Valido il decreto di fissazione di udienza relativo ad un giudizio differente rispetto a quello instaurato

Stante la non reciproca autonomia delle fasi dell’editio actionis e della vocatio in jus, la prima produce effetti suscettibili di stabilizzarsi solo quando la seconda sia validamente svolta dunque, qualora l’attività notificatoria del ricorso e del pedissequo decreto abbiano avuto svolgimento, seppur con l’erronea indicazione del giudice designato e della data d’udienza, non determinano l’improcedibilità del ricorso.

Così si è espressa la Suprema Corte nell’ordinanza n. 20260/20, depositata il 25 settembre. La Corte d’Appello di Milano dichiarava improcedibile il ricorso presentato dall’INPS contro la sentenza di primo grado, per via dell’avvenuta notificazione dell’atto di gravame insieme al decreto presidenziale di fissazione della causa relativo ad una lite del tutto diversa in relazione al numero di ruolo, consigliere relatore e data di udienza. Per il Giudice di seconde cure, infatti, tale vicenda configura un caso di notificazione inesistente , non avendo prodotto alcun effetto sanante la costituzione della parte appellata. Contro tale pronuncia, l’INPS propone ricorso per cassazione, sostenendo che non si è di fronte ad un’ipotesi di notificazione inesistente, bensì di vizio interno agli atti , essendo stata la notificazione materialmente eseguita ed anche tempestivamente, tanto che ad essa è seguita la rituale ed altrettanto tempestiva costituzione in giudizio del convenuto. La Suprema Corte accoglie il ricorso, richiamando l’orientamento giurisprudenziale per cui nel rito del lavoro , l’appello, anche se tempestivamente proposto, è improcedibile qualora la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito assegnare all’appellante un termine ai fini della rinnovazione di un’attività mai compiuta, in ossequio al principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost L’orientamento appena richiamato si fonda sul legame intercorrente fra la fase dell’ editio actionis e quella della vocatio in jus , il quale non permette di ritenere che la prima possa produrre effetti anche in assenza della seconda. Gli Ermellini rilevano, allora, che, una volta esclusa l’autonomia reciproca delle suddette fasi, quella dell’ editio actionis produce solamente effetti preparatori e preliminari, i quali si stabilizzano solo con una valida vocatio in jus , a cui non può giungersi, nei casi di notifica non effettuata, mediante l’applicazione dell’art. 291 c.p.c., non essendo pensabile la rinnovazione di un atto mai compiuto ovvero giuridicamente inesistente. Ciò posto, la Corte sottolinea che nel caso in esame l’asserita improcedibilità del gravame poggia sull’assenza di autonomia tra le due fasi, al contrario del principio appena esposto, tenendo conto che la notificazione del ricorso e del decreto ha avuto svolgimento ma inficiata da errore circa l’indicazione del giudice designato e della data d’udienza. A tal proposito, gli Ermellini affermano che l’indicazione del giudice designato non rappresenta un requisito essenziale del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, considerando la revocabilità o modificabilità della designazione fino all’udienza di discussione. Per quanto riguarda, invece, l’erronea indicazione della data d’udienza , essa non ha impedito la rituale e tempestiva costituzione in giudizio dell’appellato, nonché le fasi successive del processo, trovando qui applicazione il principio delineato dall’art. 156 c.p.p., in base al quale la nullità di un atto non può essere pronunciata laddove esso ha raggiunto lo scopo cui era destinato. Per tali ragioni, i Giudici accolgono il ricorso, cassano la pronuncia impugnata e rinviano gli atti alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 luglio – 25 settembre 2020, n. 20260 Presidente D’Antonio – Relatore Mancino Rilevato che 1. con sentenza in data 24 luglio 2014, la Corte di Appello di Milano ha dichiarato improcedibile il gravame svolto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado, in ragione dell’avvenuta notificazione dell’atto di appello unitamente al decreto presidenziale di fissazione della causa relativo a controversia del tutto differente quanto a numero di ruolo, consigliere relatore e data di udienza 2. per la Corte di merito, trattandosi di notificazione inesistente, la costituzione della parte appellata non aveva prodotto alcun effetto sanante 3. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese C.C. , con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria. Considerato che 4. preliminarmente va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso, dal momento che la sentenza impugnata, relativa a procedimento instaurato, in primo grado, dopo il 1 marzo 2006, risulta affidata all’agente notificante tempestivamente, tenuto conto della proroga al lunedì del termine in scadenza il sabato ex art. 155 c.p.c., comma 5, aggiunto dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1 lett. f v., inoltre, la L. n. 263 cit., art. 2, comma 4, come modificato dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39-quater, conv., con modif., in L. n. 51 del 2006, per l’entrata in vigore della novella al codice di rito del 1 marzo 2006 e per l’applicabilità ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 5. ciò premesso, deducendo violazione degli artt. 156, 164 e 435 c.p.c., l’ente previdenziale assume che non si verte in ipotesi di inesistenza della notificazione atteso che, come emerge dalla stessa motivazione, la notificazione è stata materialmente eseguita, il vizio, integrato dall’allegazione con il gravame di un decreto di fissazione di udienza relativo a differente giudizio rispetto a quello instaurato, è interno agli atti, regolarmente e tempestivamente notificati, tanto da seguirne la tempestiva e rituale costituzione in giudizio del convenuto 6. rileva, inoltre, l’ente previdenziale che il vizio, quanto all’indicazione di diverso consigliere designato per la trattazione, non è requisito essenziale del decreto presidenziale e che, a fronte della costituzione in giudizio della parte appellata, trova applicazione l’art. 164 c.p.c., relativo all’efficacia sanante della costituzione del convenuto in caso di mancanza, nell’atto introduttivo del giudizio, dell’indicazione della data d’udienza, alla quale deve assimilarsi l’erronea indicazione della data, applicabile anche ai giudizi di secondo grado trattati con il rito del lavoro 7. il ricorso è da accogliere 8. nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento, inaugurato da Cass. Sez. U. n. 20604 del 2008, seguito da numerose successive pronunce conformi cfr., fra le tante, Cass. nn. 6159, 14839 e 17368 del 2018, Cass. n. 20995 del 2019 , secondo cui nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, assegnare all’appellante un termine per la rinnovazione ex art. 291 c.p.c., di un’attività in realtà mai compiuta 9. detto orientamento, nel superare le diverse conclusioni alle quali le stesse Sezioni Unite erano pervenute con la sentenza n. 6841 del 1996, si fonda sull’indissolubile legame esistente fra le due fasi dell’editio actionis e della vocatio in jus, legame che non consente di ritenere che la prima possa produrre effetti anche in assenza della successiva attività notificatoria 10. escluse la reciproca autonomia delle due fasi e l’insensibilità degli atti della prima fase rispetto ai vizi che ne inficiano la seconda, sulle quali poggiava il precedente orientamento, si è affermato che, al contrario, la prima fase, proprio perché non autonoma rispetto alla seconda, produce unicamente effetti prodromici e preliminari, suscettibili di stabilizzarsi solo in presenza di una valida vocatio in jus, cui, nei casi di notifica non effettuata, non può pervenirsi attraverso l’applicazione dell’art. 291 c.p.c., giacché non è pensabile la rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente 11. la ritenuta improcedibilità dell’impugnazione, quindi, riposa sull’assenza di autonomia fra le due fasi e sul principio secondo cui nel rito del lavoro, in grado di appello, il procedimento di notificazione del ricorso e del decreto concorre a formare un complesso atto unitario di introduzione del processo, principio che non consente di fare comunque salvi gli effetti dell’avvenuto deposito del ricorso, non potendo trovare applicazione, in assenza della necessaria indipendenza degli atti, la regola generale fissata dall’art. 159 c.p.c., comma 1, secondo cui nel processo civile la nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, nè di quelli successivi che ne sono indipendenti 12. le ragioni alla base del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite vanno ora verificate nella peculiare vicenda all’esame della Corte, nella quale l’attività notificatoria, del ricorso e del pedissequo decreto, ha avuto svolgimento ma è stata contraddistinta dall’erronea indicazione del giudice designato e della data d’udienza 13. ebbene, l’indicazione del giudice designato non costituisce un requisito essenziale del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza notificato alla controparte, al punto che la sua mancanza o erronea indicazione possa tradursi in un’irreversibile compromissione della vocatio in jus, considerata la revocabilità o modificabilità della designazione del giudice relatore fino all’udienza di discussione cfr., fra le altre, Cass. n. 2413 del 1995 Cass. n. 15914 del 2000 14. del resto, proprio nella vicenda in esame, come si evince dalla motivazione della sentenza impugnata, il giudice inizialmente designato veniva sostituito da altro consigliere relatore, per raggiungimento dei limiti di età 15. l’indicazione erronea della data d’udienza il 24 anziché il 26 giugno 2014 - anche in considerazione della puntuale spiegazione offerta dall’INPS, richiamando le annotazioni a mano sul margine superiore del fascicolo d’ufficio di secondo grado e l’iniziale attribuzione, all’atto d’iscrizione della causa, di un numero progressivo del ruolo generale 417/2012 , poi mutata con tratto di penna in 423/2012 , ma tale da implicare, tuttavia, la richiesta e il rilascio di copia del decreto presidenziale di fissazione d’udienza in riferimento al numero inizialmente attribuito benché non più pertinente al giudizio instaurato non ha invero impedito, all’esito della notificazione, la rituale e tempestiva costituzione in giudizio dell’appellato e la possibilità di svolgere le difese avverso il gravame, di interporre il gravame incidentale, di comparire all’udienza di discussione 16. nella peculiare vicenda notificatoria, descritta nei tratti essenziali nel paragrafo che precede, trova applicazione il principio generale sancito dall’art. 156 c.p.c., per cui la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, con la conseguenza che non si versa in ipotesi di inesistenza della notificazione sanzionabile con l’improcedibilità 17. la sentenza che non si è attenuta agli esposti principi va, pertanto cassata con rinvio alla Corte designata in dispositivo affinché provveda all’esame del gravame e alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.