Negata la rimessione in termini se la parte poteva evitare il fallimento della prima notifica

Nel caso in cui il primo tentativo di notifica non sia andato a buon fine, l’inidoneità del domicilio del difensore della controparte indicato nella sentenza impugnata non è ragione di incolpevolezza per la parte notificante la cui richiesta di rimessione in termini non può dunque essere accolta.

Lo si legge nell’ordinanza della Suprema Corte n. 12432/20, depositata il 24 giugno. La Corte d’Appello di Roma dichiarava estinto il giudizio proposto da due ricercatori nei confronti dell’INAIL, quale ente succeduto ad ISPESL, per il risarcimento da perdita di chance . Ripercorrente la vicenda risulta che, dopo il deposito dell’atto d’appello nei confronti dell’ISPESL, lo stesso era stato soppresso con trasferimento delle funzioni all’INAIL. Alla prima udienza il giudizio era stato interrotto per la riassunzione nei confronti di quest’ultimo. La riassunzione non era però avvenuta nel termine di 6 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di soppressione dell’ISPEL. Il successivo ricorso per cassazione ai difensori dell’INAIL non era andato a buon fine per civico inesistente”. I ricorrenti hanno dunque chiesto che fosse disposta la rimessione in termini per la rinnovazione della notifica affermando che il primo tentativo era fallito a causa dell’errata indicazione dell’indirizzo del difensore domiciliatario nella sentenza impugnata. Il Collegio rileva che l’istanza per la rimessione in termini era stata depositata quando i termini per l’introduzione del giudizio di cassazione erano ampiamente scaduti. Ciò posto, l’inidoneità del domicilio del difensore della controparte indicato nella sentenza impugnata non è ragione di incolpevolezza per la parte notificante. Ed infatti chi voglia correttamente notificare un atto non può fare affidamento sui dati che emergono dalla pronuncia impugnata, i ricorrenti erano infatti tenuti a verificare con la dovuta diligenza quale fosse il domicilio dei procuratori della controparte prima di procedere con la notifica. Nel caso di specie deve quindi escludersi che i ricorrenti abbiano tenuto un comportamento diligente . In conclusione, in presenza di comportamenti non incolpevoli della parte, da cui è scaturita l’inesistenza dell’unica notifica tentata entro i 60 giorni disponibili, va da sé che l’istanza di remissione in termini non possa essere favorevolmente valutata . Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 27 novembre 2019 – 24 giugno 2020, n. 12432 Presidente Napoletano – Relatore Bellé Rilevato che 1. la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato estinto il giudizio di appello proposto da C.A. e V.R. nei confronti dell’I.N.A.I.L., quale ente succeduto ad I.S.P.E.S.L., rispetto alla sentenza del Tribunale della stessa città con cui era stata rigettata la domanda dispiegata dai predetti al fine di ottenere il risarcimento da perdita di chance per il tardivo riconoscimento della qualifica di primo ricercatore la Corte territoriale dava atto che, dopo il deposito dell’atto di appello proposto nei riguardi di I.S.P.E.S.L., avvenuto il 15.12.2009, l’ente era stato soppresso con D.L. n. 78 del 2010 e le relative funzioni erano state trasferite all’I.N.A.I.L. alla prima udienza del 28.9.2011 era stata quindi disposta l’interruzione del giudizio e i ricorrenti avevano proceduto alla riassunzione nei confronti dell’I.N.A.I.L. che, costituendosi, aveva eccepito in via preliminare l’estinzione, perché l’appello non era stato riassunto nel termine di sei mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di soppressione di I.S.P.E.S.L. e dunque entro il 30.11.2010 avverso tale sentenza il C. ed il V. hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, finalizzati a contestare la soluzione processuale adottata dalla Corte distrettuale, in quanto assunta in affermata violazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 7 primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e fondata sull’omesso esame di una circostanza decisiva secondo motivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 , asseritamente costituito dal fatto che al momento della notifica della riassunzione all’I.N.A.I.L. non vi era ancora stato il trasferimento di funzioni, sicché la successiva costituzione dello stesso I.N.A.I.L. doveva considerarsi quale costituzione volontaria per proseguire il processo ai sensi dell’art. 302 c.p.c. a fronte di una notifica della sentenza di appello avvenuta il 17.2.2014, il predetto ricorso per cassazione il 19.3.2014 è stato avviato per la notifica ai difensori di I.N.A.I.L. costituiti in appello, presso il domicilio elettivo indicato nella sentenza stessa, ma la notifica è risultata negativa e la raccomandata è stata restituita al mittente con la motivazione civico inesistente sul presupposto che l’errore della notificazione fosse stato determinato dall’errata indicazione - contenuta nella sentenza - del domicilio del difensore costituito per l’I.N.A.I.L. in appello, i ricorrenti hanno quindi chiesto che fosse disposta la rimessione in termini per rinnovare la notificazione del ricorso con decreto 10.6.2014 il Presidente ha quindi autorizzato la rinotifica, rimettendo tuttavia al collegio ogni valutazione sulla giustificazione o meno della originaria mancata notifica eseguita la nuova notifica, l’I.N.A.I.L. resisteva mediante controricorso, nel cui ambito eccepiva in via preliminare l’intervenuta decadenza delle controparti dall’impugnazione, in ragione della tardiva notificazione del ricorso per cassazione, insistendo peraltro anche per la reiezione nel merito del ricorso stesso. Considerato che la sentenza di appello è stata notificata dall’I.N.A.I.L. agli attuali ricorrenti in data 17.2.2014 il ricorso per cassazione doveva dunque essere posto in notifica nei sessanta giorni successivi e ciò è infatti avvenuto in data 19.3.2014, ma con invio della raccomandata postale ad un indirizzo omissis che, pur essendo indicato nell’epigrafe della sentenza di appello come attinente ai difensori dell’ente I.N.A.I.L. , è risultato riguardare un civico inesistente , sicché la fase di consegna non ha potuto essere completata la predetta notifica non può quindi che considerarsi come mai avvenuta ed inesistente Cass. 20 luglio 2016, n. 14916 l’istanza di remissione in termini, pur datata 18.4.2014, è stata depositata presso questa Corte in data 23.5.2014 e dunque quando già i termini per l’introduzione, mediante la rituale notificazione, del ricorso per cassazione, erano ampiamente scaduti ciò posto, l’inidoneità del domicilio del difensore della controparte indicato nella sentenza impugnata non è ragione di incolpevolezza per la parte che doveva procedere alla notifica dell’impugnazione vale infatti il principio per cui chi voglia correttamente notificare un atto di impugnazione non può fare affidamento sui dati emergenti dalla sentenza impugnata, in quanto l’omessa o erronea indicazione del domicilio eletto dalla parte è irrilevante Cass. 31 marzo 2006, n. 7646 comunque i ricorrenti erano tenuti a verificare con diligenza quale fosse il domicilio dei procuratori della controparte, prima di procedere alla notificazione, come si desume dal fatto che non sarebbe stata neppure esimente, se avvenuta all’interno del circondario, anche l’eventuale modifica di esso Cass. 17 dicembre 2015, n. 25339 Cass., S.U., 18 febbraio 2009, n. 3818 del resto, nella memoria finale, i ricorrenti non contestano il fatto che la domiciliazione dell’I.N.A.I.L. in appello, come dedotto dall’ente con il controricorso, fosse avvenuta in OMISSIS , dove poi è stata utilmente eseguita la rinnovazione della notifica ciò esclude che possa dirsi data prova di un comportamento diligente, perché quella sull’effettivo domicilio eletto dai legali della controparte nel giudizio era la verifica primaria cui i ricorrenti erano tenuti essi, nella predetta memoria finale, sostengono peraltro che il domicilio dei legali dell’ente, quale risultante dall’Albo, fosse ancora altro OMISSIS , ma si tratta di difesa inconferente, in quanto neppure risulta che sia stata tentata, nei termini, una notifica in quel domicilio e dunque non si può affermare che la difformità di esso rispetto a quello eletto in causa possa avere un qualche rilievo rispetto alla valutazione sulla diligenza dei comportamenti tenuti dai ricorrenti in definitiva, in presenza di comportamenti non incolpevoli della parte, da cui è scaturita l’inesistenza dell’unica notifica tentata entro i sessanta giorni disponibili, va da sé che l’istanza di remissione in termini non possa essere favorevolmente valutata non sussistendo i presupposti per la rimessione in termini, il ricorso poi notificato nel settembre 2014 è dunque tardivo, ex art. 325 c.p.c., comma 2 e art. 326 c.p.c., perché effettuato oltre i sessanta giorni dalla notificazione della sentenza di appello l’impugnazione è pertanto inammissibile le spese del grado restano regolate secondo soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.