Ragioni produttive e licenziamento: l’impossibilità di ricollocare il lavoratore va provata anche solo con presunzioni

I presupposti di legittimità del recesso per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3 l. n. 604/1966 sono sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore, sebbene non sussista un onere del lavoratore di indicare quali siano i posti disponibili in azienda ai fini del repêchage gravando la prova della impossibilità di ricollocamento sul datore di lavoro . Una volta accertata, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, tale impossibilità, la mancanza di allegazioni del lavoratore circa l’esistenza di una posizione lavorativa disponibile vale a corroborare il descritto quadro probatorio.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 5996/19, depositata il 28 febbraio. Il lavoratore distaccato che viene licenziato per giustificato motivo deve verificare i motivi oggettivi presso la distaccante. La Cassazione si è trovata a definire il caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente distaccato presso un’altra azienda del medesimo gruppo. Il lavoratore ritenendo che il licenziamento fosse giustificato anche dalla cessazione dell’interesse al distacco svolgeva precisa doglianza. La Cassazione ha chiarito come il motivo che sorregge il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere attestato con riferimento all’organizzazione aziendale del distaccante esistente all’epoca del licenziamento se sussiste l’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle che svolgeva il licenziamento è legittimo, indipendentemente dalla cessazione dell’interesse al distacco e alla soppressione del posto di lavoro presso il terzo distaccato. Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società dello stesso gruppo non è sufficiente ad estendere l’obbligo di repêchage su tutte le aziende del gruppo. Le società appartenenti al medesimo gruppo, pur avendo un collegamento economico funzionale, non assumono solidalmente le obbligazioni che ciascuna di esse ha nei confronti dei propri dipendenti. Nel contesto di una distinta soggettività giuridica ogni società appartenente a un gruppo di imprese ha l’interesse a concorrere, anche col distacco dei propri dipendenti, alla realizzazione di strutture produttive comuni coerenti con gli obiettivi di efficienza e funzionalità del gruppo, senza tuttavia rappresentare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro sottesi. Solo la sussistenza di un unico centro di imputazione di interessi giustificherebbe l’obbligazione solidale da parte del datore di lavoro non ravvisandosi tale presupposto deve sempre esser respinta qualunque ipotesi di responsabilità solidale avanzata dal dipendente. Art. 35 Costituzione VS Art. 41 Costituzione? La conclusione che non piace ai lavoratori. La sentenza commentata offre lo per constatare come, nel quadro degli interessi tutelati dalla Costituzione, emerga chiaramente la tensione tra la libertà di iniziativa economica privata e la tutela del lavoro. Se da un lato è onere datoriale quello di preservare la posizione lavorativa delle persone e tutelarne lo sviluppo professionale, è altrettanto vero che i modelli di organizzazione e gestione aziendale tendono ad accorpare funzioni sopprimendo alcuni ruoli, con inevitabile perdita di occupazione. Il bilanciamento di questi interessi potrebbe raggiungersi solo con la creazione di nuove occasioni di lavoro per chi subisce” le riorganizzazioni considerato che l’azienda, quale organizzazione dinamica, risponde alle proprie esigenze adattando il proprio funzionamento alle contingenze specifiche, anche provvedendo alla soppressione dei posti di lavoro.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 gennaio – 28 febbraio 2019, n. 5996 Presidente Nobile – Relatore Boghetich Fatti di causa 1. Con sentenza depositata il 31.3.2017 la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della pronuncia del Tribunale di Isernia, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato, per giustificato motivo oggettivo, l’1.6.2010 a O.M. , dipendente della Proma SSA s.r.l. con mansioni di responsabile di produzione/fabbricazione. 2. La Corte territoriale, per quel che interessa, ha ritenuto dimostrati la crisi aziendale concernente sia lo stabilimento di , della società Proma SSA s.r.l. - datrice di lavoro, sia di quello di omissis della Proma s.p.a. società appartenente al medesimo gruppo presso cui l’O. era stato distaccato, nonché la riduzione di personale, la riorganizzazione della società datrice di lavoro con l’introduzione della nuova figura di responsabile operativo del gruppo societario nella persona di M.D. , dipendente della società Proma s.r.l 3. O.M. ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a due motivi. La società Proma SSA s.r.l. ha depositato controricorso nonché ricorso incidentale condizionato affidato a quattro motivi. Con ordinanza interlocutoria del 12.9.2018 la Sezione VI di questa Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla Sezione Lavoro. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia omessa pronuncia sulla domanda di violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 30, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 avendo, la Corte distrettuale, soprasseduto di deliberare sulla richiesta di accertamento della illegittimità del distacco di M.D. , dipendente della società Proma s.p.a. facente parte del medesimo gruppo societario, presso lo stabilimento di di proprietà della Proma SSA s.r.l. 2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, L. n. 223 del 1991, art. 5, artt. 1175, 1375 e 2697 c.c., nonché vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 avendo, la Corte distrettuale, trascurato che l’O. vantava un’anzianità di servizio e carichi di famiglia maggiori del dipendente M. e che, pertanto, erano stato dedotti i criteri di scelta e, comunque, i criteri di buona fede e correttezza, considerato altresì che il ricorso introduttivo del giudizio deduceva che l’O. poteva anche essere utilizzato in mansioni inferiori. 3. Con i quattro motivi di ricorso incidentale espressamente indicati come condizionati all’accoglimento del ricorso principale , si denuncia violazione degli artt. 345, 437, 414, 416, 420 e 434 c.p.c., L. n. 604 del 1966, art. 6, artt. 1324, 1325, 1350, 2724, 2725 e 2704 c.c., nonché omessa pronuncia e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 con riguardo ai profili di inammissibilità, per decadenza, dell’impugnativa di licenziamento proposta dall’O. , avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto che la lettera della società dell’1.6.2010 irrogasse il licenziamento e non meramente un periodo di CIGS e che il lavoratore avesse dedotto tempestivamente nonché provato di aver impugnato la suddetta lettera con missiva del 9.6.2010. La Corte, inoltre, non si è avveduta del passaggio in giudicato del punto della sentenza del Tribunale di Isernia ove si affermava che il lavoratore non risultava aver impugnato la lettera del 12.8.2010 con la quale la società aveva comunicato il licenziamento al lavoratore in considerazione dello spirare del termine della CIGS. 4. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile. La doglianza relativa alla illegittimità del distacco del dipendente della diversa società Proma s.p.a. M. appare nuova, non essendo stata la questione specificamente trattata nella decisione impugnata che si occupa, invece, delle diverse questioni inerenti la crisi aziendale della società Proma SSA s.r.l. datrice di lavoro dell’O. , della riorganizzazione delle due società del gruppo, del distacco dell’O. presso la Proma s.p.a. Lo stralcio del ricorso introduttivo del giudizio proposto dal ricorrente conferma tale assunto, emergendo, invero, la mera contestazione della violazione dei criteri di scelta da parte del datore di lavoro Proma SSA s.r.l. dell’O. , né, d’altra parte, risultando essere stata richiesta la chiamata in giudizio dei soggetti interessati il dipendente M. e la società Proma s.p.a. . 5. Il secondo motivo è infondato. Preliminarmente, questa Corte ha affermato la non automatica applicabilità dei criteri di scelta previsti dalla L. n. 223 del 1991, per i licenziamenti collettivi a licenziamenti individuali plurimi vedi in motivazione, Cass. n. 18780 del 2015 Cass. n. 22672 del 2018 , che possono invece soccorrere nelle ipotesi in cui il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifichi nella generica esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile requisito che non risulta oggetto di censura . Né risultano applicabili i criteri di buona fede e correttezza a dipendenti appartenenti a datori di lavoro diversi, società giuridicamente distinte seppur appartenenti al medesimo gruppo societario, quali la Proma SSA s.r.l. e la Proma s.p.a Questa Corte ha affermato che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore distaccato presso un terzo, gli elementi costitutivi del giustificato motivo oggettivo devono essere verificati con riferimento all’ambito aziendale del datore di lavoro distaccante, sul quale ricade anche l’onere di provare, con riguardo all’organizzazione aziendale esistente all’epoca del licenziamento, l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore a mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, con la conseguenza che non è sufficiente ad integrare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento la mera cessazione dell’interesse al distacco o la soppressione del posto presso il terzo distaccato Cass. n 5403 del 2010 . Più recentemente, questa Corte - seppur esaminando l’apparato sanzionatorio dettato dall’art. 18, comma 7, st.lav., come novellato dalla L. n. 92 del 2012 - ha precisato che i presupposti di legittimità del recesso per giustificato motivo oggettivo di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 3, sono sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore, cd. repechage Cass. n. 10435 del 2018 , e che, sebbene non sussista un onere del lavoratore di indicare quali siano i posti disponibili in azienda ai fini del repechage gravando la prova della impossibilità di ricollocamento sul datore di lavoro , una volta accertata, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, tale impossibilità, la mancanza di allegazioni del lavoratore circa l’esistenza di una posizione lavorativa disponibile vale a corroborare il descritto quadro probatorio Cass. n. 12794 del 2018 . Inoltre, va sottolineato che il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro Cass. n. 17368 del 2016, in motivazione Cass. n. 11166 del 2018 . La sentenza impugnata ha correttamente proceduto all’accertamento relativo alle ragioni organizzative-produttive che hanno determinato il licenziamento dell’O. , rilevando di aver conseguito la prova della crisi aziendale della società distaccante datrice di lavoro dell’O. , della conseguente riduzione del personale, della soppressione del ruolo di Responsabile di fabbricazione/produzione e dell’introduzione della nuova figura di Responsabile operativo del gruppo societario la cui nomina era appannaggio di altra società del gruppo Proma s.p.a. , gruppo societario che non è stato configurato come centro unico di imputazione di interessi. La doglianza relativa alla mancata prova di offerta, all’O. , di altre mansioni anche inferiori compatibili con la professionalità acquisita appare nuova e, perciò, inammissibile, non essendo stata la questione trattata nella decisione impugnata che si occupa, invece, della diversa questione inerente la sussistenza della ragione produttiva del licenziamento ossia la crisi aziendale della società Proma SSA e la conseguente riduzione del personale , né avendo indicato parte ricorrente i tempi e i modi della tempestiva introduzione nel giudizio di primo grado e, quindi, della sua devoluzione al Giudice del gravame. La censura presenta, inoltre, ulteriori profili di inammissibilità quanto alla genericità della deduzione ed alla modalità di articolazione non essendo stata proposta quale omessa pronuncia - ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, - riguardo ad una delle domande avanzate nel ricorso introduttivo del giudizio . Infine, in ordine al distacco dell’O. presso la società del gruppo Proma s.p.a. che, va evidenziato, non risulta oggetto di censura , va richiamato l’orientamento di questa Corte in base al quale è da ritenere che, pur nel contesto di una distinta soggettività giuridica, ciascuna componente del gruppo di imprese sia titolare dell’interesse a concorrere, anche mediante il distacco di propri dipendenti, alla realizzazione di comuni strutture produttive e organizzative, che si pongano in un rapporto di coerenza con gli obiettivi di efficienza e di funzionalità del gruppo stesso e con il dato unificante di una convergenza di interessi economici, anche intesa come progetto di riduzione attuale o potenziale dei costi di gestione Cass. n. 8068 del 2016 . 6. Il ricorso incidentale è assorbito, essendo stato espressamente formulato come condizionato all’accoglimento del ricorso principale. 7. In conclusione, il ricorso principale va rigettato ed il ricorso incidentale è assorbito. 8. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 legge di stabilità 2013 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.