Per l’inquadramento superiore è necessario lo svolgimento di tutte le mansioni previste

Vacilla la pretesa avanzata da una dipendente dell’INPS. Censurata in Cassazione la valutazione compiuta in appello, laddove si è sostenuto che l’effettuazione di alcune mansioni, accompagnata dalla competenza a svolgere anche le altre connesse allo specifico profilo professionale, è sufficiente per riconoscere il migliore inquadramento e la maggiore retribuzione.

Lo svolgimento in concreto di alcune operazioni connesse a una determinata figura professionale – superiore a quella prevista dall’inquadramento assegnato al lavoratore –, accompagnato dalla attitudine a prendersi in carico anche i restanti oneri operativi, non è sufficiente per riconoscere l’effettuazione di mansioni superiori” con relativa retribuzione Cassazione, sentenza n. 29421/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Processo. Protagonisti dello scontro sono l’INPS e una sua dipendente che chiede ai giudici di accertare che ella ha svolto mansioni superiori all’ inquadramento formale a lei assegnato, avendo operato come ‘Consulente della protezione sociale’. La domanda viene respinta dai giudici del Tribunale, e accolta invece dai giudici della Corte d’appello questi ultimi annotano che la lavoratrice ha sì svolto alcune mansioni specifiche inerenti gli assegni per il nucleo familiare e le quote sindacali ma ha anche mostrato una accertata attitudine a svolgere tutte le fasi del processo produttivo indicato e quindi una potenziale capacità di assumere le responsabilità proprie dell’intera Area . Prestazione. La decisione favorevole alla lavoratrice viene contestata dall’INPS che tramite i propri legali propone ricorso in Cassazione, mirando a ridimensionare il ruolo concreto avuto dalla dipendente. In sostanza, gli avvocati sostengono che è un errore evidente ritenere che non sia necessario per il riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori l’effettivo espletamento di tutte le fasi del processo produttivo ma valutare sufficiente invece il compimento di alcune di quelle mansioni e l’attitudine allo svolgimento di tutte le altre previste per la specifica figura professionale. E in questa ottica viene aggiunto che il processo produttivo è da intendere nella sua interezza, come inerente le prestazioni a sostegno del reddito, non essendo sufficiente l’adibizione ad un sottoprocesso quale quello assegnato alla donna e inerente i soli assegni per il nucleo familiare e le quote sindacali . La distinzione compiuta in secondo grado viene censurata dai giudici della Cassazione, i quali ribattono che è illogico affermare che il livello è attribuibile alla lavoratrice sulla base della sua attitudine a svolgere tutte le fasi di un processo , pur se in concreto ne ha svolte solo alcune singolarmente. I magistrati tengono a precisare che il diritto alla percezione degli emolumenti relativi allo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento può aversi solo allorquando vi sia effettiva prestazione . Di conseguenza, è irrilevante la mera attitudine o la competenza astratta a svolgere tutte le fasi del processo , concludono i giudici, fornendo una chiara linea alla Corte d’appello che dovrà riprendere in mano la battaglia tra INPS e lavoratrice.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 luglio – 13 novembre 2019 n. 29421 Presidente Napoletano – Relatore Belle’ Fatti di causa 1. La Corte d'Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale di Rieti, ha accolto la domanda con cui El. Bo. aveva chiesto accertarsi lo svolgimento da parte sua, dal 1.1.2005, di mansioni superiori riconducibili all'Area C, inquadramento C1, in luogo di quelle di formale inquadramento come B2/B3. La Corte, sul presupposto che il giudice di primo grado avesse accertato le mansioni effettivamente svolte, riteneva che la decisione della causa ruotasse attorno allo stabilire se per il livello C fosse sufficiente che lo svolgimento solo di alcune fasi di un determinato processo produttivo si accompagnasse alla accertata attitudine di svolgere tutte le fasi medesime. Ciò posto, la Corte riteneva che al fine del riconoscimento dello svolgimento di mansioni di Area C non vi fosse necessità che il lavoratore avesse responsabilità dell'intero processo, essendo sufficiente appunto che fosse denotata l'attitudine allo svolgimento delle attività ed all'assunzione delle responsabilità proprie dell'Area 2. Avverso la sentenza l'I.N.P.S. ha proposto ricorso per cassazione con un unico articolato motivo, resistito da controricorso della Bo Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso l'I.N.P.S. sostiene la violazione e falsa applicazione art. 360 n. 3 c.p.c. degli artt. 13, 16 e 24 del C.C.N.L. 1998/2001, nonché dell'art. 56 D.Lgs. 29/1993 ora 52 D.Lgs. 165/2001 e degli artt. 1362 ss. c.c Secondo l'ente, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che non fosse necessario, al fine del riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori, l'effettivo espletamento di tutte le fasi del processo produttivo interessato, ma solo lo svolgimento di alcune di esse pur con l'attitudine allo svolgimento anche di tutte le altre aggiunge poi che il processo produttivo è da intendere nella sua interezza, come inerente le prestazioni a sostegno del reddito, non essendo sufficiente l'adibizione ad un sottoprocesso, quale era quello inerente i soli assegni per il nucleo familiare e \e quote sindacali. 2. Il ricorso è fondato. La Corte territoriale muove da una distinzione, da essa stessa impostata, tra attitudine o competenza a svolgere le intere fasi di un processo ed effettivo svolgimento di alcune o tutte le fasi del processo. Per concludere che pur non essendovi stata assunzione della responsabilità finale dell'intero processo , le mansioni svolte denotano l'attitudine all'assunzione della necessaria responsabilità . L'errore di diritto, nel contesto di un'argomentazione giuridica nel complesso poco lineare, in cui si afferma ambiguamente che il livello C sarebbe attribuibile sulla base dell'attitudine a svolgere tutte le fasi di un processo pur se in concreto svolte singolarmente , è palese Infatti, secondo quanto si desume dall'art. 52, co. 4, D.Lgs. 165/2001, il diritto alla percezione degli emolumenti relativi allo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento può aversi solo allorquando vi sia effettiva prestazione . La norma citata riguarda in effetti il caso di valida assegnazione, ma è intrinseco alla fattispecie il fatto che analoga regola valga anche per la assegnazione nulla a mansioni superiori ai sensi del successivo comma 5 del medesimo art. 52. La mera attitudine o competenza astratta a svolgere tutte le fasi del processo di assegnazione, su cui alla fine fa leva la sentenza, se poi se ne siano di fatto svolte solo alcune, non è dunque idonea al riconoscimento del diritto rivendicato. 3. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla medesima Corte territoriale, in diversa composizione, affinché valuti il compendio dei fatti risultanti in istruttoria sulla base del principio che precede e quindi di quanto effettivamente svolto. Ne resta assorbita ogni diversa questione, da prendere semmai in considerazione, se ed in quanto rilevante, nel medesimo giudizio di rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.