Cassa Forense può ricalcolare la pensione degli iscritti anche unilateralmente nel limite di dieci anni

In assenza di norme che consentano all’ente previdenziale di rettificare senza limiti di tempo l’importo della pensione liquidata, tale potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16415/19, depositata il 19 giugno. Il caso. La Corte d’Appello di Torino confermava la pronuncia del Tribunale di rigetto della domanda dell’attore vertente sulla condanna di Cassa Forense alla corresponsione in suo favore della pensione annua lorda così come era stata determinata nell’anno 2009, successivamente rideterminata unilateralmente dall’ente. Avverso tale decisione, propone ricorso per cassazione il soccombente, lamentando la violazione del principio dell’affidamento, estensibile alle Casse professionali in virtù della loro natura privatistica, e contestando la successiva rideterminazione unilaterale da parte dell’ente. Il ricalcolo della pensione. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso infondato, ribadendo la natura di ente di diritto privato di Cassa Forense e la natura pubblica dell’attività da essa svolta. Posto ciò, la Corte afferma che non può invocarsi il principio dell’affidamento con riferimento all’ipotesi in cui l’ammontare della prestazione pensionistica correttamente calcolata sia stata oggetto di riduzioni unilaterali da parte dell’ente previdenziale, potendo tale importo essere limitato dalla legge, che può disporre in senso sfavorevole al soggetto anche quando la prestazione sia in corso di pagamento, fermo restando il fatto che la legge sopravvenuta non oltrepassi il limite della ragionevolezza, che si traduce nel divieto di ledere l’affidamento dell’assicurato in una consistenza della pensione, proporzionale alla quantità dei contributi versati . Una volta affermato ciò, gli Ermellini confermano la correttezza della decisione impugnata, ammettendo la possibilità di rettifica della liquidazione della pensione da parte di Cassa Forense entro determinati limiti di tempo, evidenziando che in assenza di specifica norma che consenta alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense [] di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata [] siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale . Tale principio può desumersi dall’art. 20 della l. n. 876/1980, il quale prevede la possibilità per l’ente di previdenza di controllare, al momento della domanda pensionistica, la corrispondenza tra dichiarazioni annuali e redditi, nonché le comunicazioni inviate ogni anno dall’iscritto, limitatamente agli ultimi 10 anni. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 aprile – 19 giugno 2019, n. 16415 Presidente Manna – Relatore Fernandes Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 16 luglio 2013, confermava la decisione del Tribunale di Ivrea di rigetto della domanda proposta da N.G. nei confronti della Cassa di Previdenza e Assistenza Forense d’ora in avanti, Cassa intesa ad ottenerne la condanna alla corresponsione in favore di esso istante della pensione annua lorda nella misura di Euro 11.040,17, con decorrenza 1 novembre 2009, sulla base dell’obbligazione che assumeva essere stata originariamente assunta dalla Cassa con proprie determinazioni e di cui alle comunicazioni in data 29 settembre 2009 e 27 ottobre 2010. 2. Per quello ancora di rilievo in questa sede, la Corte territoriale - premesso che nessuna contestazione era stata mossa dal N. in ordine all’applicazione del metodo contributivo per il calcolo della pensione di vecchiaia, nè alla correttezza dei relativi conteggi svolti dalla Cassa che avevano portato a determinare la pensione in Euro 382,09 mensili rilevava la infondatezza della pretesa dell’appellante secondo cui, stante la natura di ente autonomo con personalità giuridica di diritto privato della Cassa, quest’ultima si sarebbe obbligata a corrispondergli una pensione di importo pari ad Euro 11.040,17 con le missive del 29 settembre 2009 e 6 luglio 2010 integranti una proposta contrattualmente vincolante, da lui accettata con l’adesione dell’11 novembre 2009, obbligo che non poteva essere unilateralmente rideterminato. Osservava, infatti, che i presupposti e la misura delle prestazioni pensionistiche sono definite in termini inderogabili dalla legge e dal regolamento e sono suscettibili di mutamento sulla base di modifiche legislative e che la privatizzazione della Cassa non vale a mutare la natura assolutamente indisponibile della prestazione previdenziale dalla medesima gestita ed alla quale non si può applicare lo schema privatistico proposta contrattuale-accettazione . 3. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il N. affidato a due motivi cui resiste la Cassa con controricorso entrambi hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione del principio dell’affidamento garantito tanto dall’ordinamento giuridico nazionale che sovranazionale, estensibile alle Casse professionali stante la loro natura privatistica. Con il secondo motivo viene dedotta violazione degli artt. 1325, 1326, 1333 e 1334 c.c. assumendosi che la Cassa aveva avuto a disposizione tutti gli elementi necessari per procedere al calcolo della pensione quando determinò quest’ultima in Euro 11.040,17, come comunicato con le missive del 6 settembre e 27 ottobre 2009, ragion per cui legittimo era l’affidamento riposto dal N. in siffatta determinazione, affidamento da ritenere prevalente rispetto al carattere indisponibile della prestazione previdenziale si evidenzia, altresì, che quando la Cassa venne a conoscenza dell’accettazione del N. dell’importo indicato nelle summenzionate lettere del settembre ed ottobre 2009, non ebbe a formulare alcun rilievo e procedette al ricalcolo della pensione solo molti mesi dopo, senza neppure fornire alcuna spiegazione circa le ragioni poste a fondamento della operata riduzione dell’ammontare della prestazione. 5. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono infondati. 6. Con la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 1, comma 32 e comma 33, lett. a , punto 4, è stata conferita delega al Governo per riordinare o sopprimere enti pubblici di previdenza ed assistenza, ed è stata in particolare prevista la possibilità di privatizzare - nelle forme dell’associazione o della fondazione - gli enti che non usufruiscono di finanziamenti pubblici, con garanzie di autonomia ma ferme restando le finalità istitutive e l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali gli enti stessi risultano istituiti . 7. In attuazione di tale delega, il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1 contempla siffatto tipo di trasformazione, condizionandolo all’assenza di finanziamenti pubblici ed esplicitamente sottolineando la continuità della collocazione dell’ente nel sistema, come centro d’imputazione dei rapporti e soprattutto come soggetto preposto a svolgere le attività previdenziali ed assistenziali in atto. All’autonomia organizzativa, amministrativa e contabile riconosciuta ai singoli enti in ragione della loro mutata veste giuridica fanno riscontro un articolato sistema di poteri ministeriali di controllo sui bilanci e d’intervento sugli organi di amministrazione, nonchè una generale funzione di controllo sulla gestione da parte della Corte dei conti. 8. La suddetta trasformazione ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi e che l’obbligo contributivo costituisce un corollario, appunto, della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale Corte Cost. n. 248/1999 . 9. Pertanto la natura di ente di diritto privato della Cassa non può essere messa in dubbio ma del pari innegabile è la natura pubblica dell’attività dalla stessa svolta. 10. In siffatta situazione è evidente, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, che la privatizzazione della Cassa non vale a mutare la natura assolutamente indisponibile ed inderogabile delle norme - di legge o regolamentari - disciplinanti la prestazione previdenziale alla quale non si può applicare lo schema privatistico proposta contrattuale-accettazione . 11. Nè è invocabile nel caso in esame il principio dell’affidamento declinato da questa Corte con riferimento ad ipotesi in cui l’ammontare della prestazione pensionistica, correttamente calcolata in proporzione ai contributi versati e secondo la normativa vigente, era stato oggetto di unilaterali riduzioni da parte di provvedimenti dell’ente previdenziale. È stato infatti affermato che una volta maturato il diritto alla pensione di anzianità, l’ente previdenziale debitore non può, con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l’importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poichè ciò lederebbe l’affidamento del pensionato, tutelato dall’art. 3 Cost., comma 2, nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo. Questa Corte è giunta ad affermare tale principio sul rilievo che .il diritto soggettivo alla pensione, che per il lavoratore subordinato o autonomo matura quando si verifichino tutti i requisiti, può essere limitato, quanto alla proporzione fra contributi versati ed ammontare delle prestazioni, dalla legge, la quale può disporre in senso sfavorevole anche quando, maturato il diritto, siano in corso di pagamento i singoli ratei, ossia quando il rapporto di durata sia nella fase di attuazione. È però necessario che la legge sopravvenuta non oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia che non leda l’affidamento dell’assicurato in una consistenza della pensione, proporzionale alla quantità dei contributi versati. La giurisprudenza della Corte costituzionale è costante nel ritenere illegittima la norma che violi l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto Corte Cost. 10 febbraio 1993 n. 39, 2 6 gennaio 1994 nn. 6 e 16, 28 febbraio 1997 n. 50, 23 dicembre 1997 n. 432, 22 novembre 2000 n. 525 . Questo limite costituzionale imposto al legislatore induce a maggior ragione a ritenere contrario al principio di ragionevolezza art. 3 Cost., comma 2 l’atto infralegislativo, amministrativo o negoziale, con cui l’ente previdenziale debitore riduca unilateralmente l’ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si svolge, ossia non si limiti a disporre pro futuro con riguardo a pensioni non ancora maturate. In tal caso l’iniziativa unilaterale, e non legislativa, colpirebbe più gravemente la sicurezza dei rapporti giuridici. Cass. n. 11792 del 07/06/2005 . 12. Peraltro, la pronuncia di questa Corte richiamata a sostegno del secondo motivo di ricorso Cass. n. 501 del 13/01/2009 conferma la correttezza della decisione qui impugnata perchè non solo riafferma la natura pubblica dell’attività svolta dalla Cassa, ma ammette che la stessa possa procedere alla rettifica della liquidazione della pensione, entro determinati limiti temporali ed infatti ha chiarito che In materia di previdenza forense, in assenza di specifica norma che consenta alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense - ente con personalità di diritto privato - di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata a differenza di quanto è previsto dalla L. n. 88 del 1989, art. 52 in riferimento alle gestioni previdenziali affidate all’INPS , siffatto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale, secondo quanto è dato desumere dalla L. n. 876 del 1980, art. 20 che prevede la facoltà dell’ente previdenziale di controllare, all’atto della domanda di pensione, la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dallo stesso iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni, così da far prevalere l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto all’esigenza di far valere, senza limiti temporali, l’esatta corrispondenza della posizione contributiva-previdenziale delle regole disciplinanti la sua configurazione. . 13. Alla luce di quanto esposto il ricorso va rigettato. 14. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo. 15. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 legge di stabilità 2013 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. n. 22035 del 17/10/2014 Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi . P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.