Eccesso di permessi sindacali: legittima l’azione di recupero da parte dell’Amministrazione

Respinta definitivamente l’opposizione mossa da un sindacato. Confermata la legittimità della pretesa avanzata da una Provincia. Decisivi gli esiti della verifica ministeriale.

Ore di permesso sindacale – per la partecipazione a riunioni confederali – fruite in eccesso. Legittima l’ingiunzione di pagamento avanzata dal datore di lavoro – la Provincia di Genova, in questo caso – Cassazione, sentenza n. 20037/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Credito. La pretesa avanzata dalla Provincia di Genova viene contesta dai vertici delle ‘Rappresentanze sindacali di base’ aderenti alla ‘Confederazione unitaria di base’. Però prima in Tribunale e poi in Appello viene respinta l’opposizione mossa dall’organizzazione sindacale avverso l’ingiunzione di pagamento elevata dall’amministrazione provinciale relativamente alla somma pretesa a titolo di recupero delle ore di permesso sindacale per la partecipazione a riunioni confederali fruite in eccesso . Sulla stessa linea si attesta anche la Cassazione, rigettando in modo definitivo il ricorso da ‘Rdb - Cub’. Corretta, osservano i Giudici, è l’interpretazione fornita dal sindacato, secondo cui la volontà delle parti desumibile dalla disciplina collettiva all’epoca applicabile fosse quella di rimettere alla parte pubblica il controllo del quantitativo complessivo dei ‘permessi’ fruiti . Non a caso, il pronunciamento della Corte territoriale poggia proprio sull’esito della verifica del ‘monte ore’ fruito effettuata in sede ministeriale . Ciò però non può implicare, chiariscono i Giudici, l’essere le organizzazioni sindacali sottratte alle azioni di recupero del credito corrispondente alle ore di permesso fruite in eccesso che le amministrazioni possano intentare all’esito di quella verifica . Non in discussione, quindi, la convalida dell’atto di ingiunzione emesso dalla Provincia di Genova, anche tenendo presenti l’efficacia probatoria della produzione dell’ente e la genericità delle contestazioni mosse dall’organizzazione sindacale .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 maggio – 24 luglio 2019, n. 20037 Presidente Napoletano – Relatore De Marinis Rilevato che con sentenza del 2 febbraio 2014, la Corte d'Appello di Genova confermava la decisione resa dal Tribunale di Genova e rigettava l'opposizione proposta da R.D.B./C.U.B.-Rappresentanze sindacali di base, Federazione del pubblico impiego, servizi, industria e settore privato aderente alla Confederazione unitaria di base nei confronti della Provincia di Genova avverso l'ingiunzione di pagamento dalla predetta Amministrazione elevata relativamente alla somma pretesa a titolo di recupero delle ore di permesso sindacale per la partecipazione a riunioni confederali fruite in eccesso che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto infondate le eccezioni preliminari sollevate dalla Provincia di Genova in ordine al difetto di legittimazione attiva dell'organizzazione sindacale attrice e all'inammissibilità per genericità del ricorso in appello ma, nel merito, provata la pretesa creditoria della provincia anche nel quantum in difetto di specifici rilievi sulle singole poste che per la cassazione di tale decisione ricorre l'organizzazione sindacale R.D.B./CU.B., affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Provincia di Genova che l'Organizzazione sindacale ricorrente ha poi presentato memoria Considerato che con il primo motivo, l'Organizzazione sindacale ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione agli artt. 11 e 15 CCNQ 7.8.1998, 4 CCNQ 24.9.2007 ed al CCNQ 3.11.2011, imputa alla Corte territoriale lo scostamento dai canoni di ermeneutica contrattuale in sede di interpretazione della disciplina collettiva in materia di permessi sindacali disconoscendo in particolare la volontà delle parti di attribuire la funzione di controllo del quantitativo complessivo dei permessi alla parte pubblica che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 633, 645 e 116 c.p.c. anche in relazione all'art. 111 Cost., l'Organizzazione sindacale ricorrente imputa alla Corte territoriale di essersi pronunciata in ordine alla sussistenza del credito in difetto dei presupposti di certezza, liquidità ed esigibilità del medesimo, da ritenersi validi anche con riguardo alla procedura di cui al R.D. 14.4.1910, n. 639 che il primo motivo deve ritenersi infondato, atteso che l'interpretazione qui sostenuta dall'Organizzazione sindacale ricorrente per la quale la volontà delle parti desumibile dalla disciplina collettiva all'epoca applicabile fosse quella di rimettere alla parte pubblica il controllo del quantitativo complessivo dei permessi fruiti, che la Corte territoriale non sembra contraddire, fondando anzi il proprio pronunciamento sull'esito della verifica del monte ore fruito effettuata in sede ministeriale, non implica l'essere le organizzazioni sindacali sottratte alle azioni di recupero del, credito corrispondente alle ore di permesso fruite in eccesso che le Amministrazioni possano intentare all'esito di quella verifica che parimenti infondato risulta il secondo motivo stante l'irrilevanza della sollevata censura circa il difetto nella specie dei presupposti per la convalida dell'atto di ingiunzione, da individuarsi, anche con riferimento alla procedura di cui al R.D. 14.4.1910, n. 639, nel carattere certo, liquido ed esigibile del credito recato dal predetto atto, irrilevanza desumibile dall'orientamento accolto da questa Corte cfr. da ultimo, Cass., sez. II, 12.3.2019, n. 7020 per cui l'opposizione proposta introduce un procedimento ordinario a cognizione piena nel quale il giudice anche se abbia accertato essere stata emessa l'ingiunzione nella mancanza delle condizioni di legge deve comunque pronunziare sul merito del diritto fatto valere dal creditore con l'ingiunzione, tenendo conto degli elementi di prova esibiti nel corso del giudizio, il che è quanto accaduto in questa sede sulla base di un apprezzamento adeguatamente motivato da rilievi in ordine all'efficienza probatoria della produzione dell'Ente ed alla genericità delle contestazioni dell'Organizzazione sindacale ricorrente, rilievi dalla stessa qui neppure fatti oggetto di specifica censura che, pertanto, il ricorso va rigettato che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.