I contributi pagati dall’appaltatore fittizio salvano il committente datore di lavoro

In tema di interposizione fittizia di manodopera nell'appalto di opere o servizi, si applica il disposto del d.lgs. n. 276/2003, art. 27, comma 2, dettato in tema di somministrazione irregolare e richiamato dall'art. 29, comma 3-bis, che disciplina l'appalto illecito, secondo cui tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Il suddetto art. 27 cit. va collegato alla disciplina dettata dall'art. 1180, comma 1, c.c. e impone la verifica in concreto dell’avvenuta soddisfazione delle pretese contributive formulate dagli enti previdenziali.

Così affermato dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 18278/19, pubblicata l’8 luglio. La vicenda opposizione a cartella esattoriale INPS di pagamento di contributi e sanzioni dovuti in conseguenza di accertata interposizione di manodopera illecita. In conseguenza ad ispezione INPS era emerso che un contratto di appalto stipulato tra la ricorrente ed altra società celava in realtà interposizione fittizia di manodopera, vietata ai sensi dell’art. 29 d.lgs. n. 276/2003. Il giudice di primo grado respingeva l’opposizione. Analogamente la Corte d’Appello rigettava il gravame proposto dall’azienda opponente, che ricorreva così in Cassazione per la riforma della sentenza d’appello. L’interposizione vietata di manodopera. L’opposizione proposta dall’azienda committente venne respinta dai giudici di merito in quanto dalle risultanze istruttorie era emerso che la società appaltatrice era del tutto priva di organizzazione autonoma i lavoratori da questa forniti alla committente di fatto prestavano la loro attività lavorativa utilizzando attrezzatura della committente, osservavano il medesimo orario di lavoro dei dipendenti di questa ed erano sottoposti alle direttive dei vertici della medesima committente. Secondo l’azienda ricorrente, stante l’abrogazione della legge 23 ottobre 1960 n. 1369, non può più parlarsi di intermediazione di manodopera ma soltanto di somministrazione irregolare, prevista dall’art. 27 d.lgs. n. 276/2003 con la conseguenza che soltanto i singoli lavoratori e non l’Inps potevano farla valere in giudizio. Da qui l’illegittimità della pretesa contributiva. La Suprema Corte tuttavia osserva che il caso in decisione, non può ricondursi a somministrazione irregolare, prevista dall’art. 20 del citato d.lgs. n. 276, poiché tale fattispecie è applicabile soltanto nei confronti di soggetti autorizzati, ai sensi del medesimo decreto. Nel caso in esame si è in presenza di pseudo contratti di appalto”, illeciti, con la conseguenza che i lavoratori del fittizio appaltatore dovevano considerarsi a tutti gli effetti dipendenti della committente. Non coglie nel segno dunque il motivo di censura proposto, avendo la corte di merito correttamente motivato la propria decisione conformemente ai principi enunciati dalla Cassazione. No alla duplicazione dell’obbligo contributivo. Altro motivo di censura della decisione impugnata riguarda l’omessa considerazione dei contributi già corrisposti dal datore di lavoro fittizio, cioè la società appaltatrice. La Corte d’Appello, come il Giudice di primo grado, non aveva tenuto conto dei contributi da questa versati, il cui importo doveva essere detratto da quanto dovuto dall’azienda committente in ragione della accertata interposizione di manodopera. La Suprema Corte ritiene fondata la critica portata alla sentenza impugnata. Già in precedenti decisioni i Giudici di legittimità avevano avuto modo di affermare che in ipotesi di interposizione nelle prestazioni di lavoro, non è configurabile una concorrente obbligazione del datore di lavoro apparente con riferimento ai contributi dovuti agli enti previdenziali. Deve rimanere pertanto salva l'incidenza satisfattiva ai sensi dell'art. 1180, comma 1, c.c., dei pagamenti eventualmente eseguiti, dal datore di lavoro fittizio. In tali situazioni, i lavoratori sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che ne abbia effettivamente utilizzato le prestazioni ciò comporta che solo sull'appaltante o interponente , e non anche sull'appaltatore o interposto , gravino gli obblighi in materia di assicurazioni sociali nati dal rapporto di lavoro. Rimanendo altresì salva l'incidenza satisfattiva di pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi del comma 1 dell'art. 1180 c.c., nonché dallo stesso datore di lavoro fittizio. Il pagamento del datore di lavoro fittizio estingue l’obbligazione a carico del committente. Viene così a determinarsi, come si è verificato nel caso in esame, una ipotesi di pagamento indebito dal punto di vista soggettivo il coordinamento tra gli art. 1180 e 2036 c.c. porta a ritenere che sia qualificabile come pagamento di debito altrui, ai fini della relativa efficacia estintiva dell'obbligazione con le condizioni di cui al comma 3 dell'art. 2036 , anche il pagamento effettuato per errore. La Corte di merito ha dunque errato nel non considerare i pagamenti dei contributi già effettuati dall’appaltatrice, con conseguente sgravio dell’obbligo a carico del committente, effettivo datore di lavoro. In accoglimento del motivo di censura proposto, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la decisione in conformità ai principi di diritto enunciati, ad altra Corte d’Appello, per l’accertamento in concreto dell’avvenuta integrale o meno soddisfazione delle pretese contributive.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 29 aprile – 8 luglio 2019, n. 18278 Presidente Manna – Relatore D’Antonio Considerato in fatto 1.La Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla soc Nuova Edil Konan avverso la cartella emessa dall’Inps ed il provvedimento Inail di variazione del rapporto, adottati dai due enti in relazione all’accertamento ispettivo del 14/11/2009. La Corte ha rilevato che l’ispezione aveva accertato un’ipotesi di intermediazione illecita di manodopera che la soc Nuova Edil Konan aveva posto in essere una serie di contratti di subappalto a decorrere dal gennaio 2008, con la soc Costruzioni Cementi Armati CCA che era emerso che la CCA era del tutto priva di una sua organizzazione che, infatti, l’attività di detta impresa si esauriva nell’inviare propri dipendenti nei cantieri per lavorare sotto la direzione altrui, operando senza rischio di impresa ed in assenza di elementi probatori dai quali desumere che l’esecuzione delle opere subappaltate dalla soc ricorrente fosse stata realizzata dalla CCA attraverso una propria organizzazione di mezzi e di personale. Quanto all’intervenuta abrogazione della L. n. 1369 del 1960, ed all’applicabilità della somministrazione di lavoro, eccepita dall’opponente, la Corte territoriale ha affermato che,ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 2, la somministrazione di lavoratori poteva avvenire solo ad opera dei soggetti espressamente autorizzati dalla legge alle condizioni ivi previste e che, al di fuori di tali ipotesi, l’intermediazione rimaneva illecita. 2.Avverso la sentenza ha proposto ricorso in cassazione la soc Nuova Edil Konan srl. Resistono l’Inps e l’Inail. Quest’ultimo deposita memoria ex art. 378 c.p.c Ritenuto in diritto 3.Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20, 21, 23, 27 e 29, vizio di motivazione su un punto decisivo. Lamenta che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 276, citato e dell’abrogazione della L. n. 1369 del 1960, non sussisterebbe più un divieto generale di intermediazione di manodopera, ma solo la fattispecie della somministrazione irregolare di cui alla D.Lgs. n. 276, art. 27, citato, la quale, tuttavia, non potrebbe essere fatta valere dall’Inps,ma solo dai singoli lavoratori interessati i quali avrebbero potuto richiedere la costituzione di rapporti di lavoro subordinato con la committente, con la conseguenza che, nella fattispecie, i lavoratori interessati non avrebbero potuto essere ritenuti alle dipendenze della Nuova Edil Konan. Con il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, nonché l’omesso motivazione su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Lamenta che la Corte non aveva esaminato che l’obbligazione contributiva era stata assolta dalla CCA,come risultava dai modelli DURC prodotti in giudizio. Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame della censura di cui al motivo precedente. 4. Circa il primo motivo va rilevato che la Corte territoriale ha escluso che la fattispecie potesse essere ricondotta alla somministrazione di lavoratori di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, sottolineando che tale ipotesi poteva configurarsi solo nel caso di somministratore a ciò autorizzato ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 4 e 5, dello stesso D.Lgs Secondo la Corte territoriale la fattispecie in esame, da ricondursi, invece, a pseudo contratti di appalto , era e restava illecita in base agli argomenti ampiamente esposti nella motivazione ed, anzi, secondo la Corte territoriale, i lavoratori avevano lavorato in condizioni di sostanziale dipendenza dalla committente di cui dovevano essere considerati dipendenti con ogni conseguenza circa l’obbligo della Nuova Edil Konan di pagare i contributi. Premesso che la L. n. 1369 del 1960, è stata abrogata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, e che, dunque,ogni contraria affermazione ravvisabile nella sentenza impugnata è censurabile, va, comunque, affermato che la Corte territoriale non ha posto in essere alcuna violazione delle leggi denunciate accertando,da un lato, l’illiceità dei contratti di appalto,con ampia ed esauriente motivazione, e dall’altro confermando il diritto degli enti previdenziali a pretendere il pagamento dei contributi omessi dall’appaltatore nei confronti della committente ed anzi pervenendo ad affermare la sussistenza di rapporti di lavoro alle dipendenze della committente. Anche ai sensi della nuova normativa l’appalto, posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1, in mancanza dei requisiti di autonomia e genuinità, quale risulta accertato nella fattispecie in esame, resta illecito. In tale ipotesi sussiste la responsabilità ex lege del committente ai sensi dell’art. 29, comma 2, D.Lgs., citato, in solido con l’appaltatore per il pagamento delle retribuzioni verso i lavoratori addetti all’appalto e dei contributi verso gli enti previdenziali. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente il diritto del lavoratore di ottenere la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione ai sensi dell’art. 29, comma 3 bis, D.Lgs., citato, in caso di appalto illecito, non esclude sia il potere degli enti previdenziali di agire nei confronti del committente ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, per il recupero dei contributi omessi dall’appaltatore, sia, come nella fattispecie in esame, per il riconoscimento di veri e propri rapporti di lavoro subordinato con il committente, avendo la Corte territoriale ritenuto sussisterne i requisiti, avuto riguardo alla natura di diritti indisponibili dei diritti previdenziali la cui tutela e realizzazione non può dipendere dall’iniziativa del lavoratore. Nella specie la Corte territoriale, dopo aver ampiamente motivato circa la sussistenza di appalti illeciti, ha affermato che i lavoratori avevano lavorato in condizioni di sostanziale dipendenza dal committente e dunque da considerarsi dipendenti di quest’ultimo a tutti gli effetti, affermazioni non oggetto di specifiche censure da parte della ricorrente, con ogni conseguenza, anche sotto tale profilo, circa l’obbligo di pagare i contributi agli istituti previdenziali. In definitiva, per le considerazioni che precedono, la Corte territoriale ha correttamente affermato l’obbligo della committente Nuova Edil Konan di pagare i contributi o premi omessi per i lavoratori addetti all’appalto. 5. Sono invece, fondati gli altri due motivi. La Corte territoriale ha omesso di effettuare l’esame dell’efficacia satisfattiva dei pagamenti effettuati dall’appaltatrice a favore degli enti previdenziali così come richiesto. I pagamenti a titolo contributivo effettuati dall’appaltatore valgono a liberare il committente fino a concorrenza delle somme versate,così come dispone l’art. 29, comma 3 bis, che rinvia al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, comma 2. Tale principio costituisce un’applicazione della regola generale di cui all’art. 1180 c.c., che impone la verifica in concreto dell’avvenuto o meno integrale soddisfazione delle pretese contributive formulate dagli enti previdenziali. 6. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Milano anche per le spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il secondo e terzo motivo nei sensi di cui in motivazione cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Milano anche per le spese del presente giudizio.