Quando l’atto di precetto vale come atto interruttivo della prescrizione?

La Suprema Corte chiarisce che l’atto di citazione, anche se invalido, può valere come atto di costituzione in mora e, di conseguenza, avere efficacia interruttiva della prescrizione solo quando si possa considerare come richiesta scritta di adempimento del creditore nei confronti del debitore in virtù del contenuto specifico e dei risultati a cui è rivolta.

Questo il contenuto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 16872/20, depositata l’11 agosto. La Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale vertente sulla dichiarazione di estinzione per prescrizione del credito rivendicato dall’odierno ricorrente a titolo di differenze retributive maturate per via del pregresso rapporto di lavoro con la controparte. Occorre evidenziare che il Giudice di secondo grado aveva dichiarato nulla l’ordinanza del Tribunale a causa della ravvisata nullità della notifica del ricorso di primo grado, nonché di tutti gli atti successivi, rimettendo perciò le parti dinanzi al primo Giudice. In seguito, l’attuale ricorrente invocava l’effetto interruttivo della notificazione del ricorso di primo grado e dell’atto di precetto, che era stato notificato unitamente alla sentenza del Tribunale. Avendo il Giudice di seconde cure respinto il gravame, la lavoratrice propone ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 2943, comma 4, c.c. in relazione alla valenza interruttiva della prescrizione di un atto di precetto notificato regolarmente nell’ipotesi in cui il titolo esecutivo su cui esso è fondato sia nullo per l’accertata nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio che si è concluso con la sentenza che costituisce il titolo esecutivo stesso. La Corte di Cassazione richiama in via preliminare la sentenza n. 124/20, con cui la stessa Corte afferma che l’ atto di citazione può valere come atto di costituzione in mora ed avere, perciò, efficacia interruttiva della prescrizione [] qualora, per lo specifico contenuto e per i risultati a cui è rivolto, l’atto possa essere considerato come richiesta scritta di adempimento rivolta dal creditore al debitore . Ciò rilevato, gli Ermellini sottolineano che il caso di specie non rientra nella suddetta fattispecie, riguardando un caso di nullità dell’ editio actionis e non della vocatio in ius . In tal senso, il Giudice avrebbe correttamente applicato il principio in base al quale la rinnovazione della notificazione nulla di un atto di citazione non è idonea a costituire effetti interruttivi del corso della prescrizione con decorrenza retroattiva alla data della notificazione poi dichiarata invalida. Ciò trova fondamento nel fatto che la norma civilistica stabilisce una connessione tra l’ effetto interruttivo e la natura recettizia dell’atto, derivandone che la mancata introduzione della notificazione nulla non permette ad essa di essere funzionale alla produzione dell’effetto retroattivo. Inoltre, la Corte ravvisa che in ogni caso la questione oggetto del ricorso non era mai stata sottoposta al Giudice di merito, essendo dunque nuova e come tale inammissibile in sede di legittimità. Per questi motivi, il ricorso è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 13 febbraio – 11 agosto 2020, n. 16872 Presidente Nobile – Relatore Blasutto Rilevato che 1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 7642/2015, ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata con cui era stato dichiarato estinto per prescrizione il credito rivendicato da I.M. nei confronti di G.A. , a titolo di differenze retributive derivanti dal pregresso rapporto lavorativo. 2. L’originaria sentenza emessa nel 2002 dal predetto Tribunale, notificata al G. unitamente all’atto di precetto, era stata dichiarata nulla dalla Corte di appello di Napoli nel 2007, per effetto della riscontrata nullità della notifica del ricorso di primo grado e di tutti gli atti conseguenti, con conseguente rimessione delle parti dinanzi al primo giudice. I.M. aveva riassunto il giudizio il 28 gennaio 2008, ma il G. si era costituito eccependo in via preliminare l’intervenuta prescrizione quinquennale dei decreti azionati, eccezione che era stata accolta dal Tribunale. Con l’appello proposto, la lavoratrice aveva invocato l’effetto interruttivo della notificazione del ricorso di primo grado, ancorché tale notificazione fosse stata dichiarata nulla, nonché dell’atto di precetto, notificato unitamente alla prima sentenza del Tribunale. 3. Nel respingere il gravame, la Corte d’appello ha osservato che nella declaratoria di nullità della notifica originaria e degli atti conseguenti non potevano non rientrare anche la sentenza di accoglimento e il successivo atto di precetto, che accedeva alla medesima sentenza. Richiamava la giurisprudenza Cass. n. 15489 del 2006 secondo cui la rinnovazione della notificazione nulla di un atto di citazione o di un ricorso introduttivo non può ritenersi idonea a determinare effetti interruttivi del decorso della prescrizione con decorrenza retroattiva alla data della notificazione invalida, giacché la norma civilistica stabilendo espressamente che la prescrizione è interrotta dalla notifica dell’atto introduttivo del giudizio ha sancito una connessione insuperabile tra effetto interruttivo e natura recettizia dell’atto. Osservava che il contrario avviso espresso da altro precedente orientamento Cass. n. 4630 del 1997 e n. 15075 del 2001 era stato superato dalla giurisprudenza più recente v. Cass. n. 11985 del 2013 . Considerava che non è possibile collegare un effetto interruttivo della prescrizione anche alla notificazione dell’atto introduttivo che sia affetta da nullità, tale da precludere l’instaurazione del contraddittorio, così che la parte convenuta non ne sia venuta a conoscenza, poiché riconoscere effetto interruttivo alla pronuncia di rito che definisce il giudizio è condivisibile allorquando non confligge con il principio per il quale la prescrizione è interrotta da un atto di esercizio del diritto che sia stato portato ritualmente a conoscenza dell’obbligato, dovendo il principio della sanatoria delle nullità processuali essere contemperato con il principio della natura recettizia dell’atto interruttivo. Riteneva tempestiva l’eccezione di prescrizione sollevata dal G. nella memoria di costituzione del giudizio in riassunzione, essendo tale memoria la prima difesa in cui l’eccezione poteva essere utilmente sollevata. 4. Per la cassazione di tale sentenza I.M. ha proposto ricorso affidato ad un motivo. Il G. rimasto intimato. La ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c Considerato che 1. Con unico motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 2943 c.c., comma 4, in ordine alla questione giuridica della valenza interruttiva della prescrizione di un atto di precetto, regolarmente notificato, nell’ipotesi in cui il titolo esecutivo su cui esso si fonda sia nullo a seguito dell’accertata nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio conclusosi con la sentenza che costituisce il titolo esecutivo stesso. Si deduce che l’atto di precetto, contenendo l’intimazione ad adempiere rivolta al debitore con conseguente messa in mora di quest’ultimo, non è un atto diretto all’instaurazione del giudizio nè del processo esecutivo, sicché è idoneo ad interrompere la prescrizione del relativo diritto di credito. Verificatosi tale effetto, inizia a decorrere dalla data della sua notificazione un nuovo periodo di prescrizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2943 e 2945 c.c Si sottolinea come l’atto di precetto sia dotato di una autonomia funzionale sul piano stragiudiziale e sia pienamente valido e produttivo di effetti sul piano sostanziale, proprio quale atto di costituzione in mora del debitore, escludendosi per esso l’applicazione del principio dell’estensione della nullità agli atti dipendenti, prevista dall’art. 159 c.p.c., comma 1. 1.1. La ricorrente chiede quindi che sia cassata la sentenza impugnata con l’affermazione dei principio di diritto per cui l’atto di precetto, notificato unitamente al dispositivo della sentenza in forma esecutiva, in conseguenza dell’accertata e dichiarata nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio e dunque in conseguenza della nullità della sentenza stessa, avuto riguardo ai suoi propri requisiti di forma e contenuto, può essere considerato quale atto valido produttivo di effetti sul piano sostanziale segnatamente, ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 3, quale atto di costituzione in mora del debitore e dunque idoneo a determinare l’effetto interruttivo del decorso della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 1. 1.2. In sede di memoria ex art. 380 bis c.p.c. la ricorrente ha segnalato la sentenza di questa Corte n. 124 del 2020. 2. Preliminarmente, la recente sentenza n. 124 del 2020 di questa Corte, con cui si è affermato che l’atto di citazione - anche se invalido come domanda giudiziale e, dunque, inidoneo a produrre effetti processuali - può tuttavia valere come atto di costituzione in mora ed avere, perciò, efficacia interruttiva della prescrizione, ha precisato che tale effetto può riconoscersi qualora, per lo specifico contenuto e per i risultati a cui è rivolto, l’atto possa essere considerato come richiesta scritta di adempimento rivolta dal creditore al debitore. 2.1. La fattispecie è ben diversa da quella in esame, poiché essa riguarda un’ipotesi di nullità dell’editio actionis e non un’ipotesi in cui sia stata dichiarata la nullità della vocatio in ius. 2.2. La sentenza impugnata ha invece correttamente applicato un principio pertinente alla fattispecie, quello secondo cui la rinnovazione della notificazione nulla di un atto di citazione a giudizio disposta ed eseguita a mente del disposto dell’art. 291 c.p.c. non può ritenersi idonea a determinare effetti interruttivi del corso della prescrizione ex art. 2943 c.c., comma 1 con decorrenza retroattiva alla data della notificazione invalida, avendo la norma civilistica nel sancire espressamente che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio stabilito una innegabile connessione tra effetto interruttivo e natura recettizia dell’atto, con la conseguenza che la mancata introduzione, nella sfera giuridica del destinatario, dell’atto di notifica nullo non consentirà in alcun modo a quest’ultimo di risultare funzionale alla produzione dell’effetto retroattivo citato, a nulla rilevando la apparentemente contraria disposizione di cui all’art. 291 c.p.c., comma 1, la quale, stabilendo che la rinnovazione della citazione nulla impedisce ogni decadenza , non ha inteso riferirsi all’istituto della prescrizione. 3. Tanto premesso, venendo più specificamente alla questione relativa alla idoneità dell’atto di precetto a valere come atto interruttivo della prescrizione, anche a prescindere dalla nullità della sentenza cui lo stesso si riferisce, va innanzitutto rilevato che il ricorso per cassazione non riferisce che tale questione fosse stata sottoposta al giudice di merito, neppure in via subordinata rispetto alla questione della valenza interruttiva da riconoscere alla notificazione nulla dell’atto originario questione sulla quale si è incentrata la motivazione della sentenza impugnata, che l’ha ritenuta giuridicamente infondata . La questione, per come proposta, è dunque nuova e come tale inammissibile in questa sede. In secondo luogo, poiché la questione, per avere rilevanza in giudizio, dovrebbe involgere anche l’accertamento del contenuto dell’atto di precetto, onde potere verificare se lo stesso avesse, per il suo contenuto, idoneità ad integrare un valido atto interruttivo della prescrizione, deve rilevarsi che tale atto non è neppure stato trascritto nel ricorso per cassazione, di talché è preclusa in radice la possibilità di conoscerne il contenuto. In ragione di ciò costituisce mera petizione astratta la richiesta di enunciazione di un principio di diritto inidoneo a risolvere la controversia. 4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio, essendo il G. rimasto intimato. 5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali nella specie, inammissibilità del ricorso per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.