Il pagamento delle spese di giudizio quando parte processuale è la PA

Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione stia in giudizio avvalendosi di un funzionario amministrativo appositamente delegato, la stessa non può ottenere la condanna del soccombente al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando nel funzionario medesimo le relative qualità.

Sul tema torna ad esprimersi l’ordinanza della Suprema Corte n. 2362/20, depositata il 3 febbraio. I fatti. La Corte d’Appello, decidendo sull’impugnazione del Ministero della Difesa respingeva le domande proposte dal dipendente volte ad ottenere il riconoscimento del diritto al trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori svolte in un determinato periodo. Avverso tale decisione, il lavoratore propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata in ordine alla liquidazione delle spese di giudizio. Spese processuali. Nel caso qui esaminato risulta dagli atti che nel giudizio di primo grado l’Amministrazione convenuta si era costituita a mezzo dei propri dipendenti, pertanto trova applicazione il principio secondo cui quando l’Amministrazione stia in giudizio avvalendosi di un funzionario amministrativo appositamente delegato, la stessa non può ottenere la condanna del soccombente al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando nel funzionario che sta in giudizio le relative qualità per cui, in favore dell’ente, sono liquidabili in tal senso le spese, diverse da quelle generali, che abbia in concreto affrontato in quel giudizio e che risultino da apposita nota. Non potendo quindi essere riconosciuti in favore del Ministero i diritti e gli onorari dell’avvocato, difettando la qualità in capo ai dipendenti costituiti in giudizio, mancando ra l’altro anche apposita nota depositata dall’Amministrazione stessa al fine di dimostrare si aver sostenuto eventuali spese vive”, il ricorso è accolto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 30 ottobre 2019 – 3 febbraio 2020, n. 2362 Presidente Tria – Relatore Marotta Rilevato che 1. con sentenza n. 9987, resa in data 30 gennaio 2014, la Corte d’appello di Roma, decidendo sull’impugnazione principale del Ministero della Difesa e su quella incidentale di V.O. , respinta la seconda, in accoglimento della prima ed in riforma della decisione di primo grado, respingeva le domande proposte dal V. volte ad ottenere il riconoscimento del diritto al trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori svolte nei periodi 2/1/199826/7/1999, 26/7/1999-21/10/2002 e 21/1/2005-24/7/2006 la Corte territoriale confermava, in particolare, la pronuncia di prime cure quanto alla ritenuta esclusione dello svolgimento di mansioni superiori nei periodi 26/7/1999-21/10/2002 e 21/1/2005-24/7/2006 e riteneva, quanto al periodo 2/1/1998-26/7/1999 oggetto di riconoscimento da parte del Tribunale prescritto il relativo credito 2. avverso tale decisione V.O. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi 3. il Ministero della Difesa è rimasto intimato 4. non sono state depositate memorie. Considerato che 1. con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 417 bis c.p.c. censura la sentenza impugnata per aver liquidato in Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA, le spese del giudizio di primo grado in favore del Ministero della Difesa, difesosi innanzi al Tribunale a mezzo di propri dipendenti, laddove la liquidazione delle spese, insieme con gli onorari di difesa, presuppone che la parte vittoriosa si sia avvalsa della c.d. difesa tecnica 2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 11 disp. gen. c.c., nonché dell’art. 152 bis disp. att. c.p.c. censura la sentenza impugnata, sempre in punto di liquidazione delle spese processuali del giudizio di primo grado, per non essere tale liquidazione supportata da alcun presupposto giuridico e/o da alcun riferimento normativo non essendo ratione temporis applicabile alla fattispecie in questione l’art. 152 bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 4, comma 42 3. i motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione dell’intrinseca connessione, sono fondati 3.1. risulta dagli atti puntualmente richiamati a pag. 5 del ricorso per cassazione che, nel giudizio di primo grado, l’Amministrazione convenuta si era costituita a mezzo di propri dipendenti ai sensi dell’art. 417 bis c.p.comma si vedano le pagg. 1 e 10 della comparsa di costituzione - docomma 4 prodotto in uno con il ricorso - 3.2. ed allora va fatta applicazione del principio reiterato nella giurisprudenza di questa Corte v. Cass. 20 dicembre 2017, n. 30597 Cass. 24 maggio 2011, n. 11389 Cass. 27 agosto 2007, n. 18066 Cass. 27 aprile 2016, n. 8413 secondo cui quando l’Amministrazione stia in giudizio avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, la stessa non può ottenere la condanna del soccombente al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono, in tal caso, liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purché risultino da apposita nota 3.3. nella specie non potevano essere riconosciuti in favore del Ministero della Difesa i diritti e gli onorari di avvocato, difettando tale qualità in capo ai dipendenti costituiti nè era mai stata depositata dall’Amministrazione apposita nota al fine di dimostrare di aver sostenuto eventuali spese vive” 3.4. non era applicabile al giudizio in questione l’art. 152 bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla L. n. 183 del 2011, art. 4, comma 42, parzialmente modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 31, secondo il quale Nelle liquidazioni delle spese di cui all’art. 91 c.p.c., a favore delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2 e successive modificazioni, se assistite da propri dipendenti ai sensi dell’art. 417-bis c.p.c., si applica il decreto adottato ai sensi del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto La disposizione di cui al presente comma si applica alle controversie insorte successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge per espressa previsione, infatti, tale disposizione non è applicabile ai giudizi pendenti ma solo alle controversie instaurate successivamente al 1 gennaio 2012 mentre, nel caso in esame, il ricorso di primo grado è stato depositato in data 21 febbraio 2008 4. in definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente relativa decisione nel merito nei sensi di cui in dispositivo, ferma rimanendo nel resto la pronuncia di appello e l’ulteriore statuizione sulle spese del giudizio di secondo grado 5. infine sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità considerato che il Ministero che non ha opposto difese alla tesi del ricorrente nè aveva dato in alcun modo causa all’errore qui fondatamente denunciato 6. non sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non dovute da parte di V.O. le spese del giudizio di primo grado, ferma restando l’ulteriore statuizione sulle spese del giudizio di appello. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.