Assunzione tardiva per l’insegnante: risarcita dal Ministero dell’Istruzione

Vittoria per una insegnante che ha visto sfumare l’assegnazione della cattedra in una scuola superiore a causa di un provvedimento illegittimo dell’ufficio scolastico. Confermato in Cassazione il suo diritto a un adeguato ristoro economico, anche tenendo presente che ella è rimasta disoccupata in attesa della ufficializzazione dell’assunzione.

Se la – sacrosanta – assunzione si concretizza in ritardo a causa di un provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione – il Ministero dell’Istruzione, per la precisione –, allora è doveroso il risarcimento dei danni patiti dalla aspirante insegnante, rimasta disoccupata, per giunta, in attesa dell’assegnazione della cattedra Cassazione, ordinanza n. 16665/20, sez. Lavoro, depositata il 4 agosto . Davvero complessa la vicenda approdata sui tavoli dei giudici della Cassazione. Protagonista della battaglia legale è una donna, una aspirante insegnante , che collocata utilmente in graduatoria di concorso, viene convocata per le operazioni di nomina ed assunzione a tempo indeterminato per l’anno scolastico 2001/2002, stante la disponibilità di nove cattedre per insegnamento negli istituti superiori , poi, però, a sorpresa, in sede di convocazione, l’ufficio scolastico assegna sette delle nove cattedre disponibili a docenti della scuola media inferiore, vincitori anch’essi del concorso per la scuola superiore . Salta, quindi, l’assunzione della donna, che, però, ritenendo violati i D.M. n. 263/2000 e 146/2001, in quanto il personale già in ruolo e da destinare alla scuola superiore non avrebbe dovuto essere computato in detrazione rispetto alle cattedre disponibili, ma in eccedenza , propone ricorso al Capo dello Stato. Scelta assolutamente azzeccato il ricorso viene accolto nel 2006 e la donna, nel frattempo già assunta , viene assunta con integrale retrodatazione degli effetti giuridici della propria nomina in ruolo al 1° settembre 2001 e parzialmente di quelli economici al 1° settembre 2004 . Allo stesso tempo, però, la donna si rivolge al Tribunale per vedere riconosciuto il proprio diritto all’immissione in ruolo fino al 1° settembre 2001 e per ottenere la condanna del Ministero dell’Istruzione al risarcimento dei danni economici sofferti . Per il Tribunale, però, preso atto della sopravvenuta assunzione della donna, si deve prendere atto della cessazione della materia del contendere sul punto e va respinta la domanda risarcitoria. Di parere opposto, invece, i giudici di Appello, i quali ritengono evidente l’illegittimità del comportamento datoriale, poiché la donna è stata impedita a rendere la prestazione lavorativa offerta e dovuto il risarcimento in misura pari alle retribuzioni non erogate, dedotto l’aliunde perceptum, per tale non potendosi tuttavia considerare quanto percepito dalla donna medio tempore a titolo di indennità per la disoccupazione, trattandosi di somme che essa avrebbe dovuto restituire all’istituto previdenziale . A portare la questione in Cassazione è ovviamente il Ministero dell’Istruzione, che contesta il risarcimento riconosciuto in favore della donna, oramai divenuta docente di ruolo in una scuola superiore. In particolare, l’Avvocatura Generale dello Stato sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto di non fare riferimento alla responsabilità ex articolo 2043 del Codice Civile , ossia risarcimento per fatto illecito , pur non venendo in considerazione un rapporto di lavoro già in essere tra le parti , e richiama altresì la costante giurisprudenza di legittimità ed amministrativa secondo cui in caso di tardiva assunzione non può ritenersi sussistente il diritto alla percezione delle retribuzioni . Inoltre, l’Avvocatura dello Stato osserva che, pur a voler riportare la vicenda alla responsabilità ex articolo 1218 del Codice Civile , ossia responsabilità del debitore , deve considerarsi come l’errore da parte dell’ufficio scolastico era da ritenere scusabile ed afferente a causa non imputabile, perché scaturito dalle difficoltà interpretative della circolare esplicativa da applicare per le assunzioni . Tali obiezioni non convincono però i giudici della Cassazione. Dal ‘Palazzaccio’ osservano, innanzitutto, che è incontestato che la donna dovesse essere immessa in ruolo fin dal 1° settembre 2001, secondo le regole di disciplina delle assunzioni proprie di quell’anno scolastico ed è da escludere l’esistenza di una qualche discrezionalità nel decidere se e come assumere nel caso concreto, sicché le regole poste, attraverso i decreti ministeriali, per indirizzare l’operato degli uffici, sono necessariamente vincolanti . Ne deriva che correttamente la Corte territoriale ha riportato la fattispecie alla disciplina della responsabilità contrattuale prevista dall’articolo 1218 del Codice Civile. Per i giudici, poi, è pacifico che la violazione di obblighi di assunzione da parte della pubblica amministrazione comporti il sorgere di una responsabilità da inadempimento , e quindi poiché gli effetti che il Ministero era obbligato a realizzare in favore della controparte immissione in ruolo non si sono realizzati quando dovevano esserlo, era onere del Ministero dimostrare l’esistenza di una causa ad esso non imputabile , ma tale non può essere considerata, chiariscono i giudici, la difficoltà interpretativa dei D.M. attraverso i quali, nella forma della circolare, si sono poste regole generali ed astratte di disciplina delle assunzioni in questione, per l’ovvia considerazione che anche tali circolari risalgono allo stesso Ministero, il quale in ipotesi, non potrebbe pertanto che imputare sibi l’asserita difficoltà ermeneutica, pur ammesso e non concesso che essa vi fosse . Nessun dubbio, quindi, sul fatto che la mancata realizzazione degli effetti – immissione in ruolo fin dal 1° settembre 2001 – che il Ministero aveva l’obbligo di determinare fa sorgere dunque il diritto della donna dell’obbligazione a ricevere il risarcimento in forma specifica o per equivalente , e l’intervenuto riconoscimento – costitutivo – della decorrenza giuridica del rapporto fin dal 1° settembre 2001 fa retroagire la parte dei diritti così riconosciuti ex tunc fino al momento in cui la pubblica amministrazione doveva porre in essere il comportamento cui essa era obbligata . E non tutti i pregiudizi cagionati dal ritardo vengono rimossi da un tale riconoscimento postumo , ed in particolare vi è da considerare il lucro cessante che deriva dalla mancata percezione delle retribuzioni, riconosciute con l’assunzione solo dal 1° settembre 2004, che avrebbe potuto esservi se il rapporto fosse stato effettivamente instaurato ab origine . In questi casi, però, non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni , per il fatto che, se non lo preveda il provvedimento o l’atto costitutivo ex post del rapporto, non si può affermare l’esistenza ora per allora di una inattuazione di un rapporto negoziale che è stato costituito solo dopo, sicché non possono ritenersi dovute le retribuzioni a titolo di corrispettivo . Resta però aperto il fronte del risarcimento del danno , e, osservano i giudici, mentre chi agisce a titolo di adempimento rispetto al corrispettivo dovuto per un rapporto di lavoro già esistente è tenuto solo ad addurre tale preesistenza del contratto, oltre all’offerta della prestazione ex articolo 1217 del Codice Civile, chi agisca lamentando il ritardo serbato dalla pubblica amministrazione nell’assumerlo, ha diritto al risarcimento, purché risulti il verificarsi di un danno, oltre che la ricorrenza dei presupposti della mora della controparte nel procedere alla sua assunzione . E rispetto a tale danno si deve considerare che chi persegue l’assunzione non necessariamente non solo dopo l’illegittimo diniego, ma anche prima o in concomitanza con esso è disoccupato , e, pertanto, tenuto conto anche del permanere della disponibilità delle energie lavorative, deve ritenersi che tra i fattori normali di identificazione del pregiudizio, vi sia anche la mancanza di occupazione che si accompagni alla tardiva assunzione . Di conseguenza, il danno, dal punto di vista economico, consiste, oltre che in eventuali costi secondari – esborsi effettuati per intraprendere altre attività lavorative, ad esempio –, nel fatto che l’interessato sia rimasto privo di occupazione nel periodo di ritardo ed abbia consequenzialmente perduto retribuzioni che avrebbe percepito ove assunto dalla pubblica amministrazione, oppure nella sua occupazione a condizioni economiche meno favorevoli di quelle che si sarebbero avute se vi fosse stato adempimento all’obbligo di immissione in ruolo . Ciò conduce all’accoglimento della richiesta risarcitoria avanzata dalla donna nei confronti del Ministero dell’Istruzione, sanciscono i giudici della Cassazione, essendo evidente il pregiudizio da lei subito, come testimoniato anche dalla indennità di disoccupazione da lei percepita poiché rimasta medio tempore senza lavoro . Per fare ulteriore chiarezza, infine, i magistrati fissano in chiusura anche un principio di diritto in materia di impiego pubblico contrattualizzato, in caso di tardiva assunzione dovuta a provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione, non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego che non siano state riconosciute nei successivi atti di assunzione, in quanto tali voci presuppongono l’avvenuto perfezionamento ex tunc del rapporto di lavoro il lavoratore può invece agire, in ragione della violazione degli obblighi sussistenti in capo alla pubblica amministrazione ed in presenza di mora della medesima, a titolo di risarcimento del danno ex articolo 1218 del Codice Civile, ivi compreso, per il periodo anteriore a quello per il quale vi sia stata retrodatazione economica, il mancato guadagno da perdita delle retribuzioni fin dal momento in cui si accerti che l’assunzione fosse dovuta, detratto l’aliunde perceptum, qualora risulti, anche in via presuntiva, che l’interessato sia rimasto privo di occupazione nel periodo di ritardo nell’assunzione o sia stato occupato, ma a condizioni deteriori .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 19 dicembre 2019 – 4 agosto 2020, n. 16665 Presidente Torrice – Relatore Belle’ Rilevato che 1. Gr. Ru., in quanto collocata utilmente in graduatoria di concorso, fu convocata per le operazioni di nomina ed assunzione a tempo indeterminato per l'anno scolastico 2001/2002, stante la disponibilità di nove cattedre per l'insegnamento negli istituti superiori tuttavia, in sede di convocazione, l'ufficio di Salerno, assegnò sette delle nove cattedre disponibili a docenti della scuola media inferiore vincitori anch'essi del concorso per la scuola superiore la Ru., ritenendo che, così operando, fossero state violati i D.M. n. 263/2000 e 146/2001 in quanto il personale già in ruolo e da destinare alla scuola superiore non avrebbe dovuto essere computato in detrazione rispetto alle cattedre disponibili, ma in eccedenza proponeva ricorso al Capo dello Stato, che veniva accolto con D.P.R. 21.4.2006, in esito al quale la medesima, nel frattempo già assunta, veniva assunta con integrale retrodatazione degli effetti giuridici della propria nomina in ruolo al 1.9.2001 e parzialmente di quelli economici al 1.9.2004 essa aveva nel frattempo agito presso il Tribunale di Salerno per sentir riconoscere il proprio diritto all'immissione in ruolo fino al 1.9.2001 e per la condanna del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Miur al risarcimento dei danni economici sofferti il Tribunale, decidendo dopo la sopravvenuta assunzione della ricorrente, dava atto della cessazione della materia del contendere sul punto e respingeva la domanda risarcitoria, ma la sentenza veniva riformata dalla Corte d'Appello di Salerno, la quale riteneva che, stante l'illegittimità del comportamento datoriale, poiché la ricorrente era stata impedita a rendere la prestazione lavorativa offerta, era dovuto il risarcimento in misura pari alle retribuzioni non erogate, dedotto l'aliunde perceptum, per tale non potendosi tuttavia considerare quanto percepito dalla Ru. medio tempore a titolo di indennità per la disoccupazione, trattandosi di somme che essa avrebbe dovuto restituire all'istituto previdenziale 2. la sentenza è stata impugnata dal Miur con due motivi la Ru. ha depositato nota, munita di procura speciale, oltre i termini stabiliti per il deposito di controricorso, con la quale ha chiesto la reiezione del ricorso avversario, oltre alla riunione con ricorso di altra docente avverso altra sentenza della stessa Corte d'Appello di Salerno, di segno contrario rispetto a quella qui impugnata la causa è stante quindi avviata a trattazione camerale, senza che siano seguite ulteriori attività difensive delle parti Considerato che 1. con il primo motivo il Miur denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1218, 1223 e 2697 c.comma art. 360 n. 3 c.p.c. sostenendo che erroneamente la Corte d'Appello aveva ritenuto di non fare riferimento alla responsabilità ex art. 2043 c.c., pur non venendo in considerazione un rapporto di lavoro già in essere tra le parti, richiamando altresì la costante giurisprudenza di legittimità ed amministrativa secondo la quale in caso di tardiva assunzione non poteva ritenersi sussistente il diritto alla percezione delle retribuzioni il secondo motivo denuncia invece la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1176, 2697 c.comma art. 360 n. 3 c.p.c. , affermando che, pur a voler riportare la vicenda alla responsabilità ex art. 1218 c.c., doveva considerarsi come l'errore da parte dell'Ufficio scolastico era da ritenere scusabile ed afferente a causa non imputabile, perché scaturito dalle difficoltà interpretative della circolare esplicativa da applicare per le assunzioni i due motivi, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente 2. è incontestato che la Ru. dovesse essere immessa in ruolo fin dal 1.9.2001, secondo le regole di disciplina delle assunzioni proprie di quell'anno scolastico è del resto da escludere l'esistenza di una qualche discrezionalità nel decidere se e come assumere nel caso concreto, sicché le regole poste, attraverso i decreti ministeriali, per indirizzare l'operato degli uffici, sono necessariamente vincolanti ne deriva che correttamente la Corte territoriale ha riportato la fattispecie alla disciplina della responsabilità contrattuale di cui all'art. 1218 c.c. solo la responsabilità che persegue il determinarsi di un danno ingiusto per violazione del principio generale del neminem laedere si qualifica infatti come extracontrattuale, ai sensi degli artt. 2043 ss. c.c., mentre ha natura contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 c.c., la responsabilità che persegue la mancata realizzazione di effetti che una norma sia essa di fonte strettamente contrattuale o più in genere legale imponeva ad un soggetto di realizzare nella sfera giuridica di altro soggetto v., per i principi, gli argomenti in parte desumibili da Cass., S.U. 26 giugno 2007, 14712 è del resto pacifico che la violazione di obblighi di assunzione da parte della P.A. comporti il sorgere di una responsabilità da inadempimento Cass. 7 maggio 2015, n. 9215 e 6 luglio 2006, n. 1530, in tema di assunzioni obbligatorie Cass. 14 giugno 2012, n. 9807 e Cass. 20 gennaio 2009, n. 1399, in tema di inadempimento ad obblighi derivanti da espletamento di concorso 2.1 pertanto, poiché gli effetti che il Ministero era obbligato a realizzare in favore della controparte immissione in ruolo non si sono realizzati quando dovevano esserlo, era onere del Ministero dimostrare l'esistenza di una causa ad esso non imputabile, secondo l'ordinario assetto di cui all'art. 1218 c.comma Cass., S.U. 30 ottobre 2001, n. 13533, con principi poi applicati anche a vicende di ambito lavoristico, v. ad es., nella sostanza Cass. 27 marzo 2009, n. 7524, in tema di mansioni superiori tale non può però essere considerata la difficoltà interpretativa dei D.M. attraverso i quali, nella forma della circolare, si sono poste regole generali ed astratte di disciplina delle assunzioni in questione, per l'ovvia considerazione che anche tali circolari risalgono allo stesso Miur, il quale in ipotesi, non potrebbe pertanto che imputare sibi l'asserita difficoltà ermeneutica, pur ammesso e non concesso che essa vi fosse 2.2 presso questa Corte si era in passato stratificato l'orientamento per cui l'impossibilità della prestazione di lavoro per fatto imputabile al datore avesse in generale effetti soltanto risarcitori, in ragione dell'impossibilità di attuazione del sinallagma in tema di nullità del termine apposto al contratto di lavoro Cass. 27 maggio 2009, n. 12333 Cass. 22 ottobre 2003, n. 15827 in tema di retrodatazione solo giuridica del rapporto di lavoro Cass. 14 giugno 2017, n. 14772 Cass. 5 giugno 2017, n. 13940 Cass. 14 dicembre 2007, n. 26822 in tema di accertamento della nullità del trasferimento di azienda e obblighi del cedente Cass. 9 settembre 2014, n. 18955 Cass. 17 luglio 2008, n. 19740 in tema di interposizione di manodopera Cass. 15 dicembre 2016, n. 25933 2.3 recentemente il tema ha conosciuto un'evoluzione, essendosi affermato dalle Sezioni Unite che la declaratoria di nullità dell'interposizione di manodopera per violazione di norme imperative e la conseguente esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato determina, nell'ipotesi in cui per fatto imputabile al datore di lavoro non sia possibile ripristinare il predetto rapporto, l'obbligo per quest'ultimo di corrispondere le retribuzioni al lavoratore a partire dalla messa in mora decorrente dal momento dell'offerta della prestazione lavorativa, in virtù dell'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003, che non contiene alcuna previsione in ordine alle conseguenze del mancato ripristino del rapporto di lavoro per rifiuto illegittimo del datore di lavoro e della regola sinallagmatica della corrispettività, in relazione agli artt. 3,36 e 41 Cost. Cass., S.U., 7 febbraio 2018, n. 2990 in scia a tale orientamento si sono quindi poste varie pronunce, su situazioni simili, essendosi affermato che l'accertamento giudiziale dell'invalidità del contratto a termine per violazione di norme imperative, e della conseguente conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, determina, nell'ipotesi in cui per fatto imputabile al datore di lavoro non sia possibile ripristinare il predetto rapporto, l'obbligo per quest'ultimo di corrispondere le retribuzioni al lavoratore a partire dalla messa in mora decorrente dall'offerta della prestazione lavorativa in virtù dell'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme generali in tema di contratti a prestazioni corrispettive Cass. 10 settembre 2018, n. 21947 e che in caso di cessione di ramo d'azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112 c.c., il pagamento delle retribuzioni da parte del cessionario, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente a detto accertamento ed alla messa a disposizione delle energie lavorative in favore dell'alienante da parte del lavoratore, non produce effetto estintivo, in tutto o in parte, dell'obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa Cass. 3 luglio 2019, n. 17784 i precedenti appena citati riguardano il caso in cui l'offerta della prestazione illegittimamente non accettata dal datore di lavoro consegua a provvedimento giudiziale di accertamento dell'esistenza del rapporto di lavoro, con il quale sia disposta la riammissione in servizio ed essa resti inevasa, ma l'evoluzione interpretativa è destinata evidentemente ad interferire più a fondo con il tema delle conseguenze della mancata attuazione di un rapporto che, anche a prescindere dalla sussistenza di un accertamento giudiziale in tal senso, il datore di lavoro risultasse tenuto a consentire 2.4 in proposito sembrano doversi distinguere diverse condizioni in taluni casi, è la stessa legge a qualificare espressamente come risarcitoria una data violazione di certi assetti del rapporto di lavoro ed a regolare i conseguenti effetti, così come è per il contratto assoggettato a termine illegittimo dopo l'introduzione dell'art. 32, co. 4 e 5 L. 183/2010 e per il periodo anteriore al provvedimento di conversione Corte Costituzionale 4 novembre 2011, n. 303, a tal proposito menzionata anche da Cass. S.U. 2990/2018 cit. o per il licenziamento, per quanto dovuto a partire dalla data di esso, nelle diverse misure di cui alla variegata normativa succedutasi nel tempo, fino alla reintegrazione, quando essa sia prevista al di là di tali casi, l'inadempimento datoriale può, da un primo punto di vista, riguardare l'attuazione di rapporti che già ab origine dovevano ritenersi sussistenti e che, per effetto della concomitanza ad es. interposizione illecita o contratti di lavoro diritto privato con termine illegittimo Cass. 26 marzo 2019, n. 8385 di profili di invalidità nel fenomeno complessivamente interessato o per sopravvenienza di fenomeni parimenti invalidi cessione illegittima di azienda , non hanno avuto la debita attuazione caso diverso è quello in cui, in presenza di un inadempimento ad obblighi di assunzione, la corrispondente attuazione del diritto perseguito derivi da provvedimenti, siano essi giudiziali ad es. ai sensi dell'art. 2932 c.c., qualora l'azione sia ammissibile , amministrativi o da successivi contratti che, pur ponendo a proprio fondamento l'accertamento di tale inadempimento fin da una certa data e del conseguente diritto all'assunzione, intervengano ex post a comporre una fattispecie costitutiva del rapporto di lavoro in quest'ultimo caso, l'intervenire postumo della fattispecie costitutiva comporta che, prima di tale momento, il rapporto non possa dirsi esistente, se non per quegli effetti che il provvedimento o l'atto facciano espressamente retroagire in tale ipotesi, il rimedio all'inadempimento, prima dell'effettivo sopravvenire della fattispecie costitutiva, non può che essere risarcitorio, perché la costituzione ex post di un rapporto non può essere paragonata all'esistenza ex tunc di esso, se in realtà il medesimo all'epoca non esisteva ancora in senso sostanzialmente analogo è la giurisprudenza amministrativa v. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5566 Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2009, n. 1752 pertanto, rispetto agli effetti per i quali il menzionato provvedimento costitutivo non stabilisca esplicitamente la retroazione, non può ammettersi azione di adempimento, ma solo il risarcimento del danno è solo dopo l'intervenire della fattispecie costitutiva che si può quindi parlare di inadempimento ad obblighi retributivi, da regolare secondo principi analoghi a quelli di cui alla citata Cass., S.U., 2990/2018, ma ancora non è questo il caso, in quanto qui si discute senza dubbio di una domanda formulata in termini risarcitori e per un periodo anteriore rispetto al provvedimento di accoglimento del ricorso amministrativo straordinario e del successivo contratto stipulato dalla P.A., solo parzialmente retrodatato al 1.9.2004 e non al 1.9.2001 negli effetti economici 2.5 ne resta dunque confermato, seppure su tale più articolata base interpretativa, resa necessaria anche dal raffronto con l'evoluzione giurisprudenziale del tema, l'orientamento secondo cui in materia di impiego pubblico contrattualizzato, in caso di tardiva assunzione con retrodatazione giuridica dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni , ma solo al risarcimento del danno Cass. 13940/2017 Cass. 26822/2007, citt. la mancata realizzazione degli effetti qui, immissione in ruolo fin dal 1.9.2001 che il Ministero aveva l'obbligo di determinare, fa sorgere dunque il diritto della controparte dell'obbligazione a ricevere il risarcimento art. 1223 c.c. in forma specifica essendo da tempo pacifico che tale rimedio sia parimenti ammesso in ambito di inadempimento di obbligazioni e dunque di responsabilità contrattuale Cass. 2 luglio 2010, n. 15726 Cass. 30 luglio 2004, n. 3004 o per equivalente senz'altro, l'intervenuto riconoscimento costitutivo, per quanto sopra detto della decorrenza giuridica del rapporto fin dal 1.9.2001 fa retroagire la parte dei diritti così riconosciuti ex tunc fino al momento in cui la P.A. doveva porre in essere il comportamento cui essa era obbligata non tutti i pregiudizi cagionati dal ritardo vengono tuttavia rimossi da un tale riconoscimento postumo ed in particolare vi è da considerare il lucro cessante che deriva dalla mancata percezione delle retribuzioni, riconosciute con l'assunzione solo dal 1.9.2004, che avrebbe potuto esservi se il rapporto fosse stato effettivamente instaurato ab origine si è però visto come, in tali casi, non sussista il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni Cass. 13940/2017 Cass. 26822/2007, citt. , per il fatto che, se non lo preveda il provvedimento o l'atto costitutivo ex post del rapporto, non si può affermare l'esistenza ora per allora di una inattuazione di un rapporto negoziale che è stato costituito solo dopo, sicché non possono ritenersi dovute le retribuzioni a titolo di corrispettivo ragionando in termini di risarcimento del danno per equivalente, neppure può dirsi che esso sia in re ipsa, perché la conseguenza della mancata instaurazione del rapporto è anche quella di non impegnare il lavoratore in prestazioni presso la giurisprudenza amministrativa si rileva Cons. di Stato, sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7110 l'esistenza di un consolidato orientamento maturato in fattispecie analoghe di ritardata costituzione del rapporto di impiego ex aliis, sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5350 sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 370 sez. V, 27 marzo 2013, n. 1773 sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020 sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049 , secondo cui la liquidazione del danno, provato nella sua esistenza, ma non dimostrabile nel suo preciso ammontare, va effettuata in via equitativa e tenendo, altresì, conto del fatto che l'interessato, nel periodo in questione, non ha comunque svolto attività lavorativa in favore dell'amministrazione che avrebbe dovuto assumerlo , al punto di gravare il ricorrente dell' onere di dimostrare di non avere potuto rivolgere le proprie energie alla cura di altri interessi e attività lavorative da cui potrebbe aver tratto un utile le citate decisioni si chiudono in genere, in caso di accoglimento della domanda, riconoscendo quote percentuali stabilite nel 50 % da Cons. di Stato 2019/7110 Cons. Stato 3049/2013 Cons. Stato 8020/2010 citt. rispetto alle potenziali retribuzioni maturate tale impostazione, meno convincente ove procede a liquidazioni a percentuale, non può essere trascurata, laddove essa costantemente rimarca come la tardiva assunzione non impegni medio tempore le energie lavorative del pretendente d'altra parte, in ambito lavoristico, il danno da inadempimento è ora spesso declinato per legge con modalità variabili il licenziamento, nel settore privato, anche in caso di reintegrazione, non sempre consente il recupero delle retribuzioni medio tempore perdute v. art. 18, comma 4, art. 18 L. 300/1970 o art. 3, co. 2, d. Igs. 23/2015 nel caso di contratto sottoposto a termine illegittimo, sempre nel settore privato, opera la menzionata indennità a forfait di cui 32, co. 5, L. 183/2010, ora art. 28, co. 2, d. Igs. 81/2015, applicata poi anche nel settore pubblico - Cass., S.U. 15 marzo 2016, n. 5072 - nel caso di violazione sul divieto di reiterazione di contratti a termine non convertibili a tempo indeterminato che rendono difficoltose operazioni interpretative sul piano delle analogie, ma soprattutto è indubbia la diversità fenomenica ad es. il licenziamento - in ogni settore - postula la preesistenza dell'occupazione dell'interessato e dunque è naturale che dalla illegittimità di esso discenda il risarcimento, senza necessità di dimostrare il danno dei casi appena richiamati va allora fatto riferimento all'assetto civilistico tradizionale, secondo cui il danno di regola non può essere considerato, se non in casi eccezionali, in re ipsa, ma deve emergere, anche in via presuntiva pertanto, mentre chi agisce a titolo di adempimento rispetto al corrispettivo dovuto per un rapporto di lavoro già esistente è tenuto solo ad addurre tale preesistenza del contratto, oltre all'offerta della prestazione ex art. 1217 c.c., chi agisca lamentando il ritardo serbato dalla P.A. nell'assumerlo, ha diritto al risarcimento, purché risulti il verificarsi di un danno, oltre che la ricorrenza dei presupposti della mora della controparte nel procedere alla sua assunzione rispetto a tale danno, si deve considerare che chi persegue l'assunzione non necessariamente non solo dopo l'illegittimo diniego, ma anche prima o in concomitanza con esso è disoccupato caso diverso è quello delle assunzioni obbligatorie, su cui v., tra le molte, Cass. 13 gennaio 2009, n. 488, in cui la mancanza di occupazione è tuttavia già ed in sé elemento costitutivo della fattispecie art. 19 L. 482/1968 art. 8 L. 68/1999 art. 6, co. 7, L. 113/1985 e pertanto, tenuto conto anche del permanere della disponibilità delle energie lavorative, deve ritenersi che tra i fattori normali di identificazione del pregiudizio, vi sia anche la mancanza di occupazione che si accompagni alla tardiva assunzione il danno, dal punto di vista economico, consiste pertanto, oltre che in eventuali costi secondari esborsi effettuati per intraprendere altre attività lavorative v. Cass. 13940/2017 cit. , nel fatto che l'interessato sia rimasto privo di occupazione nel periodo di ritardo ed abbia consequenzialmente perduto retribuzioni che avrebbe percepito ove assunto dalla P.A., oppure nella sua occupazione a condizioni economiche meno favorevoli di quelle che si sarebbero avute se vi fosse stato adempimento all'obbligo di immissione in ruolo nel caso di specie, l'accoglimento della domanda non si pone dunque in contrasto con limiti giuridici rispetto alla risarcibilità del danno, che sussiste, né il ricorrente precisa su quale base dovrebbe affermarsi la mancanza del pregiudizio, senza contare che la stessa sentenza impugnata, argomentando sulla non detraibilità dell'indennità di disoccupazione, dà atto che la Ru. rimase medio tempore senza lavoro 3. il ricorso va dunque rigettato e va espresso il seguente principio in materia di impiego pubblico contrattualizzato, in caso di tardiva assunzione dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego che non siano state riconosciute nei successivi atti di assunzione, in quanto tali voci presuppongono l'avvenuto perfezionamento ex tunc del rapporto di lavoro il lavoratore può invece agire, in ragione della violazione degli obblighi sussistenti in capo alla P.A. ed in presenza di mora della medesima, a titolo di risarcimento del danno ex art. 1218 c.c., ivi compreso, per il periodo anteriore a quello per il quale vi sia stata retrodatazione economica, il mancato guadagno da perdita delle retribuzioni fin dal momento in cui sia accerti che l'assunzione fosse dovuta, detratto /'aliunde perceptum, qualora risulti, anche in via presuntiva, che l'interessato sia rimasto privo di occupazione nel periodo di ritardo nell'assunzione o sia stato occupato, ma a condizioni deteriori 4. nulla è a disporsi quanto alle spese, perché la Ru. non ha presentato rituale e tempestivo controricorso, né ha svolto, dopo la costituzione in giudizio, alcuna ulteriore attività difensiva, essendo limitata al deposito di un'istanza -irrilevante a tal fine - di riunione ad altro procedimento, peraltro non accolta P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.