A casa in malattia, beccato in campo a fare l’allenatore di calcio: licenziato

Inutile la battaglia legale portata avanti da un lavoratore, inquadrato come impiegato. Evidente la lesione irrimediabile del vincolo fiduciario con l’azienda.

A casa per il recupero post operazione a un’anca. Necessaria, ovviamente, una leggera attività fisica per rimettersi in sesto. Il lavoratore – inquadrato come impiegato – però esagera, scatenandosi su un campo da calcio come allenatore di una squadra dilettantistica. Consequenziale – e legittimo, secondo i Giudici – il licenziamento Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza n. 8443/21, depositata il 25 marzo . Ricostruita la vicenda, i Giudici di merito ritengono legittimo il licenziamento disciplinare adottato dall’azienda nei confronti del proprio dipendente. In Appello, in particolare, viene sottolineata l’ interruzione del vincolo fiduciario causata dal comportamento del lavoratore che durante il periodo di godimento del congedo per malattia aveva svolto un’attività impegnativa al di fuori dell’azienda, esponendo sé stesso al rischio di un aggravamento delle proprie condizioni di salute e, comunque, di un rallentamento della definitiva guarigione clinica . In sostanza, dalla documentazione medica prodotta dal lavoratore è emerso che l’impegno fisico, raccomandatogli in esito ad un infortunio all’anca era di tipo assolutamente moderato e da svolgersi sempre alla presenza del fisioterapista , mentre invece egli si è intrattenuto per ore su un campo da calcio , partecipando personalmente ad incontri calcistici, correndo e dribblando gli avversari, insegnando ai ragazzi, anche con il proprio esempio, tattiche di gioco . Logico dedurre, secondo i Giudici, che l’attività posta in essere dal lavoratore era ben più faticosa e impegnativa dell’attività lavorativa ordinariamente richiesta di natura impiegatizia , e concludere che il lavoratore avrebbe potuto riprendere a lavorare già alcuni mesi prima della contestazione disciplinare . Non trascurabile, poi, che l’attività fisica consigliata ai fini di una rapida e totale ripresa delle funzioni fisiche a seguito dell’operazione all’anca risultava essere ben diversa da quella posta in essere dal lavoratore . Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal legale del lavoratore. Inutili e prive di consistenza le obiezioni mosse al provvedimento adottato dall’azienda e alla decisione dei Giudici d’Appello. Ciò significa che è non più discutibile il licenziamento del dipendente. Assolutamente inefficace il richiamo difensivo a una presenza sul campo da calcio dettata dalla necessità dell’uomo di effettuare attività riabilitativa dopo l’intervento di protesi all’anca sinistra . Questa visione è smentita, in sostanza, dalla constatazione, tra primo e secondo grado, che l’uomo ha svolto l’attività di allenatore di una squadra dilettantistica di calcio quando invece avrebbe dovuto stare a casa e svolgere una terapia riabilitativa per rimettersi in sesto dopo l’operazione chirurgica.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile L, ordinanza 13 gennaio – 25 marzo 2021, n. 8443 Presidente Doronzo – Relatore Marchese Rilevato che la Corte di appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto da M.B. avverso la sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva respinto l’opposizione all’ordinanza di accertamento della legittimità del licenziamento disciplinare intimatogli da Slim Aluminium SpA la Corte di appello ha ritenuto legittimo il recesso, per interruzione del vincolo fiduciario, in quanto il lavoratore, durante il periodo di godimento del congedo per malattia, aveva svolto un’attività impegnativa al di fuori dell’azienda, esponendo se stesso al rischio di un aggravamento delle proprie condizioni di salute e comunque di un rallentamento della definitiva guarigione clinica nello specifico, i giudici hanno osservato come, dalla documentazione medica prodotta dal lavoratore, l’impegno fisico, raccomandato al dipendente in esito ad un infortunio all’anca -e pure in ragione di un morbo di Parkinson fosse di tipo assolutamente moderato e da svolgersi sempre alla presenza del fisioterapista ha, invece, accertato come il dipendente si fosse intrattenuto per ore sul campo di calcio, partecipando personalmente ad incontri calcistici, correndo e dribblando gli avversari, insegnando ai ragazzi, anche con il proprio esempio, tattiche di gioco ha, dunque, giudicato l’attività posta in essere dal M. ben più faticosa e impegnativa dell’attività lavorativa ordinariamente richiesta di natura impiegatizia e concluso nel senso che il lavoratore avrebbe potuto riprendere a lavorare già alcuni mesi prima della contestazione disciplinare . La Corte territoriale ha, inoltre, osservato che l’attività fisica consigliata ai fini di una rapida e totale ripresa delle funzioni fisiche a seguito dell’operazione all’anca risultava essere ben diversa da quella posta in essere dal reclamante e, dunque, concluso per la legittimità del licenziamento ha proposto ricorso in cassazione il lavoratore con un unico motivo, cui ha opposto difese, con controricorso, la parte datoriale la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato che con un unico motivo, è dedotta la violazione dell’art. 116 c.p.c. per avere la Corte di appello dato per scontata una circostanza di fatto che non emerge va dalle risultanze probatorie acquisite in giudizio senza tener conto delle difese spiegate sul punto dal ricorrente secondo il lavoratore, la Corte territoriale avrebbe ritenuto accertata la circostanza dello svolgimento di attività di allenatore di squadra dilettantistica di calcio e non considerato invece che la presenza presso il campo di calcio della Virtus Cisterna era dettata dalla necessità di effettuare attività riabilitativa dopo l’intervento di protesi all’anca sinistra cui era stato sottoposto presso l’ospedale di Monfalcone in modo evidente le censure, sub specie di violazione della norma processuale, schermano, invece, vizio di motivazione e sono del tutto inammissibili vale premettere che la violazione dell’art. 116 c.p.c., ricorre quando il giudice abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione cfr., fra le più recenti, Cass. nn. 1229 del 2019, 4699 e 26769 del 2018, 27000 del 2016 , restando conseguentemente escluso che il vizio possa concretarsi nella censura di apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti Cass. n. 18665 del 2017 o, in più in generale, nella denuncia di un cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali nel caso di specie, a ben vedere, il motivo richiede un diverso e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, finalità del tutto estranea non solo al vizio denunciato ma, in generale, al giudizio di cassazione, caratterizzato dall’assenza del potere di accertare e valutare i fatti di causa, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, con cui la Corte controlla che fatti decisivi, oggetto di discussione, siano stati presi in considerazione o diversamente detto che non ne risulti omesso l’esame da parte del giudice di merito sì vuole cioè significare che, pure a riqualificare i rilievi mossi al provvedimento impugnano in termini di denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 -e senza considerare la cd. doppia conforme, esclusa dal ricorrente gli stessi si collocano al di fuori del paradigma normativo della disposizione, come rigorosamente e costantemente interpretata da questa Corte Cass., sez.un., nn. 8053 e 8054 del 2014 principi ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici sulla base delle esposte argomentazioni, il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dell’INPS, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.