento, sono efficaci. Il motivo è fondato. La più recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito la natura soltanto dichiarativa del decreto col quale il giudice delegato, a norma dell’art. 46, comma 2, l.f., fissa i limiti entro cui i proventi dell’attività lavorativa del fallito, in quanto necessari al mantenimento suo e della sua famiglia, non sono compresi nel fallimento con la conseguenza che non può esser dichiarata l’inefficacia dei pagamenti compiuti dal debitore direttamente al fallito prima dell’emanazione del decreto Cass., numero 20325/2007 . Il decreto è quindi meramente dichiarativo ed è destinato ad individuare i limiti quantitative di un diritto che ad esso preesiste. Tale natura è rafforzata dall’attribuzione allo stesso decreto di efficacia retroattiva Cass., numero 9268/1995 . La Cassazione cassa con rinvio per nuovo esame la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 luglio – 3 settembre 2014, n. 18598 Presidente Ceccherini – Relatore Didone Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1.- Con la sentenza impugnata depositata in data 9.5.2012 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata accolta la domanda di inefficacia ex art. 44 l. fall., proposta dal curatore del fallimento di P.R. nonché della s.n.c. Tecno Elettronics Import Export e degli altri soci illimitatamente responsabili nei confronti della s.p.a. Banco di Napoli. Per quanto ancora interessa, la Corte di merito ha ritenuto che era infondata la censura con la quale la banca convenuta aveva dedotto che le somme prelevate dal fallito non erano acquisibili alla massa perché costituenti sussidio mensile riconosciuto al fallito stesso, sebbene il decreto del g.d. del 13.7.2004 ne avesse determinato il limite soltanto con efficacia ex tunc. L'inequivocabile tenore letterale del provvedimento del g.d. con efficacia dalla data odierna” la cui legittimità non era stata posta in discussione da alcuno, induceva a ritenere che per il passato nulla fosse stato riconosciuto in favore del fallito a titolo di mantenimento e che il giudice avesse deciso di acquisire alla massa tutte le somme precedentemente erogate a titolo di stipendio e/o di pensione e, gli introiti confluiti sul c/c e rivendicati dalla curatela erano tutti antecedenti al provvedimento del g.d Contro la sentenza di appello la s.p.a. Banco di Napoli ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare intimata. Nel termine di cui all'art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria. 2.1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 46 l. fall., deducendo che il diritto agli emolumenti di cui alla predetta norma prescinde dal provvedimento del giudice delegato. Invoca i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia Sez. 1, Sentenza n. 20325 del 27/09/2007 Sez. 1, Sentenza n. 18843 del 31/10/2012 . 2.2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 46, comma 2, l. fall. nonché vizio di motivazione circa l'efficacia retroattiva del decreto del g.d., il quale ha natura dichiarativa. Invoca i principi secondo i quali Il riconoscimento delle esigenze di mantenimento del fallito e della sua famiglia, per le finalità dell'art. 46, primo comma, n. 2 legge fall., non richiede la contemporaneità tra la necessità addotta e la disponibilità delle somme atte a soddisfarla la situazione indicata dalla legge può essere integrata anche nel caso in cui il fallito abbia soddisfatto dette esigenze vitali facendo ricorso al credito, con relativi obblighi di restituzione, salva naturalmente la prova in fatto in fatto delle predette situazioni. Sez. 1, Sentenza n. 9268 del 02/09/1995 e La legittima acquisizione all'attivo fallimentare di somme destinate al fallito a titolo di assegno di invalidità, non preclude la restituzione delle stesse al fallito, qualora venga constatata la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 46, primo comma, n. 2 e secondo comma legge fallimentare. Sez. 1, Sentenza n. 9268 del 02/09/1995 . Deduce che le somme complessivamente versate sul c/c sono inferiori a quella che in base alla determinazione del g.d. il fallito avrebbe potuto incamerare per le proprie esigenze. 2.3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ancora la violazione dell'art. 46 l. fall, e vizio di motivazione e deduce che il giudice delegato non poteva limitare al periodo successivo al decreto il diritto del fallito a percepire quanto necessario per il suo mantenimento e di quello della famiglia. 2.4.- Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 46 l. fall. nonché vizio di motivazione in ordine alla ritenuta opponibilità del provvedimento del g.d. alla banca, terzo in buona fede rispetto al provvedimento stesso. Deduce che il comportamento passivo del curatore - il quale per dieci anni ha consentito che l'INPDAP versasse direttamente al fallito l'assegno pensionistico - ha determinato un danno per la banca, indifferente al versamento all'uno o all'altro delle somme. 3.- Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato e il suo accoglimento determina l'assorbimento delle altre censure. Invero, la più recente giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire la natura soltanto dichiarativa del decreto col quale il giudice delegato, a norma dell'art. 46, comma 2, l. fall., fissa i limiti entro cui i proventi dell'attività lavorativa del fallito, in quanto necessari al mantenimento suo e della sua famiglia, non sono compresi nel fallimento con la conseguenza che non può esser dichiarata l'inefficacia dei pagamenti compiuti dal debitore direttamente al fallito prima dell'emanazione del decreto Cass. 27 settembre 2007, n. 20325 . Rafforza il riconoscimento della natura meramente dichiarativa del suddetto decreto - destinato ad individuare i limiti quantitativi di un diritto che ad esso preesiste - la ripetuta attribuzione al decreto medesimo di un'efficacia retroattiva si vedano Cass. 2 settembre 1995, n. 9268, e Cass. 30 luglio 2009, n. 17751 Sez. 1, n. 18843/2012 . È all'orientamento espresso dalla citata sentenza n. 20325/07 che il collegio ritiene di dover dare qui continuità, posto che nella vicenda esaminata da detta sentenza, il decreto del giudice delegato era intervenuto in un momento successivo a quello del pagamento effettuato dal terzo a mani del fallito così come nella concreta fattispecie, nella quale, però, il g.d. ha limitato l'efficacia del decreto stesso alle erogazioni successive e ciò in contrasto con l'orientamento secondo il quale può affermarsi l'inefficacia, nei confronti del fallimento, del pagamento eseguito a mani del fallito da colui che quegli emolumenti è tenuto a corrispondere soltanto se, e nella parte in cui, esso risulti eccedente rispetto al limite fissato dal predetto decreto, avente natura dichiarativa ed efficacia retroattiva, e la cui preventiva emissione il Curatore ha altresì l'onere di richiedere a quel giudice così da poter, poi, documentare in causa l'eventuale eccedenza di quanto pagato direttamente al fallito rispetto ai limiti fissati in tale decreto Sez. 1, n. 18843/2012 . La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata con rinvio per nuovo esame e per il regolamento delle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.