Cento sfumature de “la parità di trattamento retributivo”

In tema di passaggio dei lavoratori ad una diversa pubblica amministrazione, le disposizioni normative che garantiscono il mantenimento del trattamento economico e normativo non implicano la parificazione coi dipendenti già in servizio presso il datore di lavoro di destinazione.

Questa la decisione della Corte di Cassazione espressa nella sentenza n. 15281/19, depositata il 5 giugno. L’approdo a Roma Capitale Due lavoratrici, già dipendenti del pubblico settore, passavano alle dipendenze di Roma Capitale con passaggio diretto ex art. 30 d.lgs. n. 165/2001. In questo frangente veniva loro revocata l’attribuzione della classe economica con conseguente diminuzione della retribuzione, ma con mantenimento del livello retributivo. La determina dirigenziale di revoca motivava la scelta sulla base dell’insussistenza dell’anzianità di servizio di almeno un anno nella posizione economica inferiore alle dipendenze del datore di lavoro di nuova destinazione, ossia Roma Capitale. Secondo le lavoratrici la predetta determina doveva essere annullata e/o disapplicata poiché in contrasto con il principio di parità del trattamento retributivo nel passaggio da una p.a. ad un’altra. In altri termini, secondo le lavoratrici ricorrenti in cassazione, l’attribuzione della classe economica doveva rimanere invariata in ragione dell’anzianità di servizio maturata prima del passaggio, presso la precedente P.A Cosa succede alla retribuzione nel passaggio da una p.a. ad un’altra? In primo luogo è bene precisare che il passaggio diretto da una P.A. ad un’altra deve avvenire in regime di continuità giuridica, ossia senza variazione alcuna di livello di inquadramento e retribuzione. Il legislatore ha quindi voluto vietare una reformatio in pejus delle condizioni di lavoro, occasionata dal passaggio diretto che, si ricorda, non è un trasferimento bensì una fase diversa di un unico rapporto di lavoro in essere con la pubblica amministrazione, generalmente intesa. Tale divieto però consente che la diversità delle fasi lavorative possa essere valorizzata da nuovo datore di lavoro, a condizione che il trattamento differenziato non implichi la mortificazione di un diritto già acquisito dal lavoratore. Infatti, alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale si rileva che l’anzianità di servizio non è uno status che il lavoratore possa far valere sempre comunque e indiscriminatamente. L’anzianità di servizio, infatti, deve essere salvaguardata in modo assoluto solo nei casi in cui alla stessa siano collegati benefici economici, ossia in tutti i casi in cui il mancato riconoscimento della pregressa anzianità possa comportare un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito/passato. Diversamente l’anzianità di servizio pregeressa non può essere fatta valere dal lavoratore per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al nuovo datore di lavoro, il quale ben può, ai fini della progressione in carriera, valorizzare l’esperienza maturata alle proprie dipendenze, differenziandola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto, ossia quella riferibile alla carriera in seno ad altra P.A Su questa linea si pone anche la Corte di Giustizia dell’unione Europea che, con riferimento alla Dir. 2001/23/CE sui trasferimenti di risorse umane, ha precisato che è diritto del lavoratore mantenere i diritti già acquisiti presso il datore di lavoro cedente, ma l’anzianità di servizio maturata presso quest’ultimo non costituisce di per sé un diritto di cui i lavoratori possano avvalersi nei confronti del cessionario essa serve, semmai, a mantenere invariati alcuni diritti di tipo pecuniario. Ne consegue che, ai fini della progressione economica, il nuovo datore di lavoro può legittimamente decidere di valorizzare un’esperienza professionale specifica , maturata alle sue dipendenze, distinguendola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto di lavoro e ciò senza violare il principio della parità di trattamento retributivo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 14 marzo – 5 giugno 2019, n. 15281 Presidente Napoletano – Relatore Marotta Rilevato che 1.1. con ricorso al Tribunale di Roma C.F.R. e L.M., dipendenti del Comune di omissis rispettivamente dal 2/5/2007 con inquadramento nella categoria D, posizione economica D3 e dall’1/6/2007 con inquadramento nella categoria D, posizione economica D2 a seguito di passaggio diretto ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 da altre pubbliche amministrazioni la C. dal Comune di omissis , la L. dal Centro Regionale omissis , convenivano in giudizio omissis già Comune di omissis chiedendo che fosse annullata e/o disapplicata la determina dirigenziale n. 26661/2008 con la quale era stata disposta la revoca dell’attribuzione della classe economica per non essere sussistente il presupposto dell’anzianità di servizio di almeno un anno nella posizione economica inferiore alle dipendente del Comune di omissis ad avviso delle ricorrenti doveva essere considerata utile anche l’anzianità di servizio dalle stesse maturata prima del passaggio alle dipendenze del Comune di omissis 1.2. il Tribunale accoglieva le domande 1.3. la decisione era riformata dalla Corte d’appello di Roma riteneva la Corte territoriale che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, stabilendo che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento , disciplinasse il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, -con riconoscimento del servizio prestato a tutti gli effetti,’ ma non sostituisse il datore di lavoro pubblico precedente finché il rapporto fosse in essere con il medesimo rilevava che l’art. 40 del contratto collettivo decentrato integrativo del Comune di omissis e il punto 2.1. del contratto collettivo decentrato per la quantificazione e ripartizione del fondo politiche di sviluppo delle risorse umane per la produttività anno 2007 dovessero interpretarsi nel senso che la progressione di carriera poteva riconoscersi solo per il lavoratori che alla data del 31/12/2006 avessero maturato un’anzianità di servizio nella posizione inferiore alle dipendenze del Comune di omissis , ciò anche in considerazione del fatto che tale disposizione era da intendersi riferita ad una quantità predeterminata di risorse con diretto riscontro numerico dei dipendenti interessati alla data individuata del 31/12/2006 traeva, inoltre, ulteriore argomento a sostegno di tale interpretazione dal fatto che la progressione, a termini della clausola di cui al punto 2.1. del c.c.d.i., veniva riconosciuta con decorrenza giuridica dall’1/1/2007 e decorrenza economica dall’1/4/2007, date in cui le appellate erano dipendenti di altre amministrazioni 2. per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso le lavoratrici affidato a due motivi 3. omissis ha resistito con controricorso 4. il Procuratore Generale ha presentato requisitoria con cui ha concluso per il rigetto del ricorso 5. le ricorrenti hanno depositato memoria. Considerato che 1.1. con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 art. 360 c.p.c., n. 3 lamentano che la Corte territoriale nell’escludere la continuità giuridica in caso di mobilità volontaria prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 avrebbe disatteso il principio affermato da Cass., Sez. Un., 10 novembre 2010, n. 22800 ed ancora da Cass., Sez. Un., 12 gennaio 2011, n. 503 e da Cass. 27 agosto 2014, n. 18416, principio riconosciuto anche dalla Corte di Giustizia UE 6 settembre 2011 n. 108/10 1.2. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 1362 c.c. e ss. in relazione all’interpretazione dell’art. 40 del c.c.d.i. del Comune di omissis ed all’art. 2.1. del c.c.d. rilevano che l’interpretazione corretta non potesse essere che nel senso di dare rilievo anche alla precedente anzianità e ciò anche perché la norma pattizia non faceva alcun espresso riferimento all’anzianità maturata presso il Comune di omissis 2.1. i motivi da trattarsi congiuntamente in ragione dell’intrinseca connessione sono infondati 2.2. questa Corte ha già ritenuto, condivisibilmente, che in tema di passaggio di lavoratori ad una diversa amministrazione, le disposizioni normative che garantiscono il mantenimento del trattamento economico e normativo, non implicano la parificazione con i dipendenti già in servizio presso il datore di lavoro di destinazione v. Cass. 3 agosto 2007 n. 17081 Cass. 17 luglio 2014, n. 16422 la prosecuzione giuridica del rapporto, infatti, se da un lato rende operante il divieto di reformatio in peius, dall’altro non fa venir meno la diversità fra le due fasi di svolgimento del rapporto medesimo, diversità che può essere valorizzata dal nuovo datore di lavoro, sempre che il trattamento differenziato non implichi la mortificazione di un diritto già acquisito dal lavoratore 2.3. muovendo da detta premessa questa Corte v. Cass. 17 settembre 2015, n. 18220 Cass. 25 novembre 2014, n. 25021 Cass. 3 novembre 2011, n. 22745 Cass. 18 maggio 2011, n. 10933 Cass., Sez. Un., 10 novembre 2010, n. 22800 ha evidenziato che l’anzianità di servizio, che di per sé non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore, deve essere salvaguardata in modo assoluto solo nei casi in cui alla stessa si correlino benefici economici ed il mancato riconoscimento della pregressa anzianità comporterebbe un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito 2.4. l’anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere da quest’ultimo per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario Cass., Sez. Un., n. 2280/2010 cit. e Cass. n. 25021/2014 cit. , nè può essere opposta al nuovo datore per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l’ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti non delle aspettative già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto il nuovo datore, pertanto, ben può ai fini della progressione di carriera valorizzare l’esperienza professionale specifica maturata alle proprie dipendenze, differenziandola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto v. Cass. n. 17081/2007 Cass., Sez. Un., n. 22800/2010 Cass. 22745/2011 citate e, in relazione all’impiego privato, Cass. 25 marzo 2009, n. 7202 2.5. le. conclusioni alle quali questa Corte è pervenuta trovano conforto, nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo che, a prescindere dalla applicabilità o meno al trasferimento di attività che qui viene in rilievo della direttiva 2001/23/CE, deve orientare nell’interpretazione della norma interna con la quale il legislatore ha adeguato il diritto nazionale a quello dell’Unione l’art. 2112 c.c. è stato modificato dal D.Lgs. n. 18 del 2001, in attuazione della direttiva 98/50/CE, poi sostituita dalla direttiva 2001/23/CE la Corte di Giustizia con la recente pronuncia del 6 aprile 2017 in causa C-336/15, ha ribadito che lo scopo della direttiva è solo quello di assicurare il mantenimento dei diritti già acquisiti dai lavoratori trasferiti e che l’anzianità maturata presso il cedente non costituisce di per sé un diritto di cui i lavoratori possano avvalersi nei confronti del cessionario, ciò nondimeno essa serve, se del caso, a determinare taluni diritti pecuniari dei lavoratori, che pertanto devono essere salvaguardati, in linea di principio dal cessionario allo stesso modo del cedente punti 21 e 22 nei quali la Corte richiama le sentenza 6 settembre 20112 Scattolon, C108/10 e 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C-343/98 2.6. sicché può risultare irrilevante, ai fini della progressione di carriera, l’anzianità maturata presso l’ente di provenienza, ove, come nella specie, in sede di contrattazione decentrata integrativa presso il nuovo datore di lavoro, si sia inteso valorizzare, ai fini di una progressione economica, l’esperienza professionale specifica maturata alle dipendenze di tale datore e cristallizzata ad una determinata data, distinguendola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto v. anche Cass. 3 maggio 2018, n. 10528 2.7. è così immune da vizi l’interpretazione della Corte territoriale dell’art. 40, comma 3, del c.c.d.i. del Comune di omissis , sottoscritto il 18 ottobre 2005 prevedente testualmente che Sono ammessi a partecipare alle selezioni i dipendenti che alla data di svolgimento della selezione - hanno maturato un’anzianità di servizio effettivo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato di almeno due anni non abbiano riportato sanzioni disciplinari definitive superiori alla censura nel biennio precedente in lettura combinata con il punto 2.1. del c.c.d.i. sottoscritto in data 26/9/2007 per la quantificazione e ripartizione del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività per l’anno 2007 prevedente che l’Amministrazione attiverà il procedimento per la progressione economica orizzontale per tutti i dipendenti che alla data del 31 dicembre 2006 abbiano maturato un’anzianità di almeno un anno nella posizione economica inferiore , nel senso di elevare la qualità di dipendente del Comune di omissis alla data del 31 dicembre 2016 a discrimine ai fini del riconoscimento economico, in quanto coerente con una scelta di valorizzazione del personale che sviluppa la propria carriera all’interno di quel comparto 2.8. non si tratta, dunque, dell’attribuzione di un peggioramento retributivo al momento del passaggio da un’amministrazione all’altra per effetto del mancato riconoscimento dell’anzianità maturata presso il cedente stigmatizzato ed escluso nelle pronunce di questa Corte a Sezioni unite invocate dalle ricorrenti oltre che nella decisione della Corte di Giustizia UE n. 108/10 ma di una scelta delle parti collettive dell’amministrazione di destinazione di attribuire rilievo all’esperienza professionale maturata presso quel comparto e così di riconoscere la progressione economica solo in favore di quei dipendenti che entro un’indicata data avessero maturato un’anzianità di almeno un anno nella posizione economica inferiore 2.9. peraltro la correttezza dell’interpretazione della Corte territoriale, ossia che l’anzianità richiesta fosse quella maturata alle dipendenze. del Comune di omissis , emerge proprio dal richiamato punto 2.1. del c.c.d. che, avuto riguardo alle esperienze dei dipendenti cristallizzate al 31/12/2006, non poteva certo rivolgersi a coloro che, come le ricorrenti, a quella data non erano dipendenti dell’ente 3. da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato 4. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza 5. deve darsi atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.