Infortunio sul lavoro: i congiunti hanno diritto alla rendita solo se dipendono in modo diretto dal lavoratore

Ai fini della sussistenza del diritto alla rendita non è sufficiente dimostrare la sola circostanza della convivenza degli ascendenti superstiti con l’assicurato o che da questi essi ottenevano un parziale mantenimento ciò in quanto il requisito della sufficienza dei mezzi di sussistenza deve intendersi nel senso di un rapporto diretto di dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato.

Nell’esaminare il ricorso proposto dei genitori del figlio defunto per infortunio sul lavoro avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato il rigetto della domanda volta al riconoscimento della rendita in loro favore in difetto del requisito della vivenza a carico, la Cassazione, con ordinanza n. 25975/20, ribadisce i presupposti che sottostanno al riconoscimento del diritto alla rendita . In particolare, la Corte ricorda che tale il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti , alla stregua del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la vivenza a carico , la quale è provata allorché ricorrano contestualmente due condizioni a che gli ascendenti medesimi si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi b che al loro mantenimento concorreva, in modo efficiente, il lavoratore defunto , dovendo intendersi tale requisito nel senso che non è necessario che i superstiti siano totalmente mantenuti in tutti i loro bisogni dal lavoratore defunto ma è indispensabile che quest’ultimo abbia contribuito in modo efficiente al loro mantenimento mediante aiuti economici che, per costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza . In ordine alla necessità che al mantenimento dell’ascendente superstite abbia concorso in modo efficiente il discendente defunto, la Corte precisa che occorre considerare anche il reddito del coniuge dell’ascendente che domanda la prestazione previdenziale, e ciò perché, anche ove non fosse operante il regime di comunione legale tra gli stessi, comunque sussiste l’obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall’art. 143 c.c. . Infine, con particolare riguardo al concetto di sufficienza dei mezzi di sussistenza , la S.C. ribadisce che si tratta di un requisito non legislativamente determinato , così come non sono specificamente individuati i cespiti e i debiti rilevanti per la sua definizione e che la giurisprudenza di questa Corte ha tuttavia ritenuto che la norma, come formulata, riecheggia l’espressione mezzi necessari per vivere di cui all’art. 38 Cost., comma 1, piuttosto che la diversa espressione mezzi adeguati di vita del lavoratore di cui al comma 2 dello stesso articolo, il che porta ad includere la norma in esame nell’ambito del più generale sistema di sicurezza sociale, improntato alla solidarietà collettiva che garantisce ai cittadini, ove ad alcuni eventi si accompagnino situazioni di bisogno, i mezzi necessari per vivere . Dunque, conclude il Collegio di legittimità, il requisito della sufficienza dei mezzi di sussistenza è dunque da intendersi nel senso di un rapporto diretto di dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato con la conseguenza che, ai fini della sussistenza del diritto alla rendita, non è sufficiente la dimostrazione della sola circostanza della loro convivenza con l’assicurato o che da questi ottenevano un parziale mantenimento . Nella fattispecie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso degli genitori del defunto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 9 gennaio – 16 novembre 2020, n. 25975 Presidente Berrino – Relatore Mancino Rilevato in fatto che 1. con sentenza in data 21 giugno 2013, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da D.T. e V.V. , in proprio e quali eredi del figlio, V.R. , volta al riconoscimento della rendita ai superstiti, per infortunio sul lavoro, in favore degli ascendenti superstiti, negato per difetto del requisito della vivenza a carico per essere il lavoratore deceduto e il genitore operai presso la medesima società, il che ipotizzava reciproca assistenza nei bisogni familiari e non integrava il concetto di vivenza a carico 2. per la Corte di merito non potevano trarsi, dal ricorso di primo grado, elementi indicativi della vivenza a carico nel senso di un diretto e costante apporto economico del figlio nel mantenimento dei genitori, nè della insufficienza dei mezzi di sostentamento propri di questi ultimi, con la precisazione che le vicende successive al tragico evento - che aveva procurato la morte dello sfortunato giovane nell’incendio della fabbrica di materiale pirotecnico e causato anche la perdita dell’occupazione lavorativa del padre, licenziato per distruzione della fabbrica - non potevano assumere rilevanza ai fini della rendita ai superstiti i cui requisiti andavano accertati con riferimento al periodo in cui il figlio era in vita 3. avverso tale sentenza D.T. e V.V. , in proprio e quali eredi di V.R. , hanno proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a due motivi, al quale ha opposto difese l’INAIL, con controricorso. Considerato in diritto che 4. preliminarmente va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata dall’INAIL, dal momento che la sentenza impugnata, pubblicata il 21 giugno 2013 e relativa a procedimento instaurato, in primo grado, dopo il 1 marzo 2006, risulta affidata all’agente notificante tempestivamente, tenuto conto della proroga al lunedì del termine in scadenza il sabato ex art. 155 c.p.c., comma 5, aggiunto dal L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1 lett. f v., inoltre, L. n. 263 cit., art. 2, comma 4, come modificato dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39-quater, conv., con modif., in L. n. 51 del 2006, per l’entrata in vigore della novella al codice di rito del 1 marzo 2006 e per l’applicabilità ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 5. ciò premesso, con i motivi di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 85 e 106 e degli artt. 244, 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non avere la Corte di merito tratto elementi sufficienti ad integrare il requisito della vivenza a carico dalla convivenza del lavoratore superstite con i genitori e dall’esiguo stipendio mensile percepito dal genitore, insufficiente ad assicurare una dignitosa e decorosa assistenza al compendio familiare di tre persone e dalla prospettiva di una futura continuità dello stipendio percepito dal figlio quanto alla madre superstite si assume che il diritto autonomo alla rendita poteva venir meno solo ove comprovato in giudizio che la contribuzione del figlio deceduto rientrava più nell’art. 315 c.c., che nel mantenimento della madre al fine di elidere uno stato di bisogno e che in tale quadro interpretativo andava valutato anche l’obbligo di contribuzione del marito e che, in ogni caso, l’onere della prova dell’insussistenza di mezzi di sostentamento non ritenuta dalla Corte sufficiente a configurare l’assenza di un reddito da lavoro della madre superstite, era stato assolto con la dichiarazione di notorietà primo motivo 6. con il secondo mezzo, deducendosi violazione degli artt. 244, 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, si censura la ritenuta irrilevanza della prova testimoniale assumendosene, invece, la decisività in riferimento alla allegazione dei caratteri di continuità e regolarità degli apporti e contribuzione forniti dal figlio 7. il ricorso è da rigettare 8. i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono infondati alla luce dei principi ripetutamente affermati da questa Corte secondo cui il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, alla stregua del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la vivenza a carico, la quale è provata allorché ricorrano contestualmente due condizioni a che gli ascendenti medesimi si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi b che al loro mantenimento concorreva, in modo efficiente, il lavoratore defunto, dovendo intendersi tale requisito nel senso che non è necessario che i superstiti siano totalmente mantenuti in tutti i loro bisogni dal lavoratore defunto ma è indispensabile che quest’ultimo abbia contribuito in modo efficiente al loro mantenimento mediante aiuti economici che, per costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza orientamento costante affermato da Cass. n. 5910 del 1998 e ribadito in numerose successive conformi, fra cui v. Cass. n. 2630 del 2008 Cass. n. 18520 del 2006 Cass. n. 14490 del 2014 9. in particolare, in ordine alla necessità che al mantenimento dell’ascendente superstite abbia concorso in modo efficiente il discendente defunto, occorre considerare anche il reddito del coniuge dell’ascendente che domanda la prestazione previdenziale, e ciò perché, anche ove non fosse operante il regime di comunione legale tra gli stessi, comunque sussiste l’obbligo di assistenza materiale tra coniugi posto dall’art. 143 c.c. v., fra le altre, Cass. n. 1999 del 2005 e i precedenti ivi richiamati 10. quanto, poi, al concetto di sufficienza dei mezzi di sussistenza va riaffermato, in continuità con Cass. n. 24517 del 2014, che trattasi di requisito non legislativamente determinato, così come non sono specificamente individuati i cespiti e i debiti rilevanti per la sua definizione e che la giurisprudenza di questa Corte ha tuttavia ritenuto che la norma, come formulata, riecheggia l’espressione mezzi necessari per vivere di cui all’art. 38 Cost., comma 1, piuttosto che la diversa espressione mezzi adeguati di vita del lavoratore di cui al comma 2 dello stesso articolo, il che porta ad includere la norma in esame nell’ambito del più generale sistema di sicurezza sociale, improntato alla solidarietà collettiva che garantisce ai cittadini, ove ad alcuni eventi si accompagnino situazioni di bisogno, i mezzi necessari per vivere v., per riferimenti al diverso modello, normalmente realizzato mediante gli strumenti mutualistico-assicurativi, che prevede il riconoscimento ai lavoratori della diversa e più elevata garanzia del diritto a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, prescindendo da uno stato di bisogno, Corte Cost., 19 gennaio 1995, n. 17 11. il requisito della sufficienza dei mezzi di sussistenza è dunque da intendersi nel senso di un rapporto diretto di dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato con la conseguenza che, ai fini della sussistenza del diritto alla rendita, non è sufficiente la dimostrazione della sola circostanza della loro convivenza con l’assicurato o che da questi ottenevano un parziale mantenimento Cass. n. 24517 del 2014 e i precedenti ivi richiamati 12. inoltre, l’argomentazione difensiva incentrata dai ricorrenti sull’aspettativa nel tempo osta con i precisi criteri descrittivi appena esposti per la sussistenza del requisito in esame, nel senso che il conferimento dell’assicurato deve rispondere alle esigenze del soddisfacimento, in termini di costanza e sufficienza, del mantenimento delle persone alle quali può ricondursi la circostanza di essere a carico e in tale ambito non può ricomprendersi, agli effetti del beneficio preteso, la mera aspettativa, di incerto avverarsi e per di più incerta in termini di quantità, sufficienza, continuità v., fra le altre, Cass. n. 6794 del 2001 13. per il resto il ricorso non si confronta con il decisum incentrato, con dovizia di argomenti, sul carattere meramente apodittico delle deduzioni in ordine al contributo efficiente e determinante del figlio al mantenimento dei genitori privi di sufficienti mezzi di sostentamento sulla mancata allegazione in ordine alle modalità del contributo al mantenimento, al determinante contributo dell’apporto economico del figlio per il sostentamento degli ascendenti o alle specifiche ragioni per cui il reddito del genitore non costituisse per il nucleo familiare una entrata sufficiente per due coniugi ed ancora, sulla mancata allegazione dei caratteri di costanza, regolarità ed entità degli apporti asseritamente forniti dal figlio, da cui la Corte di merito ha tratto, per la genericità delle allegazioni, l’inammissibilità della prova testimoniale 14. in conclusione i mezzi d’impugnazione pretendono di sollecitare un inammissibile riesame del merito e la sentenza impugnata, conforme ai principi illustrati, è immune da censure 15. segue, coerente, la condanna alle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo 16. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.