L’accordo contribuente – fisco non esplica alcun effetto nei confronti dell’INPS

La definizione concordata della lite tributaria non incide sull’obbligazione previdenziale né sull’accertamento da cui è derivata la maggiore pretesa contributiva, conservando comunque quest’ultima valore probatorio e potendo essere vinta solamente da prove di senso contrario, non incidendo in alcun modo sulle regole del riparto dell’onere probatorio.

Tanto ha sancito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22391/20, chiarendo la valenza probatoria degli atti di accertamento tributario all’interno del giudizio previdenziale, in particolare soffermandosi sull’incidenza che possa avere nello stesso un’eventuale definizione concordata in sede fiscale. Una cittadina ha proposto opposizione dinnanzi al Giudice del Lavoro per fare annullare l’avviso di addebito notificato dall’INPS, con cui le veniva richiesto il versamento di contributi dovuti alla gestione commercianti, trovando la pretesa fondamento nell’accertamento fiscale secondo cui sussistevano maggiori redditi imponibili rispetto a quelli dichiarati. Il Tribunale, con argomentazioni poi confermate anche in sede di appello, ha respinto l’opposizione. Il giudice di secondo grado, peraltro, ha precisato come i rapporti tra la ricorrente e l’Agenzia delle Entrate costituisca presupposto del credito contributivo dall’Ente previdenziale, e ciò anche dopo che gli stessi siano stati processualmente definiti. Infatti, la Corte di Appello ha ritenuto dimostrato in giudizio il credito contributivo, in ragione degli esiti dell’accertamento tributario e della documentalità dei rilievi dell’organo accertatore, basati su elementi di fatto dai quali è stato possibile inferire il volume delle prestazioni rese e dei ricavi conseguiti dalla ricorrente. Inoltre, per la Corte neppure è possibile ridurre del 30% il credito alla stregua dell’accordo raggiunto con il Fisco, in quanto lo stesso non riveste alcuna efficacia nei confronti dell’INPS. La soccombente ha proposto ricorso in cassazione, deducendo la violazione dell’art. 2697 c.c. e dei principi in materia di onere e rilevanza della prova , in quanto la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto assolto l’onere probatorio a carico dell’INPS sulla base di un accertamento oramai divenuto inefficace e di fatture relative alla fornitura elettrica dalla quale unicamente poteva desumersi l’entità dei consumi, ma nulla più. Il ricorso va respinto. La Corte di Cassazione ha ritenuto l’infondatezza della censura, ponendo dei punti fermi in ordine alle questioni più rilevanti in causa. Innanzitutto, in continuità con principi già affermati, i Giudici di legittimità hanno ribadito che l’ intervenuta definizione concordata della lite tributaria non incide in alcun modo sull’obbligazione contributiva previdenziale e sull’accertamento da cui è scaturita la maggior pretesa contributiva da parte dell’Inps infatti quest’ultima può essere vinta solo da prove di segno opposto, che devono essere offerte dall’interessato, senza che ciò incida sul riparto dell’onere probatorio. Dopo l’emanazione della Legge 462/1997 l’Agenzia delle Entrate svolge un’attività di controllo sui dati denunciati dai contribuenti e provvede a trasmettere le risultanze all’INPS, che, quindi, procede all’iscrizione a ruolo dei contributi insoluti. Gli atti di accertamento tributario , pertanto, costituiscono anche atti di esercizio del rapporto previdenziale , e ciò al fine di unificare e semplificare le procedure di iscrizione a ruolo delle somme a qualunque titolo dovute all’Ente previdenziale. Il compito del giudice di merito investito della controversia sulla legittimità dell’atto impositivo contributivo è quello di valutare gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione, dando conto dei risultati del proprio giudizio solo laddove ritenga che tali elementi siano gravi, precisi e concordanti, allora potrà dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, onerato sulla scorta degli artt. 2727 e 2697 c.c La valutazione delle presunzioni deve essere fatta seguendo un procedimento scisso in due fasi 1 valutazione analitica dei singoli elementi indiziari, scartando quelli privi di rilevanza e conservando quelli che, singolarmente considerati, presentino almeno una potenziale efficacia probante 2 valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, al fine di appurare se siano tra loro concordanti e se la loro combinazione fondi una prova presuntiva, altrimenti non raggiunta con l’esame atomistico. Solo laddove il giudice ritenga raggiunta la prova presuntiva da parte dell’Ente, sulla scorta degli elementi indiziari di cui all’accertamento tributario, allora dovrà valutare l’eventuale prova contraria offerta dal contribuente . Laddove tale prova non sia raggiunta o non sia offerta , allora l’atto di accertamento risulterà idoneo a rendere definitivo l’avveramento del fatto nello stesso contenuto, come presupposto del credito contributivo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 7 luglio – 15 ottobre 2020, n. 22391 Presidente Manna – Relatore Mancino Rilevato che 1. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 25 giugno 2014, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione ad avviso di addebito svolta da M.S. per contributi alla gestione commercianti, pretesi dall’INPS, in riferimento all’accertamento fiscale per maggiori redditi imponibili 2. per la Corte di merito, la definizione della lite fiscale con l’Agenzia delle entrate, ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, continuava ad avere valenza probatoria, e di presupposto del credito contributivo vantato dall’INPS, anche dopo la definizione processuale dei rapporti tra contribuente e fisco 3. conseguentemente tenuto conto dell’accertamento tributario e della natura documentale dei rilievi mossi dall’organo accertatore, basati su elementi di fatto fra i quali i dati relativi al consumo di energia dai quali inferire il volume delle prestazioni rese e i ricavi conseguiti, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrato il credito contributivo e ha rigettato la pretesa riduzione del 30 per cento alla stregua dell’accordo intervenuto con il fisco, in considerazione dell’inefficacia del predetto accordo nei confronti dell’INPS 4. avverso tale sentenza ricorre M.S. , con ricorso affidato ad un unico motivo, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale l’INPS ha conferito solo delega in calce alla copia notificata del ricorso. Considerato che 5. con il motivo di ricorso, deducendo violazione dell’art. 2697 c.c. e dei principi in materia di onere e rilevanza della prova, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto assolto l’onere probatorio a carico dell’INPS sulla base di un accertamento divenuto inefficace e tenuto conto di fatture relative alla fornitura di energia elettrica dalle quale si poteva desumere solo l’entità dei consumi energetici e nient’altro 6. il ricorso è da rigettare 7. in continuità con i principi già affermati da questa Corte v., fra le altre, Cass. n. 23301 del 2019 , la definizione concordata della lite tributaria non incide sull’obbligazione contributiva previdenziale e sull’accertamento da cui è derivata la maggiore pretesa contributiva che conserva valore probatorio e può essere resistito da prove di segno contrario, senza che ciò incida sul riparto dell’onere probatorio 8. tale accertamento costituisce, anche in riferimento all’obbligazione contributiva, un atto amministrativo di ricognizione del loro avveramento, posto che l’accertamento interviene dopo che il contribuente ha adempiuto alla propria obbligazione nella misura che egli ritiene dovuta e gli uffici competenti intervengono con un procedimento amministrativo di secondo grado per verificare la correttezza dell’importo pagato v., fra le tante, Cass. n. 13463 del 2017 e n. 19640 del 2018 9. ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, è compito dell’Agenzia delle Entrate in sede di liquidazione delle imposte, contributi e premi dovuti in base alle dichiarazioni dei redditi, di provvedere al controllo formale e sostanziale dei dati in esse contenuti v. Cass. n. 17769 del 2015 10. il D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, emanato in attuazione della legge delega n. 662 del 1996, al fine di attuare l’unificazione dei criteri di determinazione delle basi imponibili fiscali e di queste con quelle contributive e delle relative procedure di liquidazione, riscossione, accertamento e contenzioso L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 134, lett. b ha disposto che Per la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei contributi e dei premi previdenziali ed assistenziali che devono essere determinati nelle dichiarazioni dei redditi, si applicano le disposizioni previste in materia di imposte sui redditi 11. a partire dalla dichiarazione 1999 per i redditi 1998 , l’Agenzia delle Entrate svolge un’attività di controllo, effettuando accertamenti formali e sostanziali sui dati denunciati dai contribuenti, richiedendo il pagamento dei contributi e premi omessi e/o evasi da trasmettere successivamente all’Inps 12. in caso di mancato pagamento l’Inps procede, sulla base dei dati forniti dalla Agenzia delle entrate, alla iscrizione a ruolo dei contributi totalmente o parzialmente insoluti ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997 13. il sistema di accertamento, liquidazione e riscossione è comune ai due rapporti, previdenziale e tributario, e gli atti di accertamento disposti dall’Agenzia delle entrate costituiscono atti di esercizio anche del rapporto previdenziale, rispondendo al fine di semplificare ed uniformare le procedure di iscrizione a ruolo delle somme a qualunque titolo dovute all’INPS, nonché di assicurare l’unitarietà nella gestione operativa della riscossione coattiva di tutte le somme dovute all’Istituto cfr. anche D.L. n. 70 del 2011, conv., con modificazioni, in L. n. 106 del 2011, art. 7, comma 2, lett. t 14. la giurisprudenza di questa Corte ha inoltre affermato, in ordine alla valenza probatoria degli accertamenti tributari v., fra le tante, Cass. n. 14237 del 2017 , che in tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge - rispettivamente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 richiamato dal successivo art. 40, per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche ed del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 - dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti 15. il giudice di merito tributario od ordinario, nel caso della contribuzione previdenziale , investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto, in motivazione, dei risultati del proprio giudizio impugnabile in cassazione solo nei limiti del novellato art. 360 c.p.c., n. 5 e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 c.c. e segg. e art. 2697 c.c., comma 2 v., fra le altre, Cass. n. 9784 del 2010 16. inoltre, in tema di prova per presunzioni, il giudice, posto che deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile, in sede di legittimità, la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento così Cass. n. 9108 del 2012 17. in mancanza di tale resistenza di segno negativo offerta dall’obbligato, evidentemente l’atto di accertamento dovrà ritenersi idoneo a rendere definitivo l’avveramento del fatto nello stesso contenuto 18. nella specie, la Corte territoriale si è uniformata ai predetti principi giacché, riconosciuta la permanenza nell’ordinamento giuridico dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate all’esito della definizione agevolata della lite fiscale, e la sua valenza probatoria ai fini dell’accertamento del credito contributivo per cui è causa, ha ritenuto detto accertamento idoneo a fondare la pretesa contributiva, valorizzando il carattere documentale e le presunzioni gravi, precise e concordanti a fondamento dei rilievi mossi dall’organo accertatore alla società, ritenuta infondata la specifica contestazione dell’obbligato, per disattendere l’accertamento di un maggior reddito imponibile 19. nessun provvedimento sulle spese deve adottarsi per non avere la parte intimata svolto attività difensiva 20. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.