Vigilante invalido civile: niente risarcimento per i servizi notturni

A salvare l’azienda è l’omessa comunicazione da parte del lavoratore in merito al suo stato di salute. I Giudici hanno appurato difatti che la società non era a conoscenza dell’invalidità del dipendente, e che essa non era percepibile ad occhio nudo.

Velocità prima di tutto il lavoratore invalido civile non può temporeggiare prima di comunicare la propria condizione al datore di lavoro, e chiedere, di conseguenza, di evitare determinati incarichi. E illogico è, da parte sua, anche pretendere che in automatico l’azienda sia a conoscenza del suo stato di salute. Priva di fondamento, quindi, la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti della società per gli incarichi svolti e, a suo parere, non compatibili con la sua condizione di invalidità Cassazione, ordinanza n. 9084/20, sez. Lavoro, depositata il 18 maggio . Scontro frontale tra una società che si occupa di security e un dipendente inquadrato come vigilante. Quest’ultimo chiede l’esonero dalla prestazione dei servizi notturni e il risarcimento del danno per la illegittima protratta assegnazione a mansioni incompatibili con la sua condizione di invalido civile . In primo grado le pretese avanzate dal lavoratore sono ritenute sacrosante. In secondo grado, invece, i giudici danno ragione alla società, osservando che essa non era a conoscenza dello stato di invalidità del dipendente , posto che non era dato desumere dal contratto di lavoro che l’assunzione fosse avvenuta a seguito di collocamento obbligatorio, mancando anche l’atto di avviamento al lavoro e anzi riportandosi nella lettera di assunzione alcune dichiarazioni del lavoratore di segno contrario . Peraltro, la documentazione concernente lo stato di invalidità del dipendente, anche ove disponibile per il datore al momento dell’assunzione, non conteneva alcuna prescrizione di sua assegnazione a determinate mansioni , e, evidenziano i giudici, il lavoratore per molto tempo aveva regolarmente adempiuto le prestazioni che gli venivano richieste, e solo diversi anni dopo l’assunzione aveva fatto istanza di essere esonerato non dalle mansioni di vigilanza ma solo dai turni di servizio da espletare in ore notturne . Inutili le obiezioni proposte in Cassazione dal legale del lavoratore. Inutile il richiamo allo stato di invalidità civile e alla appartenenza alle categorie protette , e alla conseguente incompatibilità col suo stato di salute dei servizi in concreto svolti su indicazione della società. Inutile, infine, anche la sottolineatura della esistenza dello stato di disabilità al momento della assunzione e della sua immediata evidenza ad occhio nudo. Per i Giudici della Cassazione il lavoratore lamenta di essere stato adibito a servizi di piantonamento e di pattugliamento senza tener conto della sua condizione di invalido civile , ma egli trascura un dettaglio in appello si è escluso che di tale condizione, come di eventuali prescrizioni circa l’impossibilità di assegnazione del dipendente a talune mansioni, la società potesse avere avuto conoscenza . In sostanza, la ricostruzione dello svolgersi del rapporto di lavoro, dal momento dell’assunzione ha permesso di appurare, sulla base della documentazione prodotta, che la società datrice di lavoro non era – e non poteva essere – a conoscenza dello stato di invalidità del dipendente . Acclarato, quindi, che lo stato di invalidità non era noto alla datrice di lavoro al momento dell’assunzione, e che esso non era riconoscibile ictu oculi , è impossibile recepire le richieste avanzate dal lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 25 settembre 2019 – 18 maggio 2020, n. 9084 Presidente Berrino – Relatore Della Torre Premesso che con sentenza n. 868/2017, depositata il 20 febbraio 2017, la Corte di appello di Roma, pronunciando nella causa promossa da Gu. Ca. nei confronti della soc. Securitas Metronotte S.r.l. già Securitas Metronotte Città di Latina S.r.l. , ha respinto, in riforma della sentenza del Tribunale di Latina, con compensazione delle spese di entrambi i gradi, le domande proposte dal ricorrente, volte a ottenere l'esonero dalla prestazione dei servizi notturni nonché il risarcimento dei danni a vario titolo richiesti per la illegittima protratta assegnazione a mansioni incompatibili con la sua condizione di invalido civile - che a sostegno della propria decisione la Corte di appello ha osservato come il datore di lavoro non fosse a conoscenza dello stato di invalidità, posto che non era dato desumere dal contratto che l'assunzione del Ca. fosse avvenuta a seguito di collocamento obbligatorio, mancando anche l'atto di avviamento al lavoro e anzi riportandosi nella lettera di assunzione dichiarazioni del lavoratore di segno contrario come, in ogni caso, la documentazione concernente lo stato di invalidità, anche ove disponibile per il datore al momento dell'assunzione, non contenesse alcuna prescrizione relativa alla impossibilità di assegnazione del lavoratore a determinate mansioni come, d'altra parte, questi per molto tempo avesse regolarmente adempiuto le prestazioni che gli venivano richieste e solo diversi anni dopo l'assunzione avesse fatto istanza non di essere esonerato dalle mansioni di vigilante ma solo dai turni di servizio da espletare in ore notturne - che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con cinque motivi, cui ha resistito la società con controricorso, assistito da memoria rilevato che con il primo motivo viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 416, comma 3., cod. proc. civ. per non avere la Corte di appello considerato che la società, già contumace nel giudizio di primo grado, non aveva contestato neppure con il ricorso in appello l'appartenenza del ricorrente, in virtù del suo stato di invalido civile, alle categorie protette di cui alla L. n. 482/1968 - che con il secondo viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2087, 1218 e 2697 cod. civ. sul rilievo che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare che i servizi in concreto svolti dal Ca. erano compatibili con il suo stato di salute e non limitarsi ad addurre semplicemente di non essere a conoscenza dello stato di invalidità del proprio dipendente - che con il terzo, deducendo il vizio di cui all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., il ricorrente si duole che il giudice di appello, omettendo di effettuare un'approfondita o quanto meno adeguata disamina logica e giuridica degli elementi, sui quali ha dichiarato di fondare il proprio convincimento, non abbia, in realtà, motivato la propria decisione, ovvero abbia reso una motivazione solo apparente, in relazione all'art. 132 n. 4 cod. proc. civ. - che con il quarto motivo, deducendo ancora il vizio di cui all'art. 360 n. 5, il ricorrente si duole della omessa valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, costituito dalla sussistenza dello stato di disabilità al momento dell'assunzione e dalla sua immediata evidenza - che con il quinto, deducendo la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 91 cod. proc. civ., il ricorrente censura infine la sentenza impugnata per averlo condannato al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, sebbene la società vi fosse rimasta contumace e, in appello, avesse richiesto la condanna al solo pagamento delle spese di tale grado osservato che il primo motivo risulta inammissibile - che, infatti, esso contiene rimandi al ricorso introduttivo del lavoratore e a quello in appello della società, oltre che a taluni documenti, ma non trascrive, né degli uni né degli altri, il contenuto, quanto meno nelle parti rilevanti per ciò che riguarda gli atti, nelle parti relative alle specifiche allegazioni e alla mancata contestazione , in contrasto con il costante orientamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale In base al principio di autosufficienza, è inammissibile il ricorso per cassazione che non consenta l'immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere e delle ragioni per cui si chieda la cassazione della sentenza di merito, né permetta la valutazione della fondatezza di tali ragioni ex actis, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee al ricorso e, quindi, ad elementi ed atti attinenti al pregresso giudizio di merito Cass. n. 10330/2003 fra le molte conformi - che il secondo motivo è parimenti inammissibile, per difetto di specifica riferibilità alla sentenza impugnata, posto che le domande proposte dal Ca. con l'atto introduttivo si fondano sul fatto che il ricorrente fosse stato adibito a servizi di piantonamento e di pattugliamento senza tener conto della sua condizione di invalido civile e, pertanto, in violazione della I. n. 482/1968 mentre la Corte ha motivatamente escluso che di tale condizione, come di eventuali prescrizioni circa l'impossibilità di assegnazione del proprio dipendente a talune mansioni, la società potesse avere avuto conoscenza cfr. sentenza impugnata, pp. 2-4 - che il terzo motivo di ricorso è infondato, potendo dirsi apparente solo la motivazione che, sebbene graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture Sez. U n. 22232/2016, conforme, fra le molte, Cass. n. 13977/2019 ciò che non può palesemente riscontrarsi nella sentenza in esame, la quale ricostruisce lo svolgersi del rapporto dal momento dell'assunzione, chiarendo, sulla base di un puntuale esame della documentazione prodotta, come la datrice di lavoro non fosse stata non potendolo essere a conoscenza dello stato di invalidità del lavoratore - che il quarto motivo è anch'esso inammissibile, sul rilievo che il fatto, che il ricorrente assume omesso, è stato, in realtà, preso esplicitamente in considerazione in sentenza, là dove la Corte di merito ha stabilito che lo stato di invalidità non era noto alla datrice di lavoro al momento dell'assunzione cfr. p. 2, ultimo capoverso, e p. 3 e che, inoltre, esso non era riconoscibile ictu oculi cfr. p. 4, terzultimo capoverso - che è invece fondato, e deve essere accolto, il quinto motivo, avendo il giudice di appello disposto la condanna dell'appellato alle spese di entrambi i gradi, nonostante che la società, rimanendo contumace nel giudizio di primo grado, non avesse svolto alcuna attività difensiva ritenuto conclusivamente che deve essere accolto il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri - che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, può decidersi nel merito con riguardo al regolamento delle spese di lite, nei termini di cui in dispositivo, tenuto conto - quanto al presente giudizio - della misura della reciproca soccombenza P.q.m. La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara il ricorrente non tenuto al pagamento delle spese di primo grado compensa nella misura di 1/5 le spese del giudizio di legittimità, liquidate nel totale in Euro 3.800,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge condanna il ricorrente al pagamento dei restanti 4/5 delle suddette spese.