Altezza minima per l’assunzione: due centimetri in meno non possono costare il posto di lavoro

Vittoria per una donna, che si vede consegnare virtualmente la divisa di Capo Servizio Treno. Respinte le obiezioni proposte da Trenitalia. Per i Giudici è irragionevole il limite fissato in origine nel bando, anche tenendo presenti le mansioni della figura professionale selezionata dall’azienda.

Due centimetri – mancanti – non possono costare il posto di lavoro. Così i Giudici hanno reso definitiva l’assunzione da parte di Trenitalia di una donna come Capo Servizio Treno, cancellando il ‘blocco’ imposto dall’azienda alla luce dell’altezza della potenziale dipendente che con i suoi 158 centimetri non raggiungeva il limite dei 160 imposto in origine nel bando Cassazione, ordinanza n. 27729/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Centimetri. Terreno di scontro tra una donna e Trenitalia è la procedura prevista per l’assunzione anche di un Capo Servizio Treno. Alla luce dei paletti fissati nel bando la candidata, seppur risultata idonea, viene ‘eliminata’ per la mancanza di due soli centimetri lei è alta 158 centimetri e invece l’azienda ha stabilito che quella specifica figura professionale deve essere alta almeno 160 centimetri per l’espletamento delle mansioni e per la sicurezza della circolazione . L’esclusione viene digerita male dalla donna, che ne fa anche una questione di principio, oltre a pretendere il riconoscimento del posto di lavoro ottenuto a chiusura del concorso così si spiega la battaglia legale con Trenitalia. In Tribunale le pretese della virtuale Capo Treno vengono respinte. A ridarle una speranza, però, provvedono i Giudici d’Appello, riconoscendo la legittimità delle sue proteste e condannando Trenitalia a procedere all’assunzione . In sostanza, in secondo grado viene certificata la compatibilità delle mansioni di Capo Servizio Treno con la statura della donna , cioè 158 centimetri e mezzo, di poco inferiore all’altezza minima prevista , cioè 160 centimetri. Mansioni. A rendere definitiva la vittoria della donna, consegnandole virtualmente la divisa da Capo Treno, sono i Giudici della Cassazione, che respingono le obiezioni di Trenitalia, confermando invece la giustezza delle considerazioni fatte in Appello. Innanzitutto, risulta smentito in modo netto il presupposto richiamato dall’azienda, cioè la necessità per il Capo Servizio Treno di una statura minima di 160 centimetri per esigenze di sicurezza nella circolazione dei treni . Di conseguenza, è legittima la scelta di disapplicare la normativa secondaria in tema di minimi staturali, rilevandone la irragionevolezza, avuto riguardo alla funzionalità del requisito prescritto in riferimento , come detto, alle mansioni di Capo Servizio Treno .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 11 settembre – 29 ottobre 2019, n. 27729 Presidente Bronzini – Relatore Pagetta Rilevato 1. Che la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto di Vi. Pa. ad essere assunta da Trenitalia s.p.a. con la qualifica di Capo Servizio Treno a decorrere da luglio 2002 e condannato la detta società a procedere all'assunzione ed a corrispondere le retribuzioni maturate dalla notifica del ricorso di primo grado detratto quanto dalla Pa. nelle more percepito ed in atti documentato, oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge 1.1. che l'accoglimento della originaria domanda è stata fondato sugli esiti della consulenza tecnica d'ufficio disposta in secondo grado la quale aveva verificato la compatibilità delle mansioni di Capo Servizio Treno di cui al bando di concorso al quale aveva partecipato la Pa. con la statura della stessa, pari a cm 158,5, di poco inferiore all'altezza minima di cm 160 prescritta dalla normativa secondaria, per tale ragione disapplicata dalla Corte di merito. In conseguenza, ritenuto configurabile nell'avviso di selezione di Trenitalia s.p.a. un'offerta al pubblico ai sensi dell'art. 1336 cod. civ., avendo la Pa. superato l'iter selettivo, la sentenza ha affermato l'obbligo della società alla stipula del contratto definitivo ha contenuto le richieste economiche nell'ambito del periodo decorrente dalla messa in mora con detrazione dell'aliunde perceptum risultante dalla documentazione acquisita 2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Trenitalia s.p.a. sulla base di quattro motivi la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso 2.1. che Trenitalia s.p.a. ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ Considerato 1. Che con il primo motivo di ricorso Trenitalia s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 25 D.Lgs. n. 198 del 2006 in riferimento al DPCM n. 411 del 1987 ed al D.M. n. 158 del 1986 e violazione ed errata interpretazione del c.c.n.l. 2003 in riferimento alla figura di caposervizio treno. Assume l'errore della sentenza impugnata per avere statuito che la discriminazione indiretta si sostanzierebbe non nella previsione di identico limite staturale per gli uomini e per le donne ma nell'impossibilità per le donne di statura inferiore a 160 cm di eseguire le manovre tecniche che Trenitalia ha posto a fondamento della propria difesa. Afferma che le conclusioni del giudice di merito sono estranee ai parametri della normativa antidiscriminazione ed agli stessi principi giurisprudenziali ai quali la Corte di merito aveva dichiarato di aderire 2. che con il secondo motivo deduce omesso esame di un punto oggetto di discussione tra le parti nonché violazione ed errata interpretazione del c.c.n.l. 2003 con riferimento alla figura del Capo Servizio Treno. Censura la sentenza impugnata per essersi limitata ad aderire acriticamente alla consulenza tecnica d'ufficio omettendo di valutare le allegazioni e produzioni documentali di Trenitalia in merito alla necessità del rispetto del limite staturale in relazione alle mansioni tecniche svolte dal Capo Servizi Treno. Assume che dalla propria documentazione documentale si evinceva la piena prova della necessità dell'altezza minima di cm. 160 per l'espletamento delle mansioni in oggetto per ragioni inerenti alla sicurezza della circolazione 3. che con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 Preleggi, degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., dell'art. 101, comma 2, Cost. censurando, in sintesi, la disapplicazione da parte del giudice del merito delle fonti secondarie in assenza di illegittimità di queste ultime 4. che con il quarto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1336, 1175 e 1375 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per avere ravvisato nella procedura selettiva indetta da Trenitalia s.p.a. un' offerta al pubblico anziché una mera attività preventiva in vista di future esigenze assunzionali 5. che il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di pertinenza delle censure articolate con le ragioni alla base del decisum alle quali è estranea ogni verifica connessa alla violazione delle previsioni in tema di pari opportunità tra uomo e donna dettate dal D.Lgs. n. 198 del 2006, come reso palese dalla espressa puntualizzazione del giudice di appello che la materia del contendere del giudizio non concerneva le azioni ex D.Lgs. n. 198 del 2006 v sentenza pag. 4, terzo cpv . La disapplicazione della normativa secondaria da parte del giudice di appello è, infatti, frutto della ritenuta irragionevolezza della stessa in tema di limiti staturali. Le ulteriori argomentazioni sviluppate dalla società ricorrente sono parimenti inammissibili in quanto sostanzialmente ancorate ad un presupposto di fatto e cioè necessità per il Capo Servizio Treno di una statura minima di cm 160 per esigenze di sicurezza nella circolazione dei treni, presupposto che risulta smentito alla luce dell'accertamento condotto dal giudice di merito 6. che il secondo motivo di ricorso non è articolato con modalità idonee alla valida cesura della decisione in quanto, con riguardo al denunziato vizio motivazionale, omette di specificare, nei rigorosi termini chiariti da Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014, il fatto storico il cui omesso esame avrebbe determinato un diverso convincimento del giudice del merito in ordine alla necessità di rispetto del limite staturale in relazione alle mansioni tecniche di Capo Servizio Treno. Parte ricorrente si limita, infatti, ad evocare in termini generici le allegazioni e produzioni documentali dei gradi di merito senza specificare in quali atti erano state formulate le prime e quale ne era lo specifico contenuto e, con riguardo alle seconde, senza offrire indicazioni utili al relativo reperimento e senza trascrivere o riassumere.il relativo contenuto, così incorrendo nella violazione delle prescrizioni di cui all'art. 366 comma 1, n. 6 cod. proc. civ. Cass. n. 195 del 2016, Cass. n. 26174 del 2014 , Tali deduzioni, per la loro genericità, non risultano idonee a contrastare la circostanza, della quale ha dato espressamente atto il giudice di appello, relativa al fatto che il consulente di ufficio aveva puntualmente esaminato la documentazione in atti e le allegazioni e deduzioni della società resistente relativamente ai compiti ed agli interventi che a parere della stessa sarebbero propri della figura di Capo Servizio Treno e che avrebbero imposto per esigenze di sicurezza nei trasporti il rispetto del limite minimo di cm 160 di statura. Tardive si rivelano, infine, le deduzioni difensive in punto di incongruità e illogicità delle conclusioni attinte dal consulente tecnico d'ufficio, in quanto formulate solo in sede di memoria ex art. 380 bis .1. cod. proc. civ., la cui funzione, -al pari della memoria prevista dall'art. 378 c.p.c. sussistendo identità di ratio è di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli Cass. n. 30760 del 2018, Cass. n. 17963 del 2011 6.2. che generica si rivela la censura di violazione delle previsioni del contratto collettivo in quanto parte ricorrente non puntualizza l'errore interpretativo o applicativo delle norme collettive ascritto, in tesi, alla sentenza impugnata, norme peraltro evocate senza il rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. 7. che il terzo motivo di ricorso è infondato. La Corte di merito ha disapplicato la normativa secondaria in tema di minimi staturali rilevandone la irragionevolezza avuto riguardo alla funzionalità del requisito prescritto in riferimento alle concrete mansioni di Capo Servizio Treno. Ha richiamato, in particolare, i principi in tema di non discriminazione e imparzialità nell'ambito del diritto pubblico e, nell'ambito del diritto privato, la necessità di conformare la condotta al criterio di correttezza e buona fede, nello specifico insussistente per la rilevata irragionevolezza della prescrizione relativa al requisito minimo statutario 7.1. che la decisione è quindi del tutto coerente con la giurisprudenza di questa Corte in tema di sindacato incidentale con conseguente disapplicazione della normativa secondaria ove, come nel caso di specie, ritenuta non conforme alla norma primaria v. per un'applicazione del principio con riferimento ai minimi staturali prescritti per l'assunzione, Cass. n. 25734 del 2013, Cass. n. 23562 del 2017 8. che il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto non incentrato sul significato e la portata applicativa delle norme indicate in rubrica ma sulla contestazione della ricostruzione fattuale operata dal primo giudice nel ravvisare nella complessiva condotta di Trenitalia un'offerta al pubblico. Tale accertamento, frutto della considerazione di una serie di elementi fattuali, poteva essere in astratto incrinato solo dalla deduzione neppure formalmente prospettata di omesso esame di un fatto storico decisivo, oggetto di discussione tra le parti, evocato nel rispetto delle prescrizioni dell'art. 366 comma 1 nn. 6 cod. proc. civ. Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014 , prescrizioni in concreto non osservate 9. che a tanto consegue il rigetto del ricorso 10. che le spese di lite sono liquidate secondo soccombenza 11. . che ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principale ed incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi principale ed incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 6.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.