Canile gestito da un’associazione: il rimborso spese ai soci non basta per parlare di rapporto di lavoro subordinato

Riprende vigore l’opposizione proposta dall’associazione alla pretesa avanzata dall’INPS e concretizzatasi in una cartella esattoriale da quasi 14mila euro. Per i Giudici gli importi percepiti dalle persone che operavano nel canile, e qualificati come rimborsi spese, non sono sufficienti per escludere l’ipotesi del volontariato.

Il mero rimborso spese agli operatori – che sono anche soci – dell’associazione onlus non è sufficiente per escludere l’ipotesi del volontariato e dare per certa invece l’esistenza di un rapporto di lavoro con annesso obbligo contributivo. Proprio applicando questa ottica riprende vigore l’opposizione proposta da un’associazione animalista in merito a una cartella esattoriale – per un importo di quasi 14mila euro – a titolo di mancato pagamento di contributi previdenziali Cassazione, ordinanza n. 3279/20, sez. Lavoro, depositata oggi . Cartella. La battaglia portata avanti dall’associazione contro l’INPS ha esito positivo in primo grado e negativo in secondo grado. In Appello, difatti, i giudici ribaltano la decisione del Tribunale e respingono l’opposizione avverso la cartella esattoriale” relativa al mancato pagamento di contributi previdenziali” a presunti dipendenti dell’associazione. In premessa viene evidenziato che l’addebito ha ad oggetto rapporti di lavoro con cinque persone, formalmente volontari, ma qualificate dall’INPS come dipendenti”, e subito dopo i Giudici d’appello osservano che l’associazione non ha dimostrato che la prestazione dei soggetti interessati fosse resa a titolo di volontariato”. E a questo proposito viene aggiunto che l’associazione esercitava un canile multizonale per un Comune, in esecuzione di un contratto di appalto” e che è conforme alle esigenze economiche e organizzative del rapporto l’omologazione al rapporto di lavoro subordinato tra il datore di lavoro gestore di un canile e i lavoratori che provvedano concretamente ad esso”. Per chiudere il cerchio, infine, i giudici sottolineano che i lavoratori erano compensati con importi di esigua entità, denominati ‘rimborso spese’” ritenuti assimilabili all’ammontare di un’eventuale retribuzione proporzionata al valore economico delle prestazioni rese, senza che fosse fornita spiegazione del loro ammontare con riferimento a oneri sostenuti”, e aggiungono che non era credibile che i lavoratori non dovessero rispettare un orario di lavoro in considerazione della necessità di funzionamento del canile”. Rapporto. A rimettere in discussione la pretesa avanzata dall’INPS provvede la Cassazione, ritenendo plausibili alcune osservazioni proposte dai legali dell’associazione. In prima battuta vengono censurati i giudici d’Appello che hanno affermato che incombeva sull’associazione fornire la prova del rapporto di volontariato” invece, osservano dal ‘Palazzaccio’, va tenuto presente il principio secondo cui in tema di riscossione di contributi previdenziali l’opposizione avverso la cartella esattoriale” comporta per l’ente previdenziale l’onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa, quali la natura subordinata del rapporto di lavoro”. I Giudici della Cassazione criticano ulteriormente la decisione di secondo grado, osservando che in essa non ci si è fatti carico di spiegare la ragione per cui si è aderito acriticamente alla soluzione dell’attività di lavoro subordinato”. A questo proposito, in particolare, viene ritenuto non sufficiente il richiamo alla natura dell’attività esercitata dal canile”, mancando un accertamento in ordine alle modalità con cui si sono in concreto attuati i rapporti”. Impossibile, quindi, almeno alla luce di quanto accertato in secondo grado, desumere la soggezione del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, così da qualificare il rapporto nello schema del lavoro subordinato in luogo della associazione in partecipazione” sostenuta dall’associazione. Per fare ulteriore chiarezza, poi, i giudici della Cassazione escludono anche l’applicabilità del principio secondo cui non ricorrono gli estremi della prestazione di volontariato nel caso in cui, per l’attività espletata, siano state corrisposte somme di danaro, essendo onere della parte convenuta in giudizio per il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato dimostrare che la loro corresponsione sia avvenuta, invece, a titolo di ‘rimborso spese’”. Questo principio non è applicabile, spiegano i giudici, perché gli importi percepiti vengono qualificati assimilabili all’ammontare di un’eventuale retribuzione proporzionata al valore economico delle prestazioni rese, senza però alcuna giustificazione di tale affermazione con riferimento ai parametri, anche quantitativi, di valutazione adottati”. Necessario perciò un nuovo processo in Appello per valutare appieno la posizione dell’associazione e dei cinque soggetti che hanno operato nella gestione del canile.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 7 novembre 2019 – 11 febbraio 2020, n. 3279 Presidente D’Antonio – Relatore Ghinoy Rilevato che 1. La Corte d'appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, respingeva l'opposizione proposta dall' Associazione Onlus Io non ti abbandono avverso la cartella esattoriale notificata per un importo pari a Euro 13.741,38 a titolo di mancato pagamento di contributi previdenziali. 2. La Corte riferiva che l'addebito aveva ad oggetto rapporti di lavoro con 5 lavoratori, formalmente volontari, ma qualificati dall'INPS come dipendenti. La Corte territoriale permetteva che la ripartizione dell'onere probatorio secondo il principio desumibile dall'articolo 2697 CC dev'essere temperato dall'applicazione del principio del dovere di ciascuna parte di esporre compiutamente i rispettivi assunti e che nel caso l'associazione non aveva dimostrato che la prestazione dei soggetti interessati fosse resa a titolo di volontariato. Argomentava in primo luogo che l'associazione esercitava un canile multizonale per il Comune di Civitanova, in esecuzione di un contratto di appalto con il Comune, e che è conforme alle esigenze economiche e organizzative del rapporto l'omologazione al rapporto di lavoro subordinato tra il datore di lavoro gestore di un canile e i lavoratori che provvedano concretamente allo stesso. Rilevava che i lavoratori erano compensati con importi di esigua entità, denominati rimborso spese, grosso modo assimilabili all'ammontare di un'eventuale retribuzione proporzionata al valore economico delle prestazioni rese , senza che fosse fornita spiegazione del loro ammontare con riferimento a oneri sostenuti, e che non era credibile che i lavoratori non dovessero rispettare un orario di lavoro in considerazione della necessità di funzionamento del canile. 3. Per la cassazione della sentenza l'Associazione Onlus Io non ti abbandono ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi. L' INPS ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso. Considerato che 4. come primo motivo di ricorso l'Associazione deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 434 c.p.c. e lamenta che la Corte d'appello non si sia pronunciata sull' eccezione d'inammissibilità del ricorso sollevata nella memoria d'appello, considerato che il gravame dell'Inps risultava del tutto generico. 5. Come secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 436 bis e 348 bis c.p.c. Ribadisce che l'appello non aveva ragionevole probabilità di essere accolto non avendo controparte dimostrato l'esistenza della subordinazione. 6. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. Sostiene che la Corte d'appello avrebbe riconosciuto la legittimità della pretesa contributiva dell'INPS senza nessuna valutazione dei requisiti inerenti la subordinazione, ma invertendo l'onere probatorio in capo all'associazione. 7. Come quarto motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 2094 e seguenti c.c. e dell'articolo 116 c.p.c. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto configurabile la subordinazione in difetto dei requisiti previsti dagli articoli 2094 c.c. ed all'esito di un'errata comparazione tra volontariato e lavoro subordinato, senza prendere in considerazione quanto emerso dalla fase istruttoria. 8. Come quinto motivo deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nella mancata analisi delle prove testimoniali. Sostiene che la Corte d'appello avrebbe totalmente trascurato la fase istruttoria del procedimento di primo grado della quale erano emersi elementi che escludevano la subordinazione, quali in particolare le dichiarazioni testimoniali dei soci che avevano affermato di non ricevere nessuna direttiva dal Presidente, di ricevere somme a titolo di rimborso spese e di non avere un obbligo di presenza. 9. Il primo e secondo motivo del ricorso sono inammissibili. Questa Corte a Sezioni Unite ha da ultimo ribadito che La Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in error in procedendo , è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio , né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall'accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l'emenda dell'errore denunciato Cass. n. 20181 del 25/07/2019 . 10. Nel caso, il ricorso non rispetta i richiamati canoni di specificità, considerato che ivi non viene trascritto il contenuto del ricorso in appello dell'Inps, né della sentenza di primo grado, il che non è sufficiente per consentire di comprendere la portata della doglianza ed accedere all'esame diretto degli atti imposto dalle censure così come formulate v. Cass. n. 2143 del 5/2/2015 . 11. Il terzo motivo di ricorso è invece fondato. 12. Nella parte in cui ha affermato che incombeva sull'associazione fornire la prova del rapporto di volontariato, la Corte d'appello non si è attenuta al principio consolidato secondo il quale in tema di riscossione di contributi previdenziali, l'opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale, sicché grava sull'ente previdenziale l'onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa, quali la natura subordinata del rapporto di lavoro v. ex aliis Cass. n. 10583 del 28/04/2017, Cass. n. 19469 del 20/07/2018 . 13. Parimenti fondati sono gli altri motivi la Corte d'appello, pur libera di scegliere le fonti del proprio convincimento, selezionando quelle ritenute più attendibili o maggiormente significative, non solo non ha esaminato le prove testimoniali assunte, ma neppure si è fatta carico di spiegare il perché abbia aderito acriticamente alla soluzione dell' attività di lavoro subordinato, apparendo del tutto inadeguato e insufficiente il ragionamento presuntivo adottato, ricorrendo al notorio desunto dalla natura dell'attività esercitata dal canile, in mancanza di un qualsivoglia accertamento in ordine alle modalità con le quali si sono in concreto attuati i rapporti di lavoro. 14. Più precisamente, il ragionamento presuntivo seguito dal giudice di merito non è sostenuto da fatti noti , da cui sia possibile desumere il fatto ignoto, ossia la soggezione della lavoratrice al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, si da qualificare il rapporto nello schema del lavoro subordinato in luogo della associazione in partecipazione voluta dalle parti. E' pur vero che nel ragionamento presuntivo gli elementi assunti a fonte di presunzione non necessariamente devono essere più di uno, potendo il convincimento del giudice del merito fondarsi anche su un unico elemento né è necessario che tra l'unico fatto noto e il fatto ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità Cass. 10/1/2006, n. 154 Cass. 29/5/2006, n. 12802 . Ma tale rapporto di normalità , nel senso di connessione verosimile e probabile di accadimenti, non è rintracciabile nel caso in esame, non avendo la Corte indicato elementi di riscontro dell'esistenza di una relazione di coerenza fra convincimento e fonti probatorie, la cui mancanza è stata denunciata in maniera specifica dalla odierna ricorrente. 15. Né può invocarsi il principio affermato da Cass. n. 9468 del 18/04/2013, secondo il quale non ricorrono gli estremi della prestazione di volontariato nel caso in cui, per l'attività espletata, siano state corrisposte somme di danaro, essendo onere della parte convenuta in giudizio per il riconoscimento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato dimostrare che la loro corresponsione sia avvenuta, invece, a titolo di rimborso spese, non superando l'ammontare di queste in quanto nel caso gli importi percepiti vengono qualificati assimilabili all'ammontare di un'eventuale retribuzione proporzionata al valore economico delle prestazioni rese senza alcuna giustificazione di tale affermazione con riferimento ai parametri, anche quantitativi, di valutazione adottati. 16. I tre motivi devono dunque essere accolti e la sentenza cassata in relazione ad essi, con rinvio ad altro giudice di appello che procederà ad un nuovo esame della controversia e regolerà anche le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. la Corte accoglie il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso dichiara inammissibili gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.