Il potere discrezionale del giudice nella determinazione del compenso dell’avvocato

Per la determinazione del compenso dovuto per le prestazioni d’opera intellettuale l’art. 2233 c.c. individua tre criteri in primo luogo attribuisce rilevanza alla convenzione intervenuta tra le parti in mancanza di questa alle tariffe ed agli usi altrimenti alla determinazione del giudice.

Sul punto l’ordinanza della Suprema Corte n. 29212/19, depositata il 12 novembre, chiamata ad intervenire nell’ambito di un giudizio di liquidazione degli onorari dell’avvocato per aver assistito un cliente in un giudizio avente ad oggetto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una società. L’avvocato stesso ricorre in Cassazione considerando erronea la decisione del merito nella parte in cui ha ridotto gli onorari in assenza di specifica domanda di parte. I criteri di determinazione dell’onorario del professionista. L’art. 2233 c.c. dispone che il compenso dovuto per le prestazioni d’opera intellettuale, se non è stabilito dalle parti e se non può essere stabilito secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale cui il professionista appartiene. Tale articolo, dunque, riconosce un potere discrezionale al giudice che, se determinato congruamente in conformità alle tariffe professionali, è insindacabile in Cassazione. L’unico limite posto a tale potere è che il giudice non può liquidare gli onorari al di sotto dei minimi tariffari indicati dal d.m. n. 55/2014 . Ebbene nel caso in esame si è fatta corretta applicazione di tali disposizioni e risulta che gli onorari liquidati nel provvedimento impugnato sono comunque superiori ai minimi tariffari previsti per la fascia di valore della controversia, che rappresenta un valido criterio in sede di determinazione giudiziale ex art. 2233 c.c. a garanzia dell’attività professionale svolta dall’avvocato. Il ricorso va, dunque, rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 18 giugno – 12 novembre 2019 n. 29212 Presidente/Relatore Doronzo Rilevato che la Corte d’appello di Messina, con ordinanza pubblicata in data 3/7/2017, resa nel procedimento di cognizione sommaria disciplinato dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 14, Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 54 , sul ricorso proposto dall’avvocato N.A. , ha condannato M.N. al pagamento in favore della professionista della somma di Euro 6.817,50, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della sentenza, e ha compensato per intero le spese di lite la Corte ha ritenuto che l’importo preteso dall’avvocato per aver assistito il resistente in un giudizio, avente ad oggetto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della Rete Ferroviaria Italiana e la condanna al pagamento di differenze retributive, fosse rispettoso delle tariffe professionali, e in particolare dei valori medi, considerato che il valore della causa, secondo le tabelle di cui al D.M. n. 55 del 2014, rientrava nello scaglione compreso tra Euro 52.000 e Euro 260.000 che, tuttavia, le questioni trattate non potevano ritenersi di particolare complessità, essendo comuni a una pluralità di giudizi dello stesso tipo proposti dalla medesima professionista in favore di altri lavoratori marittimi che, inoltre era stata rigettata la domanda risarcitoria di danno esistenziale, sì che sussistevano ragioni per una riduzione al 50% dei compensi richiesti contro l’ordinanza la N. ha proposto ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., al quale si è opposto l’intimato con controricorso la proposta del relatore è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata la ricorrente ha depositato memoria. Considerato che i motivi di ricorso sono tre 1.- violazione e falsa applicazione dell’art. 151 disp. att. c.p.c., D.M. n. 55 del 2014, artt. 2 e 4, art. 2233 c.c., art. 36 Cost., artt. 112 e 115 c.p.c., art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 assume la ricorrente l’erroneità della decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha ridotto gli onorari in assenza di una specifica domanda di parte e della non contestazione della loro misura la riduzione al 50% ha violato il principio dell’adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera e al decoro della professione, senza adeguata motivazione, e comunque con motivazione contraddittoria è altresì erroneo il richiamo al D.M. n. 55 del 2014, art. 19, il quale si riferisce al compenso per prestazioni stragiudiziali, infine, la Corte non ha considerato che il D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 3, D.M. cit., prevede che, in caso di difesa di più parti con la stessa posizione processuale, la misura del compenso unico può essere ridotta al 30% per l’assistenza di un solo soggetto 2.- violazione o falsa applicazione degli artt. 1224, 1284 c.c., art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 assume che, nonostante la sua espressa richiesta, la Corte non aveva riconosciuto gli interessi moratori, da calcolarsi dalla domanda e in conformità al combinato disposto dell’art. 1284 c.c., comma 4, e D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5, che individua su base semestrale il tasso di riferimento degli interessi legali di mora, come pubblicato in Gazzetta Ufficiale a cura del MEF 3.- violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 assume l’erroneità della decisione nella parte in cuì ha compensato le spese di lite nonostante la totale soccombenza del resistente e fuori dalle ipotesi tassative di compensazione, come indicate nell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 13, applicabile ai giudizi instaurati a far data dal 12/12/2014 4.- il ricorso è ammissibile questa Corte ha infatti già affermato che l’ordinanza, espressamente definita non impugnabile dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, e con cui si conclude lo speciale procedimento ivi previsto, ha indubbiamente natura decisoria sicché deve esserne consentita la ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., Cass. 17/05/2017, n. 12411 Cass. Sez. Un. 23/2/2018, n. 4485 5.- il primo motivo è manifestamente infondato 5.1.- l’art. 2233 c.c., dispone che il compenso dovuto per le prestazioni d’opera intellettuale, se non è convenuto dalle parti e se non può essere stabilito secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene 5.2.- la norma pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza, in primo luogo, alla convenzione intervenuta fra le parti e poi, esclusivamente in mancanza di quest’ultima ed in ordine successivo, alle tariffe ed agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’art. 36 Cost., comma 1, applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato Cass. 25/1/2017, n. 1900 Cass. 04/06/2018, n. 14293 5.3.- è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’art. 2233 c.c., nella parte in cui dispone che, in mancanza di accordo tra le parti, il compenso è determinato dal giudice in base alle tariffe, attribuisce un potere discrezionale al giudice che, se congruamente motivato ed esercitato in conformità alle tariffe professionali, è insindacabile in cassazione sul potere discrezionale del giudice la giurisprudenza, anche risalente, è costante v. Cass. 30/10/1996, n. 9514 Cass. 18/04/1998, n. 3982 Cass. 31/01/2017, n. 2386 5.4.- il potere discrezionale può esplicarsi anche nell’aumento o nella riduzione dei compensi Cass. 2/8/2005, n. 16132 nello stesso senso, Cass. 18/04/2005, n. 8084 Cass. 03/07/2003, n. 10532 Cass. 21/7/2011, n. 16040 Cass. 10/1/2017, n. 269 , e ciò a prescindere dall’istanza del professionista o, correlativamente, dalla richiesta del cliente 5.5.- l’unico limite è che, nei rapporti tra professionista e cliente, il giudice non può liquidare gli onorari al di sotto dei minimi tariffari Cass. 03/09/2003, n. 12840 Cass. 23/03/2004, n. 5802 , circostanza quest’ultima che la parte ricorrente non ha mai allegato nè, tantomeno, provato 5.6.- le tariffe che escludono la discrezionalità del giudice sulla determinazione del concreto ammontare dei compensi dovuto sono solo quelle fisse cc.dd. tariffe obbligatorie alle quali si riferisce anche l’art. 636 c.p.c., comma 1, u.p. , dato che solo queste sono astrattamente idonee ad integrare direttamente il contratto, non quelle con determinazione del massimo e del minimo, le quali hanno solo la funzione di fissare i limiti dell’autonomia privata nella determinazione del compenso e di dettare i criteri di liquidazione che, in mancanza di accordo, il giudice è tenuto a rispettare senza pregiudizio degli spazi di discrezionalità che i criteri stessi consentono, e non la funzione, come propone la ricorrente, di attribuire al professionista l’unilaterale ed incensurabile potestà di indicare, sia pure nei limiti segnati dalla tariffa, il compenso dovuto dal proprio cliente, ed, in altri termini, di integrare, con la propria determinazione volitiva, il contenuto del contratto, fissando l’oggetto della obbligazione principale del cliente Cass. n. 9514/1996, cit. 5.7.- la censura che fa leva sulla dedotta violazione della garanzia di adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera ed al decoro del professionista è dunque manifestamente infondata ove solo si consideri che gli onorari liquidati nel provvedimento impugnato sono comunque superiori ai minimi della tariffa prevista per la fascia di valore della controversia, la quale rappresenta un valido criterio in sede di determinazione giudiziale ex art. 2233 c.c., a garanzia dell’attività svolta dal professionista infine, non è invocabile l’art. 36 Cost., il quale, come si è detto, è applicabile solo ai rapporti di lavoro subordinato Cass. 25/1/2017, n. 1900, cit. 5.8.- quanto al profilo di censura secondo cui il giudice avrebbe dovuto tener conto della non contestazione del cliente rispetto agli importi indicati nella parcella, esso si presenta inammissibile per mancanza di specificità e autosufficienza, non avendo la ricorrente trascritto, se non per brevi e incomprensibili stralci, la memoria difensiva depositata dal M. nel procedimento dinanzi alla Corte d’appello, e ciò impedisce di apprezzare la sussistenza della non contestazione anche con riguardo al quantum della pretesa Cass. 12/10/2017, n. 24062 Cass. 13/10/2016, n. 20637 Cass. 09/08/2016, n. 16655 5.9.- neppure sussiste la dedotta violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 2 e 4 al di là dell’improprio richiamo, dovuto ad un’evidente svista da parte della Corte d’appello, al D.M. n. 55 del 2014, art. 19, il cui testo è, peraltro, pressoché sovrapponibile al D.M. cit., art. 4 , quest’ultima norma dispone al comma 1 Ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e delle complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80%, o diminuiti fino al 50%. Per la fase istruttoria l’aumento di regola fino al 100% e la diminuzione di regola fino al 70%. 5.10.- si tratta di una disposizione di carattere generale, rispetto alla quale quella contenuta nel successivo comma 4, Nell’ipotesi in cui, ferma l’identità di posizione processuale dei vari soggetti, la prestazione professionale nei confronti di quest’non comporta l’esame di specifiche distinte questioni di fatto e di diritto, il compenso altrimenti liquidabile per l’assistenza di un solo soggetto e di regola ridotto del 30% si pone in rapporto di specialità, nel senso che trova applicazione allorché ricorre il duplice presupposto dell’identità della posizione processuale dei vari soggetti assistiti dal medesimo difensore e della sostanziale identità delle questioni di fatto e di diritto trattate solo in tal caso è prevista, di regola, la riduzione del 30% del compenso, altrimenti liquidabile per l’assistenza di un solo soggetto 5.11.- come emerge con chiarezza dal tenore dell’ordinanza impugnata, l’esercizio del potere di riduzione dei compensi da parte della Corte territoriale è stato giustificato non già sul presupposto della identità della posizione processuale dei vari soggetti e dell’assenza di specifiche e distinte questioni di diritto art. 4, comma 4 , bensì in ragione del più lato criterio della non particolare difficoltà della questione trattata, in quanto già risolta con sentenze di questa Corte, nonché del risultato utile conseguito dal lavoratore, che ha comunque visto respinta una delle domande proposte 5.12.- l’argomento della natura seriale delle controversie questioni comuni a molteplici giudizi dello stesso tipo proposti in primo grado da personale marittimo assistito dallo stesso difensore è, all’evidenza, utilizzato dalla Corte d’appello al solo al fine di rafforzare il giudizio già espresso sulla mancanza di una particolare complessità e difficoltà delle questioni trattate, ai sensi dell’art. 4, comma 1, cfr. Cass. 12/6/1998, 5887, secondo cui l’esercizio della facoltà discrezionale nella determinazione degli onorari entro le misure minime e massime tabellari possa essere legittimamente orientato pure dalla valutazione comparativa della attività difensiva svolta dall’avvocato per il medesimo cliente in altre controversie, aventi analogo oggetto e involgenti argomenti comuni e spesso addirittura ripetitivi , essendo tale valutazione comparativa idonea a definire - a norma del D.M. n. 585 del 1994, art. 5, - la importanza delle questioni trattate”. 5.13.- non si pone dunque un problema di coerenza di motivazione tra l’ordinanza qui impugnata e la decisione della stessa corte d’appello che ha rigettato l’istanza di riunione tra i vari procedimenti ai sensi dell’art. 151 disp. att. c.p.c. 5.14.- infine, sotto il profilo della violazione dell’obbligo di motivazione, il motivo si presenta manifestamente infondato, sia perché il provvedimento contiene, come si è visto, una motivazione esaustiva e coerente, idonea a sorreggerlo, sia perché nella nozione di violazione di legge per la quale il ricorso per cassazione è proponibile ex art. 111 Cost., è compreso soltanto il vizio di mancanza assoluta della motivazione, come è stato ritenuto anche altre volte da questa Corte cfr. Cass. 06/03/2002, n. 3197 Cass. 20/08/2004, n. 16349 6.- il secondo motivo è manifestamente infondato va ricordato che, in tema di contratto d’opera professionale, il diritto del professionista al compenso ha natura di debito di valuta e non è pertanto suscettibile di automatica rivalutazione per effetto del processo inflattivo della moneta Cass. 28/3/2012, n. 4959 6.1.- pertanto, in caso di inadempimento o ritardato adempimento dell’obbligazione la rivalutazione monetaria del credito può essere riconosciuta, sempreché il creditore alleghi e dimostri sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, l’esistenza del maggior danno derivato dalla mancata disponibilità della somma durante il periodo di mora e non compensato dalla corresponsione degli interessi legali previsti con funzione risarcitoria in misura forfettariamente predeterminata dall’art. 1224 c.c., comma 1 6.2.- ne consegue che la rivalutazione monetaria del debito di valuta, sostituendosi al danno presunto costituito dagli interessi legali, è idonea a reintegrare totalmente il patrimonio del creditore, sicché non possono essere riconosciuti gli interessi sulla somma rivalutata, se non dal momento della sentenza con cui, a seguito e per effetto della liquidazione, il credito - divenuto liquido ed esigibile - produce interessi corrispettivi ai sensi dell’art. 1282 c.c, Cass. 19/01/2005, n. 1063 Cass. 07/06/2005, n. 11777 Cass. 2/8/2005, n. 16132 6.3.- nel caso in esame, la Corte territoriale ha riconosciuto la rivalutazione monetaria senza che sul punto la controparte abbia spiegato ricorso incidentale, con la conseguenza che correttamente ha riconosciuto gli interessi legali dalla data della sentenza 6.4.- quanto alla loro misura, l’art. 1284 c.c., nel testo novellato a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni nella L. 10 novembre 2014, n. 162, che ha introdotto con l’art. 17, comma 1, i commi 4 e 5, applicabile ratione temporis al presente giudizio, in quanto iniziato successivamente all’entrata in vigore del D.L. cit. , disciplina il tasso degli interessi legali in controversie che hanno ad oggetto il pagamento di somme di denaro in particolare, esso prevede ai commi 4 e 5, quanto segue Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. 6.5. - la formula della norma è chiara nel predeterminare la misura degli interessi legali, nel caso in cui il credito - che nel caso in esame trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti - venga riconosciuto da una sentenza a seguito di un giudizio anche arbitrale, senza che occorra una specifica domanda e senza necessità di apposita precisazione del loro saggio in sentenza Cass. 7/11/2018, n. 28409 Cass. 25/3/2019, n. 8289 Cass. 31/5/2019, n. 14911 6.6.- l’ordinanza impugnata ha riconosciuto gli interessi legali dalla data della sentenza sicché in nessuna violazione è incorsa la Corte territoriale, dovendosi comunque ritenere il provvedimento integrato, quanto al saggio degli interessi, dalla disposizione su richiamata art. 1284 c.c., comma 4 7. - anche il terzo motivo è manifestamente infondato 7.1.- è consolidato il principio secondo cui la mancanza di motivazione su questione di diritto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice di merito sia comunque pervenuto all’esatta soluzione della questione giuridica sottoposta al suo esame, poiché questa Corte, in ragione della funzione di nomofilachia attribuitale dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione, anche a fronte di un error in procedendo qual è la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano il diritto la decisione assunta, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti di fatto Cass. Sez. Un. 2/2/2017, n. 2731 7.2.- nella specie, l’ordinanza impugnata ha riconosciuto solo in parte la domanda proposta, con la conseguenza che la compensazione delle spese deve ritenersi giustificata in relazione all’acclarata soccombenza reciproca, dovendosi precisare che quest’ultima ipotesi ricorre anche quando vi sia stato un accoglimento parziale sia pur meramente quantitativo dell’unica domanda proposta Cass. 24/4/2018, n. 10113 Cass. 23/9/2013, n. 21684 7.3.- la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote con cui le spese debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, non essendo tenuto il giudice a rispettare un’esatta proporzionalità tra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente Cass. 20/12/2017, n. 30592 Cass. 31/1/2014, n. 2149 8.- il ricorso deve essere dunque rigettato, la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo sussistono inoltre presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo pari a quanto già versato a titolo di contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi professionali e C 200 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario delle spese generali e agli altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.