Licenziato per superamento del periodo di comporto: il datore ha l’obbligo di indicare i giorni di assenza

Facoltà del lavoratore è quella di chiedere al datore di lavoro di indicare i giorni di assenza per malattia in base ai quali si ritenga superato il periodo di conservazione del posto di lavoro. Onere del datore di lavoro è quello di ottemperare a tale richiesta.

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 5752/19, depositata il 27 febbraio, chiamata a decidere su una questione relativa alla legittimità o meno del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In particolare, per la Corte territoriale adita in secondo grado era irrilevante che la società datrice di lavoro non avesse, dopo richiesta del lavoratore, specificato il numero di assenze per malattia, potendole dimostrare in giudizio numero che risulta essere necessario circa l’effettivo superamento del comporto per sommatoria previsto dal c.c.n.l L’onere del datore di lavoro. Intervenuta sul punto la Suprema Corte, ribadisce che qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore può richiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto delle ragioni di licenziamento, con la conseguenza che, in caso di inottemperanza a ciò, il licenziamento deve considerarsi illegittimo. E poiché la società datrice di lavoro non ha dato alcun seguito alla richiesta del lavoratore, i Giudici del Palazzaccio accolgono il ricorso di quest’ultimo, con cassazione della sentenza impugnata in relazione a tale censura accolta.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 8 gennaio – 27 febbraio 2019, numero 5752 Presidente Bronzini – Relatore Balestrieri Rilevato che Il Tribunale di Taranto accoglieva la domanda proposta da C.A. nei confronti della Stil Cucine di F.G. e C. s.a.s., e, dichiarata l’illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente con lettera del 6.7.05, disponeva ai sensi della L. numero 300 del 1970, art. 18. Avverso tale decisione proponeva appello la s.a.s. in liquidazione, lamentandone l’erroneità e chiedendone la riforma. Resisteva il C. . Con sentenza depositata il 18.5.16, la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, accoglieva il gravame, rigettando la domanda del C. , condannandolo alle spese del doppio grado. Riteneva la Corte irrilevante che la società non avesse, dopo apposita richiesta del C. , specificato il numero di assenze per malattia, ben potendole dimostrare nel corso del giudizio che, contestate reciprocamente dalle parti il suddetto numero, il primo giudice non aveva provveduto ad alcun accertamento circa l’effettivo superamento del comporto per sommatoria 365 giorni nell’arco di 18 mesi previsto dal c.c.numero l. ed in particolare nel periodo dal 24.11.03 data della prima malattia al 5.7.05 ultimo giorno di assenza . Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il C. , affidato a cinque motivi, poi illustrati con memoria, cui resistono G.T. e F.G. quali socia ed accomandatario della s.a.s. con controricorso. Considerato Che con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2110 c.c., in combinato disposto con la L. numero 604 del 1966, art. 2, come modificato dalla L. numero 108 del 1990, art. 2 , lamentando che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che l’omessa risposta, al lavoratore che ne abbia fatto richiesta, circa l’effettivo numero di assenze per malattia in base al quale l’azienda ha intimato il licenziamento per superamento del periodo di comporto, non determinasse per ciò solo l’illegittimità del licenziamento. Che il motivo è fondato, trovando in materia applicazione il principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui in base alle regole dettate dalla L. numero 604 del 1966, art. 2, modificato dalla L. numero 108 del 1990, art. 2 sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso, qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore - il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l’esigenza di poter opporre propri specifici rilievi - ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con la conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, il licenziamento deve considerarsi illegittimo ex aliis, Cass. numero 14873/2004, Cass. numero 23070/2007, Cass. numero 18196/2016 , tanto più vigente il rafforzato obbligo di motivazione di cui alla L. numero 92 del 2012, art. 1, comma 37. In particolare questa Corte ha rilevato che nel licenziamento per superamento del periodo di comporto, a fronte della richiesta del lavoratore di conoscere i periodi di malattia, il datore di lavoro deve provvedere ad indicare i motivi del recesso L. 15 luglio 1966, numero 604, ex art. 2, comma 2, modificato dalla L. numero 108 del 1990, , in quanto le regole ivi previste sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso si applicano anche al suddetto licenziamento, non essendo dettata nessuna norma speciale al riguardo dall’art. 2110 c.c., vedi, per tutte Cass. 24 gennaio 1997, numero 716 Cass. 13 luglio 2010, numero 16421 Cass. 10 dicembre 2012, numero 22392 Cass. 13 gennaio 2014, numero 471 Cass. 10 febbraio 2015, numero 2554, Cass. 16 settembre 2016 numero 18196, Cass. numero 21042/18 . Che il principio risulta tanto più corretto laddove si versi, come nella specie, in ipotesi di comporto per sommatoria, con conseguenti difficoltà di individuare sia il numero delle assenze che l’arco temporale di riferimento. Può al riguardo precisarsi che questa Corte ha pure affermato v. Cass. numero 21377/2016, Cass. numero 23920/2010, Cass. numero 23312/2010, Cass. numero 8707/2016 che il licenziamento per superamento del periodo di comporto non è assimilabile al licenziamento disciplinare, per cui solo impropriamente, riguardo ad esso, si può parlare di contestazione delle assenze, non essendo necessaria la completa e minuta descrizione delle circostanze di fatto relative alla causale, con la conseguenza che il datore di lavoro non deve indicare nella comunicazione i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, idonee ad evidenziare un superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile nella specie pure difettanti , come l’indicazione del numero totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo poi restando l’onere, nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato ed inoltre che tali argomentazioni restano valide anche dopo la modifica della L. numero 604 del 1966, art. 2, comma 2, realizzata con la L. numero 92 del 2012, art. 1, comma 37, che ha imposto la comunicazione dei motivi contestuale al licenziamento, considerato che l’onere di forma ha la funzione di individuare e cristallizzare la ragione giustificativa del provvedimento espulsivo, che nel caso è riferita ad un evento, l’assenza per malattia, di cui il lavoratore ha conoscenza diretta. Deve tuttavia rilevarsi che, non avendo la società dato alcun seguito alla richiesta del ricorrente L. numero 604 del 1966, ex art. 2, né prodotto la lettera di licenziamento, non può che prendersi atto che in essa non solo non erano affatto indicati i giorni di assenza ma, come affermato dalla stessa sentenza impugnata, il licenziamento era stato genericamente motivato col superamento del periodo di comporto di cui al c.c.numero l. legno e arredamento oltre che per la sua eccessiva morbilità . Trattandosi di complessi calcoli di cui sono prova le reciproche ed analitiche opposte ricostruzioni delle parti, l’obbligo dell’azienda che aveva ricevuto la legittima richiesta di specificare i giorni calcolati, non poteva essere superata dalla affermata possibilità di provare ciò nel corso del giudizio. In ogni caso occorre qui puntualizzare che il principio espresso circa la sufficienza della ragione del recesso consistente nel superamento del periodo di comporto”, deve condividersi con riferimento ad un periodo di comporto cd. secco riferito cioè ad unica malattia, ove i giorni di assenza sono facilmente calcolabili anche dal lavoratore mentre non può trovare applicazione nel caso come quello di specie ove il calcolo del periodo di comporto avvenga per sommatoria nell’arco di un lungo arco temporale caratterizzato da numerose e frammentate assenze, che non consente obiettivamente al lavoratore di approntare le proprie difese. Che con secondo motivo il C. denuncia violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, numero 3, dell’art. 2110 c.c., in combinato con l’art. 52 c.c.numero l. legno/arredamento aziende artigiane lamenta che il calcolo dei giorni di assenza operato dal giudice di merito era erroneo, sia quanto al calcolo dei mesi, sia quanto al calcolo dell’arco temporale di riferimento. Il motivo resta assorbito. Che con terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., e art. 2909 c.c., per formazione di giudicato interno circa l’insussistenza, affermata dal Tribunale e non contestata, dell’inidoneità fisica del C. . Che con quarto subordinato motivo denuncia la violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, numero 3, della L. numero 604 del 1966, artt. 3 e 5, per non avere la corte di merito valutato che il licenziamento fosse stato intimato anche per le frequenti e continue assenze del lavoratore. Che anche tali motivi restano assorbiti, così come il quinto, con cui il C. denuncia la violazione e falsa applicazione della L. numero 300 del 1970, art. 18. Che il ricorso deve essere pertanto accolto nei termini di cui sopra, la sentenza impugnata cassarsi in relazione alla censura accolta, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia, oltre che per la regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Bari.