La mancanza del progetto o del programma comporta una conversione ope legis del rapporto

Seppur il progetto, il programma di lavoro o la fase di esso non debbano per forza inerire a un’attività eccezionale, originale o diversa da quella ordinaria svolta dal datore, tuttavia occorre che l’attività dedotta in contratto sia riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di lavoro, determinati dal committente e gestiti dal collaboratore proprio in funzione del risultato stesso dedotto in contratto, essendo proprio l’individuabilità del risultato ciò che giustifica l’autonomia gestionale del rapporto.

Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 2854/2019, facendo il punto sulle sanzioni conseguenti alle ipotesi di contratti a progetto non conformi alla legge. La disciplina. L’art. 69 d.lgs. n. 276/2003 abrogato dal d.lgs. n. 81/2015 stabiliva al comma 1 che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto” e al comma 2 che salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l'attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente”. E’ evidente, quindi, che nel primo caso operi una presunzione assoluta, con conseguente conversione ope legis del rapporto e, nel secondo caso, invece, rilevino le concrete modalità lavorative, nonostante la sussistenza di un valido progetto/programma/fase di esso. Il caso. In controversia previdenziale instaurata da una società contro un avviso di addebito Inps, i Giudici di merito hanno fatto applicazione del disposto del comma 1 dell’art. 69 d.lgs. n. 276/2003, facendo leva sull’assenza di un progetto, evidenziando come ciò non consenta al lavoratore di realizzare lo scopo stesso della collaborazione. Le censure. La società ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge da parte della Corte di Appello, in quanto non avrebbe distinto il concetto di programma da quello di progetto, ritenendo quest’ultimo coincidente con l’oggetto sociale e, comunque, avendo sminuito le circostanze fattuali per cui i lavoratori non erano stati inseriti nella struttura aziendale, mancando gli indici della subordinazione. Le affermazioni di diritto. La Cassazione ha ricordato come la previsione del comma 1 dell’art. 69 d.lgs. n. 276/2003 veicoli l’intento sanzionatorio del legislatore per le ipotesi in cui il rapporto coordinato e continuativo non sia riconducibile a uno specifico progetto o programma di lavoro mediante l’operatività di una presunzione assoluta e del meccanismo automatico di conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’origine si è inteso scongiurare l’utilizzo di forme di collaborazioni coordinate e continuative in assenza di progetto o programma, pur nella dimostrazione del carattere autonomo del rapporto stesso. Il legislatore, quindi, ha inteso vietare l’insaturazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che, pur avendo ad oggetto genuine prestazioni di lavoro autonomo, non siano riconducibili a un progetto ciò per contrarietà di detti rapporti alla norma imperativa che impone l’obbligo di utilizzare il nuovo tipo contrattuale. La specificità. È sufficiente che il progetto, il programma di lavoro o la fase di esso siano specifici, potendo riguardare l’ordinaria e complessiva attività di impresa, non dovendo per forza inerire ad attività eccezionale ciò che conta è che da detta specificità si evinca il risultato cui mira il committente. Infatti, proprio in risultato è ciò che giustifica l’autonomia gestionale del progetto o del programma. La Corte, infine, ha specificato come i termini progetto e programma siano, nell’intento legislativo, sinonimi, così come si evince anche dalla lettura dell’art. 62 del medesimo decreto. I fatti concreti. Il ricorso è stato respinto, nella condivisione della ricostruzione operata da entrambi i giudici di merito. I lavoratori oggetto del provvedimento opposto avevano sottoscritto contratti privi dell’individuazione di specifico progetto o programma, essendo meramente stata indicata l’attività da svolgere contatto di potenziali clienti e clienti con modalità di call center , certamente e notoriamente priva di specificità, con appiattimento del solo formalmente previsto progetto/programma sull’ordinario oggetto sociale a ciò ha correttamente fatto seguito l’operatività della conversione prevista dal comma 1 dell’art. 69 d.lgs. n. 276/2003, applicabile ratione temporis .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 novembre 2019 – 6 febbraio 2020, n. 2854 Presidente Manna – Relatore Calafiore Rilevato che 1. la Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 60/2014, ha accolto parzialmente solo con riferimento al rapporto di lavoro relativo a S.M. l’appello proposto da CENTAX TELECOM s.r.l. contro la sentenza di primo grado di rigetto della opposizione alla cartella di pagamento emessa dall’Inps, a seguito di accertamento ispettivo, con cui si chiedeva il pagamento di contributi per gli anni 2004-2007 relativi alla posizione di 111 lavoratori subordinati, con i quali erano stati stipulati contratti di lavoro a progetto nell’ambito di una attività aziendale di call center 2. la Corte territoriale, confermando sul punto la decisione di primo grado, ha riscontrato la mancanza di un progetto, di un programma o di una fase dello stesso sufficientemente specifico, al cospetto di una attività strumentale e continuativa attinente al normale ciclo produttivo dell’impresa rispetto alla quale non era prospettabile il raggiungimento di un risultato concreto e definitivo la sentenza impugnata ha dedotto da tali considerazioni, sul piano interpretativo, l’essenzialità del progetto nel rapporto di lavoro in questione, la cui conoscenza è necessaria perché il lavoratore abbia contezza dell’oggetto della propria attività e realizzi lo scopo della collaborazione ciò giustifica l’interpretazione adottata in ordine alla natura assoluta della presunzione di subordinazione, in mancanza di valido progetto o programma, derivante dal testo del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1 peraltro, la sentenza impugnata -pur non condividendo la teoria della presunzione relativa sulla natura subordinata del rapporto in esame adottata dalla sentenza di primo grado ha per completezza rilevato che le risultanze istruttorie avevano dimostrato comunque la natura subordinata dei rapporti lavorativi in questione infatti, l’istruttoria espletata 19 testimoni , diversamente da quella relativa al rapporto di S.M. , aveva dimostrato che i lavoratori operavano nella struttura aziendale della Centax, avevano una propria posizione di lavoro ed utilizzavano strumenti aziendali, erano seguiti da supervisori di sala che li controllavano ogni volta che rendevano la prestazione, percepivano una retribuzione proporzionata alle ore di lavoro e, se una volta data la disponibilità a lavorare non si presentavano al lavoro ciò era avvenuto solo per fatti sopravvenuti che comunicavano a CENTAX TELECOM s.r.l. tali lavoratori non seguivano una determinata campagna o un certo cliente ma si mettevano a disposizione di CENTAX TELECOM s.r.l., non essendo rilevante che i lavoratori fossero presenti secondo le loro disponibilità comunque manifestate alla società avverso tale sentenza CENTAX TELECOM s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sostenuto da due motivi, al quale ha resistito l’Inps con controricorso. Considerato che con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, nella parte in cui prevede che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa debbano essere riconducibili ad uno o più progetti o programmi specifici determinati dal committente o gestiti autonomamente dal collaboratore si addebita alla sentenza impugnata di aver errato in punto di accertamento della genericità dei progetti in considerazione del testo vigente ratione temporis anteriore alla modifica di cui alla L. n. 92 del 2012 , posto che non aveva distinto il progetto dal programma e non aveva considerato che i contratti in questione riportavano uno specifico programma, rispondendo a due effettive tipologie inoltre, l’erronea sovrapposizione della nozione di progetto a quella di programma di lavoro aveva comportato l’assenza di accertamento sulla sussistenza di quest’ultimo ed, in ogni caso, la sentenza era errata anche laddove aveva sostenuto che il progetto indicato coincideva con l’oggetto societario con il secondo motivo si deduce violazione sempre del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 in relazione all’art. 2094 c.c., stavolta sotto il profilo della erroneità dell’interpretazione che aveva sminuito la rilevanza del dato che ciascun lavoratore, in concreto, aveva reso una prestazione di lavoro coordinata e continuativa e le risultanze istruttorie avevano dimostrato la mancanza del suo inserimento nella struttura aziendale e degli altri indici della subordinazione i due motivi, in quanto connessi, vanno trattati congiuntamente e sono infondati questa Corte ha statuito che In tema di lavoro a progetto, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. f , si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso Cass. 31/8/2016, n. 17448 Cass. 17/08/2016, n. 17127 Cass. 21/6/2016,n. 12820 Cass. 10/5/2016, n. 9471 nei precedenti citati si è precisato che a il comma 1 dell’art. 69, introduce una vera e propria disposizione sanzionatoria per il caso di mancata riconducibilità del rapporto coordinato e continuativo ad uno specifico progetto o programma, disponendo tout court che il rapporto è considerato di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’origine, espressione tipica dei casi di c.d. conversione del rapporto ope legis quali ad es. le fattispecie interpositorie o di illegittima apposizione del termine finale di durata al contratto di lavoro b una diversa interpretazione, volta a ritenere ammissibile la prova diretta a dimostrare l’insussistenza della subordinazione presunta finirebbe per legittimare la perpetuazione -delle collaborazioni coordinate e continuative anche in assenza di uno specifico progetto e programma, ogni qualvolta il committente riuscisse a dimostrare il carattere autonomo del rapporto contrattuale, che è proprio l’effetto che il legislatore del 2003 intendeva scongiurare c questa opzione interpretativa spiega anche la differenza tra la previsione del comma 1 di cui all’art. 69 rispetto al meccanismo sancito dal comma 2 di detta disposizione benché, invero, entrambe siano sanzionate con l’applicazione della disciplina propria dei rapporti di lavoro subordinato, si tratta di fattispecie strutturalmente differenti, giacché nella prima rileva il dato formale della mancanza di uno specifico progetto a fronte di una prestazione lavorativa che, in punto di fatto, rientra nello schema generale del lavoro autonomo, laddove nella seconda rilevano le modalità di tipo subordinato con cui, nonostante l’esistenza di uno specifico progetto, è stata di fatto resa la prestazione lavorativa vedi in tal senso, in motivazione Cass. 10/5/2016 n. 9471 questa interpretazione della norma non induce dubbi di legittimità costituzionale, con riguardo sia agli artt. 3 e 38 Cost. che con riguardo agli artt. 101 e 104 Cost. in quanto la Corte costituzionale, con la sentenza n. 399 del 5 dicembre 2008, pervenendo alla declaratoria di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, ha rimarcato come la novità introdotta dagli artt. 61 e segg. del D.Lgs. cit. risieda proprio nel divieto di instaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che, pur avendo ad oggetto genuine prestazioni di lavoro autonomo, non siano riconducibili ad un progetto, divieto che risulta giustificato dalla contrarietà di detti rapporti alla norma imperativa che prescrive l’obbligo di utilizzare il nuovo tipo legale di contratto ex art. 1418 c.c. in altri termini, la conversione del contratto di lavoro autonomo continuativo, instaurato senza progetto, in rapporto di lavoro subordinato è la conseguenza della valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, attraverso la previsione del D.Lgs. n. 386 del 2003, art. 69, comma 1 come è stato osservato anche in dottrina, la tecnica usata è quella della nullità del contratto, che sia stato in concreto posto in essere senza progetto o senza un progetto specifico , accompagnata dalla sua cd. conversione o trasformazione ope legis mediante la sostituzione di diritto delle clausole invalide con la disciplina inderogabile del rapporto, nè si giustificano dubbi di legittimità costituzionale con riguardo alla regola dell’indisponibilità del tipo contrattuale secondo i principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 115 del 1994 e 121 del 1993 posto che la Corte costituzionale ha stabilito il principio secondo cui spetta al legislatore stabilire la qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro, pur non essendo allo stesso consentito negare la qualifica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura la definizione legale del contratto a progetto, fornita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 abrogato del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 52 , prevede, per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, anche la riconducibilità dell’attività a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa la norma in esame non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa, tuttavia è necessaria la riconducibilità dell’attività a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa il risultato diventa così un fattore chiave che giustifica l’autonomia gestionale del progetto o del programma di lavoro, sia nei tempi sia nelle modalità di realizzazione, e ciò perché l’interesse del creditore è relativo al perfezionamento del risultato convenuto che, pur non necessariamente identificandosi in uno specifico opus, deve in ogni caso assumere una sua precisa connotazione, differenziandosi dalla mera disponibilità, da parte del committente, di una prestazione di lavoro eterodiretta, tipica del rapporto di lavoro subordinato conseguentemente, al committente viene richiesto di esplicitare ex ante, in forma scritta su cui cfr. Cass. 19 aprile 2016, n. 7716 , l’obiettivo che il contratto si prefigge di raggiungere ed il risultato della prestazione richiesta al collaboratore, che deve essere necessariamente rivolta a quell’obiettivo non viene, invece, richiesto che il progetto abbia ad oggetto un’attività altamente specialistica o di particolare contenuto professionale, e tanto meno che sia unica e irripetibile in questa chiave interpretativa, il requisito della specificità deve riguardare tanto il progetto quanto il programma o la fase di lavoro , non ravvisandosi differenze concettuali tra i due termini e la riprova che per il legislatore programma e progetto siano sostanzialmente sinonimi si rinviene nel successivo art. 62, che nel disciplinare la forma ed il contenuto del contratto dispone alla lett. b che il contratto debba contenere la indicazione del progetto o programma di lavoro, o fase di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto , così ponendo sullo stesso piano, indifferentemente, programmi e progetti i quali devono essere entrambi caratterizzati dalla esatta individuazione della prestazione richiesta al lavoratore e dalla relativa indicazione nell’atto scritto la specificità del progetto, programma o fase diviene dunque l’elemento caratterizzante un legittimo rapporto di lavoro a progetto nel caso di specie, il suddetto requisito della specificità non è stato previsto nei contratti in relazione ad un progetto o programma, bensì con riferimento ad attività certamente prive di specificità, trattandosi come riporta la stessa ricorrente alla pag. 10 del ricorso di attività di gestore di contatti telefonici definendo per contatto una relazione instaurata con il cliente tramite telefono, email, fax ed altri strumenti a disposizione dell’agente telefonico, con l’obiettivo di gestire secondo criteri di qualità stabiliti i contatti telefonici che si presentano durante l’attività lavorativa, oppure di rispondere o effettuare telefonate per fornire informazioni relative a prodotto/evento/servizio utilizzando gli strumenti messi a disposizione della società su liste di clienti acquisiti o clienti potenziali tali indicazioni, in mancanza di qualsiasi ulteriore descrizione, determinano la sostanziale mera coincidenza con la normale attività di impresa del call center, e, dunque risultava rivolta a soddisfare esigenze ordinarie e continuative della committente in definitiva, il ricorso va rigettato le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’INPS, in Euro 13000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 1 5 % e spese accessorie di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.