Deviazione dal tragitto casa-lavoro più breve e incidente stradale: niente indennizzo

Respinta definitivamente la richiesta presentata da un dipendente dell’INAIL. Decisivo per i Giudici il comportamento tenuto dal lavoratore alla guida. Egli ha evitato il tragitto più breve e ha compiuto una deviazione irragionevole escluso il nesso tra il dover andare in ufficio e l’incidente.

Brutta avventura per un dipendente dell’INAIL, rimasto vittima di un incidente stradale mentre con la propria auto si recava in ufficio. Oltre al danno, però, per il lavoratore c’è anche la beffa per lui niente indennizzo”, poiché, secondo i Giudici, il sinistro non è catalogabile come infortunio in itinere”. Decisiva, a questo proposito, la constatazione che il giorno dell’incidente egli aveva effettuato una deviazione inspiegabile dal tragitto casa-lavoro più logico Cassazione, ordinanza n. 3376/19, sez. VI Civile L, depositata oggi . Percorso. L’intera vicenda è collocata nella zona del Torinese. Episodio centrale è l’incidente stradale che vede coinvolto un dipendente dell’INAIL che in quel momento si stava recando in ufficio. Logica la richiesta dell’uomo di percepire l’indennizzo previsto per i cosiddetti infortuni in itinere . Tale domanda viene sì accolta dai giudici del Tribunale ma, a sorpresa, respinta dai Giudici d’appello, i quali sottolineano che il percorso compiuto in auto dal dipendente dell’Istituto non trovava ragionevole spiegazione , poiché esso non era il più breve e, per giunta, il giorno dell’incidente si era verificata una ulteriore irragionevole deviazione . Per i Giudici di secondo grado, quindi, non è indennizzabile l’incidente subito dal lavoratore poiché l’infortunio da lui lamentato non si è verificato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro . Rischio. Inutile si rivela la decisione del lavoratore di presentare ricorso in Cassazione, dove viene invece ritenuto corretto il ragionamento fatto dai Giudici d’appello. Più precisamente, viene sottolineato che in effetti ci si trova di fronte a una interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro, o, comunque, non necessitate , con la conseguenza che va esclusa la copertura assicurativa . Impossibile, quindi, parlare di infortunio in itinere . Su questo fronte sono decisivi i dettagli posti in evidenza in Appello, a cominciare dal fatto che il percorso compiuto dal lavoratore non era il più breve , poiché dalla comparazione tra il tragitto seguito e quello indicato dall’INAIL risultava che quest’ultimo avrebbe comportato un risparmio in termini di tempo pari a 12 minuti e di distanza tra l’abitazione e la sede lavorativa di 11 chilometri . Peraltro, il presunto rischio di tornanti che interessava un tratto di soli 2 chilometri del percorso più breve e, alla stregua della documentazione fotografica, non risultava particolarmente allarmante lamentato dal lavoratore non era tale da giustificare il diverso tragitto percorso . Allo stesso tempo, viene sottolineato anche che in occasione del sinistro il lavoratore aveva effettuato una irragionevole deviazione, non dipesa da causa di forza maggiore né da esigenze improrogabili o dall’attuazione di una direttiva del datore di lavoro . Tirando le somme, è corretta, concludono i Giudici del Palazzaccio, la visione tracciata in appello, laddove si è ritenuta certa l’esistenza di una ipotesi di rischio elettivo, causata dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l’evento subito .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile L, ordinanza 6 novembre 2018 – 5 febbraio 2019, n. 3376 Presidente Doronzo – Relatore Spena Rilevato che con sentenza in data 3-18 ottobre 2016 numero 2319 la Corte d'Appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da AL. BO., dipendente dell' INAIL, nei confronti del datore di lavoro per il pagamento delle prestazioni derivanti dall'infortunio in itinere subito in data 1 giugno 2005 mentre raggiugeva con la propria autovettura, partendo dalla abitazione in omissis , il luogo di lavoro in Cirié TO per l'effetto rigettava la domanda che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che ai sensi dell' articolo 12 decreto legislativo numero 38/2000 era indennizzabile l'infortunio occorso durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate. Per normale percorso si intendeva quello più breve e diretto nonché delimitato entro un ragionevole arco temporale. Dalla consulenza d'ufficio espletata nel grado di appello risultava che il percorso seguito dal BO. non trovava ragionevole spiegazione sotto due distinti aspetti. In primo luogo, esso non era il più breve dalla comparazione tra il tragitto seguito e quello indicato dall'INAIL risultava che quest'ultimo avrebbe comportato un risparmio in termini di tempo pari a 12 minuti e di distanza tra l'abitazione e la sede lavorativa di 11 chilometri. Il rischio di tornanti che interessava un tratto di due soli chilometri del percorso più breve ed, alla stregua della documentazione fotografica, non risultava particolarmente allarmante non era tale da giustificare il diverso tragitto percorso, in assenza di indicazioni più specifiche ad esempio, circa il tasso di incidenti in quel tratto o la natura della strada . In secondo luogo era emerso che il BO. in occasione del sinistro pur trovandosi sulla strada statale omissis in direzione di omissis , aveva effettuato irragionevolmente una deviazione all'altezza dello svincolo per Leini, immettendosi sulla strada provinciale omissis in direzione di tale Comune. Ivi giunto, aveva poi proseguito lungo il Viale omissis , fino a raggiungere la rotonda dove era avvenuto l'incidente. La deviazione non era dipesa da una causa di forza maggiore, da esigenze improrogabili o dall'attuazione di una direttiva del datore di lavoro. Vi era, dunque, un'ipotesi di rischio elettivo, causato dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l'evento subito. che avverso la sentenza ha proposto ricorso AL. BO., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l'INAIL con controricorso che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell'udienza ai sensi dell'articolo 380 bis codice di procedura civile Considerato che con l'unico motivo il ricorrente ha dedotto ai sensi dell'articolo 360 numero 5 codice di procedura civile omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo. Ha assunto che il ragionamento della Corte territoriale secondo cui il percorso più breve e diretto era quello indicato dall' INAIL era fuorviante ed illogico. La scelta del percorso non era stata arbitraria ed ingiustificata egli aveva preferito una strada più agevole e priva di tornanti, il che comportava un aggravio di tempo di poco più di dieci minuti. Alla luce della minima differenza con i percorsi alternativi non si poteva ritenere un aumento del rischio né una deviazione arbitraria ed animata da finalità personali più semplicemente, il percorso era stato scelto perché ritenuto più congeniale per distanza, tempo e traffico del momento che ritiene il Collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso che, invero, l'accertamento del giudice del merito della esistenza di una ipotesi di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate escludente la copertura assicurativa a tenore dell'articolo 12 D.Lgs. 38/2000, applicabile ratione temporis in ragione dell'apprezzamento del percorso normale e delle cause della deviazione da esso, costituisce accertamento di fatto censurabile in questa sede di legittimità nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione. Parte ricorrente, pur articolando il ricorso in termini di violazione dell'articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ., non allega alcun fatto storico, oggetto di discussione tra le parti e di rilievo decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata ma si limita a contestare la decisione assunta contrapponendo al giudizio espresso dal Collegio d'appello, in ordine alla sussistenza di una ipotesi di rischio elettivo, una diversa valutazione delle ragioni della deviazione dal percorso normale e della loro apprezzabilità e rilevanza. In tal modo sollecita questo giudice di legittimità ad un non-consentito riesame del merito che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere definito con ordinanza di inammissibilità in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ. che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell'art. 1 co 17 L. 228/2012 che ha aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 D.P.R. 115/2002 della sussistenza dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.