Assegno nucleo familiare e pensione di reversibilità: chi li chiede? E quando?

Ribaditi i presupposti di spettanza delle due prestazioni previdenziali la pensione di reversibilità spetta al coniuge e figli superstiti che, al momento della morte del pensionato dell'assicurato, non abbiano superato 18 anni di età e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi. L'assegno per il nucleo familiare è una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da una o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di sotto delle fasce reddituali stabilite di anno in anno dalla legge.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nell’ordinanza 12674/19, depositata il 13 maggio. La fattispecie. Il Tribunale di Lecce rigettava la domanda proposta da una donna volta ad ottenere l'assegno per il nucleo familiare sulla pensione diretta per la figlia maggiorenne inabile e il riconoscimento della contitolarità con la medesima della pensione di reversibilità. Entrambe le domande venivano rigettate la donna, infatti, non aveva la legittimazione attiva ad agire per conto della figlia, persona maggiorenne. Mancava, inoltre, un provvedimento di nomina della ricorrente come tutrice o curatrice quanto alla prima domanda, il Tribunale rilevava, poi, che la figlia non era persona totalmente inabile. Tali decisioni venivano ribaltate in secondo grado. L’INPS ricorre in Cassazione. Pensione di reversibilità può chiederla solo chi ne è titolare per legge. La Suprema Corte accoglie il ricorso la Corte d'Appello avrebbe dovuto accertare la sussistenza in capo alla donna dei poteri rappresentativi che le consentissero di agire in giudizio per far valere un diritto proprio della figlia. Si ricorda, infatti, che per legge, la pensione di reversibilità spetta al coniuge e figli superstiti che, al momento della morte del pensionato dell'assicurato, non abbiano superato 18 anni di età e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi. La pensione di reversibilità è, dunque, un diritto che sorge in capo al coniuge e ai figli superstiti che si trovino nelle condizioni stabilite dalla legge, ciascuno dei quali è titolare del diritto per la quota di specifica spettanza ed è, dunque, legittimato a far valere tale diritto in giudizio, non ricorrendo alcuna ipotesi di sostituzione processuale che – tra l’altro -, nel caso concreto, non è mai stata dedotta. Assegno per il nucleo familiare chi può chiederlo e quando. La Cassazione si sofferma, poi, sull'assegno per il nucleo familiare, una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da una o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di sotto delle fasce reddituali stabilite di anno in anno dalla legge. Se si agisce in giudizio per far valere il proprio diritto all’assegno occorre, dunque, provare lo svolgimento effettivo di attività lavorativa e l’ammontare del reddito da lavoro dipendente la legge, infatti, stabilisce che l'assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente, è inferiore al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare. La Corte d’Appello non ha effettuato questo accertamento. Previdenza che significa essere inabile al lavoro? Un ulteriore dato su cui i Supremi Giudici si soffermano è la nozione di inabilità” che vale per integrare il diritto sia alla relativa pensione sia alla pensione di reversibilità sia ai fini del diritto agli assegni familiari. Inabili sono le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, intendendo per tale quella determinata esclusivamente dalla infermità ovvero dal difetto fisico o mentale e non da circostanze estranee alle condizioni di salute. La Corte territoriale non si è attenuta a questi principi, avendo riconosciuto la prestazione pur in mancanza del necessario requisito sanitario. Alla luce di quanto detto, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di giudizio, alla Corte d'appello di Lecce in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 6 febbraio – 13 maggio 2019, n. 12674 Presidente Curzio – Relatore Doronzo Rilevato che il Tribunale di Lecce ha rigettato la domanda proposta da P.L. , volta ad ottenere l’assegno per il nucleo familiare sulla pensione diretta per la figlia maggiorenne inabile, C.R. , nonché il riconoscimento della contitolarità con la medesima della pensione di reversibilità in godimento, con la condanna dell’Inps alle relative prestazioni il Tribunale ha osservato che, con riguardo a quest’ultima domanda, la P. non aveva la legittimazione attiva ad agire per conto della figlia, trattandosi di persona maggiorenne e in mancanza di un provvedimento di nomina della ricorrente come tutrice o curatrice quanto alla prima domanda, l’ha rigettata perché la C. non è persona totalmente inabile la Corte d’appello di Lecce, invece, in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla P. , ha accolto entrambe le domande ricorre per cassazione l’Inps formulando quattro motivi, mentre la P. non svolge attività difensiva la proposta del relatore sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata. Considerato che i motivi di ricorso sono quattro 1 violazione degli artt. 342 e 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. il ricorrente osserva che nell’atto d’appello la P. non aveva specificamente censurato l’affermazione del tribunale secondo cui ella difettava di legittimazione attiva in ordine alla domanda avente ad oggetto la contitolarità della pensione di reversibilità, sicché la sentenza, in parte qua, era passata in giudicato 2 violazione dell’art. 81 c.p.c. la Corte territoriale non ha considerato che solo l’interessata, C.R. , avrebbe potuto proporre la domanda, non risultando dagli atti del giudizio che l’originaria ricorrente disponesse dei poteri di rappresentanza della figlia 3 violazione o falsa applicazione del D.L. 13 marzo 1988, n. 69, art. 2, comma 6, convertito con modificazioni in L. 13 maggio 1988, n. 153 il CTU anche d’appello aveva escluso la condizione di totale inabilità della C. , riconoscendole una riduzione della capacità di lavoro nella misura del 93% 4 violazione o falsa applicazione del combinato disposto delle norme richiamate nel terzo motivo e dell’art. 2697 c.c. la Corte d’appello non aveva accertato il possesso in capo alla P. delle condizioni reddituali necessarie per la insorgenza del diritto all’assegno per nucleo familiare il ricorso deve essere accolto in ordine i primi due motivi, che si affrontano congiuntamente involgendo la stessa questione, deve rilevarsi che - a prescindere da ogni questione sulla specificità della censura sollevata dalla P. e sull’eventuale passaggio in giudicato del capo con cui il tribunale ha escluso la legitimatio ad causam della ricorrente - è certo che, per ribaltare il giudizio del Tribunale, la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare la sussistenza in capo alla P. dei poteri rappresentativi che le consentivano di agire in giudizio per far valere un diritto proprio della figlia la pronuncia si pone in violazione dell’art. 81 c.p.c., a norma del quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge tale norma comporta - trattandosi di materia attinente al contraddittorio e mirando a prevenire una sentenza inutiliter data – la verifica, anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo con il solo limite della formazione del giudicato interno sulla questione e in via preliminare al merito, della coincidenza dell’attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta Cass. S.U. 09/02/2012, n. 1912 Cass. 08/08/2012, n. 14243 Cass. 06/12/2018, n. 31574 è certo infatti che, a norma del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 13, convertito in L. n. 1272 del 1939, la pensione di reversibilità spetta al coniuge e figli superstiti che, al momento della morte del pensionato dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi la pensione di reversibilità è dunque un diritto che sorge in capo al coniuge e ai figli superstiti che si trovino nelle condizioni stabilite dalla legge, ciascuno dei quali è titolare del diritto per la quota di specifica spettanza ed è, dunque, legittimato a far valere tale diritto in giudizio, non ricorrendo alcuna ipotesi di sostituzione processuale art. 81 c.p.c. , nella specie mai dedotta anche il terzo e il quarto motivo sono fondati l’assegno per il nucleo familiare, istituito con il D.L. 13 marzo 1988, n. 69, art. 2, convertito con modificazioni nella L. 13 maggio 1988, n. 153, è una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da una o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di sotto delle fasce reddituali stabilite di anno in anno dalla legge la disciplina dettata dal D.L. 13 marzo 1988, n. 69 cit., art. 2, comma 3, ha rinviato, per quanto non previsto, alle disposizioni del T.U. sugli assegni familiari, approvato con il D.P.R. 30 maggio 1955, n. 1124 e, dunque, ha lasciato in vigore la disciplina preesistente per quel che riguarda i presupposti oggettivi e le modalità di erogazione della prestazione, la quale assume a parametro, per il riconoscimento del diritto, il reddito familiare nel D.L. n. 69 del 1988 cit., art. 2, comma 10, è previsto che l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare ne consegue che, a norma dell’art. 2697 c.c., qualora si agisca in giudizio per far valere il proprio diritto all’assegno per il nucleo familiare occorre provare non solo lo svolgimento effettivo dell’attività lavorativa, ma anche l’insussistenza della condizione ostativa di cui al citato D.L. n. 69 del 1988, art. 2, comma 10 v. Cass. 27 marzo 2004, n. 6155 v. pure Cass. 17 aprile 2014, n. 8973 la corte territoriale ha omesso di compiere questo accertamento, con la conseguenza che la sentenza deve essere cassata ulteriore profilo, rilevante nella controversia in esame, è quello relativo al destinatario della prestazione, che vede come unità di riferimento il nucleo familiare, che può essere composto dal richiedente lavoratore o titolare della pensione, dal coniuge che non sia legalmente ed effettivamente separato dai figli ed equiparati di età inferiore a 18 anni, conviventi o meno, ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro la L. n. 222 del 1984, ha introdotto un’unica ed unitaria nozione di inabilità che vale per integrare il diritto sia alla relativa pensione art. 2 , sia alla pensione di reversibilità come si evince dal riferimento contenuto nella legge cit., art. 8 e della L. 21 luglio 1965 n. 903, artt. 21 e 22 , sia ai fini del diritto agli assegni familiari, posto che l’art. 8 cit., comma 2 sostituisce l’art. 4 del TU 30 maggio 1955, n. 797 Cass. 26/08/2004, n. 16955 Cass. 26/6/2016, n. 10953 Cass. 9/4/2018, n. 8678 sono quindi inabili alla stregua della L. n. 222 del 1984, artt. 2 e 8, contenenti identica dizione, le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa la assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa deve essere deteiminata esclusivamente dalla infermità ovvero dal difetto fisico o mentale, non già da circostanze estranee alle condizioni di salute, senza che debba verificarsi, in caso di mancato raggiungimento di una totale inabilità, il possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto in tal senso, Cass. n. 10953/2016, cit., e Cass. n. 8678/2018, cit. la Corte territoriale non si è attenuta a questi principi, avendo riconosciuto la prestazione pur in mancanza del necessario requisito sanitario, avendo accertato, in conformità al parere espresso dal c.t.u. una percentuale di inabilità della C. del 93% il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altro Giudice che si designa nella Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, il quale si atterrà ai principi di diritto su espressi e provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione.