Il socio occulto è illimitatamente responsabile? Occorre verificare la situazione concreta

Non si può affermare la responsabilità illimitata del socio occulto indipendentemente dal fatto che lo stesso sia accomandante o accomandatario e indipendentemente dal fatto che, se accomandante, si sia ingerito o meno nell’amministrazione della società.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23211/12, depositata il 17 dicembre. Il caso. Il socio occulto di una s.a.s. viene dichiarato fallito dal Tribunale, ma i giudici di appello revocano il fallimento, osservando che la situazione di socio occulto non è idonea a far presumere la qualità di accomandatario, essendo necessario a tal fine accertare di volta in volta la posizione in concreto assunta da detto socio l’accomandante assume responsabilità illimitata nel momento in cui spinge la sua partecipazione all’attività societaria oltre il semplice apporto di capitale, ingerendosi nell’amministrazione. Nel caso specifico, la Corte territoriale esclude che sia provata tale circostanza avverso tale pronuncia il fallimento propone ricorso per cassazione. Socio palese e occulto sono equiparabili? Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta che i giudici di appello avrebbero erroneamente equiparato, quanto al problema della responsabilità dei soci della s.a.s., la posizione del socio palese e quella del socio occulto in quest’ultimo caso, a giudizio del ricorrente, si dovrebbe applicare l’art. 2267 c.c. con il conseguente riconoscimento della responsabilità illimitata del socio occulto. Accomandanti e accomandatari. Nell’esaminare la questione, gli Ermellini ricordano anzitutto che la s.a.s. si caratterizza per la distinzione tra soci accomandatari, illimitatamente responsabili, e soci accomandanti, responsabili nei soli limiti della quota sociale. Tale distinzione rimane ferma anche quando si è in presenza di un’accomandita irregolare l’esistenza di un socio accomandante occulto non altera infatti la percezione dei terzi, che sanno di poter contare sulla responsabilità illimitata del socio accomandatario. Non si può affermare la responsabilità illimitata del socio occulto. Premesso quanto sopra, la S.C. conclude che affermare la responsabilità illimitata del socio occulto indipendentemente dal fatto che lo stesso sia accomandante o accomandatario e indipendentemente dal fatto che, se accomandante, si sia ingerito o meno nell’amministrazione della società, costituirebbe una mera sanzione della posizione di socio occulto una tale previsione non trova alcun riscontro nella disciplina di legge né è giustificabile da esigenze di tutela dei terzi. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 novembre – 17 dicembre 2012, n. 23211 Presidente Fioretti – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 7 luglio 2000, dichiarava il fallimento di M.G. in quanto socio occulto della Tuscano s.a.s. di Camuso Emilio & amp C, già dichiarata fallita con sentenza del 28 novembre 1997. Con sentenza del 16 febbraio 2006, la Corte di appello di Napoli riformava la sentenza emessa il 22 febbraio 2005, nel giudizio di opposizione, dal Tribunale della stessa città e revocava il fallimento. In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di Napoli osservava che la situazione di socio occulto di una società in accomandita semplice, la quale è caratterizzata dall'esistenza di due categorie di soci, che si diversificano a seconda del livello di responsabilità illimitata per gli accomandatari e limitata alla quota conferita per gli accomandanti , non è idonea a far presumere la qualità di accomandatario, essendo necessario, a tal fine, accertare di volta in volta la posizione in concreto assunta da detto socio, il quale, di conseguenza, assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell'art 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di compiere atti di amministrazione intesi questi ultimi quali atti di gestione, aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull'amministrazione della società, non già di atti di mero ordine o esecutivi o di trattare o concludere affari in nome della società Cass. 25.7.96 n. 6725 id. 19.1.91 n. 508 . Vale, cioè, per il socio di fatto di un'accomandita semplice ciò che vale per ogni socio accomandatario rectius accomandante egli assume responsabilità illimitata per le obbligazioni della società e quindi può essere coinvolto nel suo fallimento, ai sensi dell'art 147 l.f. solo ove spinga la sua partecipale di fatto all'attività societaria oltre il semplice apporto di capitali e si ingerisca nell'amministrazione”. Tanto premesso, la Corte di appello escludeva che fosse stata raggiunta la prova di una ingerenza del M. nell'amministrazione della società, considerato che lo stesso si era limitato ad eseguire pagamenti di merci già ordinate e consegnate, quando l'accomandatario era assente e si trattava di tacitare creditori insofferenti. Il fallimento di M.G. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. M.G. resiste con controricorso. Motivi della decisione Con l'unico motivo di ricorso il fallimento deduce la violazione degli artt. 2267, 2297, 2313, 2317 e 2320, lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva equiparato, rispetto al problema della responsabilità dei soci di società in accomandita semplice, la posizione del socio palese la cui situazione non sia stata pubblicizzata presso il registro delle imprese e la situazione del socio occulto secondo il ricorrente solo nel primo caso si applicherebbe la disciplina dettata dall'art. 2317 c.c., mentre nel secondo caso troverebbe applicazione il disposto dell'art. 2267 c.c., con la conseguente responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali del socio occulto di società in accomandita semplice. Il ricorso è infondato e deve essere confermato l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte nelle due decisioni citate nella sentenza impugnata Cass. 19 gennaio 1991, n. 508 Cass. 25 luglio 1996, n. 6725 e ribadito implicitamente da Cass. 16 marzo 2007, n. 6299. La società in accomandita semplice è caratterizzata, come è noto, dall'esistenza di due categorie di soci, delle quali una, quella dei soci accomandatari, illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali e l'altra, quella dei soci accomandanti, responsabili nei soli limiti della quota sociale. Tale distinzione è mantenuta ferma art. 2317, comma 2, c.c. anche nel caso di società in accomandita irregolare che presuppone l'estrinsecazione dell'accordo sociale restando inosservato l'onere formale dell'iscrizione al registro delle imprese . La ratio di tale disposizione va ravvisata nella circostanza che, quando la società opera pubblicizzando di fatto la propria natura di società in accomandita, i terzi che con essa vengono in contatto sanno di poter contare soltanto sulla responsabilità illimitata del socio accomandatario. L'esistenza di un socio accomandante occulto, indipendentemente dal fatto che la società in accomandita sia regolare o irregolare, non altera tale percezione della situazione da parte dei terzi e non deroga al principio di corrispondenza tra la responsabilità illimitata ed il potere di gestione dell'impresa sociale che caratterizza le società di persone. Una responsabilità illimitata del socio occulto, affermata indipendentemente dal fatto che lo stesso sia un accomandante o un accomandatario e indipendentemente dal fatto che, se accomandante, si sia ingerito o meno nell'amministrazione della società, si tradurrebbe, in quanto non giustificata da esigenze di tutela dei terzi, in una mera sanzione della posizione di socio occulto. Una tale sanzione, tuttavia, non trova alcun riscontro nella disciplina di legge. Si deve escludere, pertanto, la responsabilità illimitata del socio accomandante occulto di società in accomandita semplice regolare o irregolare. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di lite liquidate in Euro 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CP.