Ufficialmente in malattia, viene beccato a girare in auto portando della droga: licenziato

Fatale un controllo stradale. L’uomo finisce sotto processo, ma allo stesso tempo deve subire le conseguenze della propria condotta. Per i Giudici è corretta la visione dell’azienda, che ha contestato al dipendente la simulazione della malattia”.

Due giorni di malattia per il lavoratore, che, però, invece di rimanere a casa, viene beccato ad andare in giro in auto, portando con sé anche della droga. Inevitabile per lui non solo il processo ma anche il licenziamento. Corretta, secondo i giudici, la valutazione compiuta dall’azienda, che ha catalogato come simulazione di malattia” il comportamento tenuto dal dipendente Cassazione, sentenza n. 21616/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Controllo. Fatale all’uomo è un controllo in strada effettuato dalle forze dell’ordine. Egli risulta ufficialmente in malattia, e invece viene fermato e nella sua automobile viene rinvenuta della sostanza stupefacente. Il giorno dopo – anch’esso coperto dal certificato medico attestante i suoi problemi di salute – ci sarà il processo per direttissima. Ulteriori problemi però nascono nel rapporto con l’azienda di cui è dipendente. Più precisamente, gli viene contestata la simulazione di malattia nelle due giornate indicate dal medico e questo addebito è ritenuto sufficiente dal datore di lavoro per ritenere necessario il suo licenziamento. Tale visione, condivisa dai Giudici di merito, viene contestata dal legale del lavoratore, che propone ricorso in Cassazione, spiegando che il suo cliente si trovava in malattia già prima dei fatti ed era stato arrestato tra le ore 20 e le ore 21, quando ormai non aveva più obbligo di reperibilità domiciliare , e aggiungendo che il certificato di continuazione della malattia era stato rilasciato a seguito di visita ambulatoriale a conferma della veridicità dell’attestazione . Allo stesso tempo, il legale punta anche a ridimensionare la gravità del comportamento tenuto dal lavoratore, sostenendo che esso è catalogabile come mera assenza ingiustificata per due giorni, punita dalla contrattazione collettiva con una sanzione conservativa . Lesione. La visione proposta dal difensore non convince però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono, innanzitutto, che tra primo e secondo grado si è escluso di poter attribuire valore probatorio alle certificazioni mediche prodotte, alla luce dei fatti accertati in giudizio e della loro sequenza e, di conseguenza, si è ritenuta dimostrata la tesi della simulazione dello stato di malattia da parte del lavoratore. Logico, sanciscono i magistrati, parlare di comportamento di natura fraudolenta tale da provocare la irrimediabile lesione del vincolo fiduciario tra azienda e dipendente. E per questo è corretta la valutazione compiuta dalla società, che sostenendo l’ipotesi della giusta causa di recesso ha legittimamente optato per il licenziamento del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 febbraio – 22 agosto 2019, n. 21616 Presidente Bronzini – Relatore Negri della Torre Fatti di causa 1. Con sentenza n. 1250/2017, pubblicata il 26 ottobre 2017, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale di Parma in sede di giudizio di opposizione, come già all'esito della fase sommaria, aveva ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato a En. Lo. dalla società Sandra S.p.A. con lettera del 27/5/2015, osservando a sostegno della propria decisione come dovesse ritenersi dimostrata la simulazione di malattia nei giorni 14 e 15/4/2015, posto che nella tarda serata del 14, mentre era alla guida della propria vettura, il lavoratore era stato trovato in possesso di sostanza stupefacente e il giorno successivo, anch'esso coperto da certificazione medica, era stato processato per direttissima. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Lo. con due motivi, assistiti da memoria, cui la società ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ., nonché degli artt. 5, commi 10 e 13, D.L. n. 463/1983 convertito dalla L. n. 638/1983 e 4 d. m. 15 luglio 1986, per avere la Corte territoriale ritenuto dimostrata la simulazione, nonostante che, con riferimento all'assenza del 14 aprile 2015, il ricorrente si trovasse in malattia già prima dei fatti occorsigli e che fosse stato arrestato tra le ore 20 e le 21 di tale giorno, quando ormai non aveva più obbligo di reperibilità domiciliare quanto all'assenza del 15 aprile 2015, nonostante che il certificato di continuazione della malattia fosse stato rilasciato a seguito di visita ambulatoriale, a garanzia della veridicità dell'attestazione. 2. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 cod. civ. e dell'art. 38 del C.C.N.L. per le aziende cartotecniche del settore industriale, nonché vizio di motivazione, per avere la Corte ritenuto proporzionato il licenziamento, sebbene la condotta addebitata, consistendo in un'assenza ingiustificata per due giorni, fosse punita dalla contrattazione collettiva con una sanzione conservativa. 3. Il primo motivo risulta inammissibile. 4. Il ricorrente, infatti, non si è attenuto al consolidato principio, per il quale, nel ricorso per cassazione, il vizio della violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all'art. 366, comma 1., n. 4 cod. proc. civ., deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto non solo con l'indicazione delle norme, che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, che motivatamente si reputino in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della violazione denunciata Cass. n. 16038/2013 conformi, fra le più recenti n. 25419/2014 n. 287/2016 . 5. In realtà, dietro lo schermo della violazione e falsa applicazione delle norme richiamate il motivo in esame tende, nella sostanza delle censure svolte, ad una nuova valutazione di merito, criticando il percorso ricostruttivo compiuto dalla Corte di appello, la quale ha escluso di poter attribuire valore probatorio alle certificazioni mediche prodotte, alla luce dei fatti accertati in giudizio e della loro sequenza, e conclusivamente ritenuto dimostrata la tesi della simulazione dello stato di malattia. 6. Il secondo motivo, là dove è dedotto il vizio di motivazione art. 360 n. 5 , risulta anch'esso inammissibile, stante la preclusione di cui all'art. 348 ter, ultimo comma, cod. proc. civ. né il ricorrente, al fine di evitarne l'inammissibilità, ha indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse Cass. n. 5528/2014 e successive conformi . 7. Il motivo risulta inammissibile anche là dove è denunciato il vizio ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. con riferimento a norme di diritto e a disposizioni di fonte collettiva. 8. Esso, infatti, per la parte in esame, evocando la fattispecie dell'assenza ingiustificata per giorni due come tale punita con sanzione conservativa anziché con il licenziamento , non si confronta specificamente con il ragionamento decisorio della sentenza impugnata, posto che il giudice di appello - richiamato il principio di diritto, per il quale, in caso di pluralità di contestazioni, è sufficiente che la giusta causa sia configurabile anche in uno soltanto dei fatti addebitati - ha accertato la sussistenza, nel caso concreto, della diversa e ben più grave condotta consistita nella simulazione dello stato di malattia, e cioè un comportamento di natura fraudolenta, e ritenuto che tale condotta, per la irrimediabile lesione del vincolo fiduciario che le è propria, integrasse un'ipotesi di giusta causa di recesso per il datore di lavoro. 9. E', d'altra parte, del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio, pure richiamato in sentenza, secondo il quale la giusta causa di licenziamento è nozione legale e il giudice non è vincolato dalle previsioni del contratto collettivo ne deriva che il giudice può ritenere la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile ove tale grave inadempimento o tale grave comportamento, secondo un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore per altro verso, il giudice può escludere altresì che il comportamento del lavoratore costituisca di fatto una giusta causa, pur essendo qualificato tale dal contratto collettivo, in considerazione delle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato Cass. n. 4060/2011, fra le molte conformi . 10. Consegue da quanto sopra che il ricorso deve essere respinto. 11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.