Automobilisti accusati di non aver pagato il pedaggio, il bluff del casellante dura poco: licenziato

Evidente per i Giudici la gravità dei fatti addebitati all’oramai ex dipendente di ‘Autostrade per l’Italia’. Nello specifico, egli ha emesso in più occasioni rapporti di mancato pagamento, rivelatisi falsi alla luce delle dichiarazioni degli automobilisti.

Occultato l’incasso e responsabilità scaricata sui clienti, indicati come pagatori inadempienti. Il castello costruito dal lavoratore – un casellante – crolla però proprio grazie alle dichiarazioni degli automobilisti, che, anche dinanzi al magistrato, giurano di avere regolarmente versato il pedaggio previsto. Conseguenza logica è il drastico provvedimento adottato dall’azienda, e reso ora definitivo dai giudici, cioè il licenziamento del dipendente Cassazione, ordinanza n. 28889/19, sez. VI Civile - L lavoro, depositata oggi . Pagamento. Primo e secondo grado sono sfavorevoli al lavoratore, dipendente di ‘Autostrade per l’Italia spa’. Viene ritenuto legittimo, a parere dei giudici, il licenziamento deciso dall’azienda. Evidente la gravità delle condotte a lui addebitate, e consistite nell’avere emesso rapporti di mancato pagamento non veritieri e smentiti dagli automobilisti che ha dichiarato di avere provveduto al versamento del pedaggio al casello autostradale . Identica posizione assume ora la Cassazione, respingendo il ricorso proposto dal legale del lavoratore e rendendone definitivo il licenziamento. Centrale, e non contestabile, è la attendibilità riconosciuta alle parole degli automobilisti che, accusati di non avere pagato il pedaggio autostradale, hanno dichiarato anche dinanzi al giudice di avere versato il denaro previsto per il pedaggio. A inchiodare l’uomo poi anche il fatto che gli automobilisti abbiano smentito di avere effettuato successivamente i pagamenti presso il cosiddetto ‘Punto Blu’, che invece, secondo i giudici, sono stati compiuti dal lavoratore per provare ad inquinare le prove a suo carico . Irrilevante, infine, il richiamo difensivo al dato riguardante il consistente numero di situazione in cui si verificano ipotesi di mancato pagamento del pedaggio ciò non può avere alcun nesso causale, ribattono i giudici, col rilascio di non veritieri rapporti da parte del casellante .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 4 giugno – 8 novembre 2019, n. 28889 Presidente Curzio – Relatore Leone Rilevato che La Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 135/2018, in sede di procedimento ex art. 1 co.60 L.n. 92/2012, aveva rigettato il reclamo proposto da Ta. Ma. avverso la sentenza con la quale il locale tribunale aveva dichiarato legittimo il licenziamento a lui intimato da Autostrade per l'Italia spa. La corte genovese aveva ritenuto di condividere la decisione del primo giudice rilevando la gravità dei fatti addebitati al Ta., relativi alle dichiarazioni di 12 utenti di autostrade circa l'avvenuto pagamento del pedaggio autostradale, a fronte dei contrastanti rapportini di mancato pagamento emessi dal dipendente Ta. addetto al casello autostradale. Il giudice d'appello, anche dopo l'escussione di due degli utenti interessati, confermative dell'avvenuto pagamento al casello, aveva ritenuto che i rapporti di mancato pagamento RMPP fossero non veritieri in quanto sconfessati dalle contrastanti dichiarazioni degli utenti e dalla ulteriore circostanza che i successivi parziali pagamenti effettuati presso i Punti Blu, la cui ricevuta era stata allegata dal Ta. , era stata ulteriormente negata dagli interessati utenti peraltro residenti in luoghi molto lontani dal Punto Blu di Genova e dunque presumibilmente effettuata dallo stesso Ta. per tentare di inquinare le prove a suo carico. Avverso tale decisione il Ta. aveva proposto ricorso affidandolo a due motivi anche coltivati da successiva memoria cui aveva resistito con controricorso e successiva memoria Autostrade per l'Italia spa. Era depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c, ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. Considerato che 1 Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 76 D.P.R. n. 445/2000 e dell'art. 2702 c.c. e art. 214 c.p.c. Parte ricorrente si duole della attendibilità attribuita dalla corte territoriale alle dichiarazioni degli utenti, in quanto non idonee, a suo dire, a costituire valido elemento di prova. Il motivo risulta infondato in quanto il giudice d'appello, ha espresso il proprio giudizio, oltre che sulle dichiarazioni 12 rese dagli utenti circa l'avvenuto pagamento del pedaggio, anche sulla diretta escussione di due dei suddetti utenti che hanno confermato la circostanza anche negando di aver successivamente provveduto a pagare la somma presso il Punto Blu. La doglianza della parte ricorrente circa la valenza delle dette dichiarazioni, risulta priva di rilevanza allorché', come detto, la corte territoriale ha fondato il proprio convincimento non solo sulle dichiarazioni ma sulla diretta escussione dei testi interessati. 2 Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del principio dell'onere della prova , dell'art. 437 c.p.c. comma 2, dell'art. 421 c.p.c., del principio del giusto processo ex art. 111 Cost. e art. 6 CEDU, per non aver, la corte territoriale, dato ingresso alla richiesta di esibizione ad autostrade dei rapporti di mancato pagamento nel periodo di contestazione, al fine di rilevarne l'elevato numero . Il motivo è inammissibile per più profili. La valutazione della ammissibilità dei mezzi istruttori attiene alla giurisdizione di merito e in proposito questa Corte ha chiarito che Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l'onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l'esistenza di un nesso eziologico tra l'omesso accoglimento dell'istanza e l'errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell'errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove Cass.n. 23194/2017 . Nel caso di specie non solo non è stata allegata la decisività della prova in questione, ma se ne deve evidenziare la irrilevanza rispetto alla specifica contestazione dei fatti attribuiti al dipendente. Rispetto a questi sussiste una specifica responsabilità del Ta. non incisa dal numero delle situazioni in cui si verificano, in generale, ipotesi di mancato pagamento del pedaggio. Tale ultima circostanza non trova nesso causale con il rilascio di inveritieri rapporti da parte del dipendente, come accertati dal giudice sulla base degli elementi probatori acquisiti. La censura è dunque inammissibile. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 legge di stabilità 2013 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. n. 22035 del 17/10/2014 Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.