È discriminatorio negare a una donna la possibilità di un lavoro solo alla luce dell’altezza

Condanna definitiva per Trenitalia in merito a una procedura relativa all’estate del 2006. Evidente, secondo i Giudici, la discriminazione realizzata applicando un limite minimo di altezza identico per uomini e donne.

Questo il paletto fissato dalla Cassazione che ha condannato Trenitalia ad assumere come Capo Treno Servizi una donna che nell’estate del 2006 era stata valutata come inidonea fisicamente per deficit staturale altezza inferiore ai 160 centimetri ” Cassazione, sentenza numero 3196, sez. Lavoro, depositata oggi . Statura. Contesto della vicenda è la procedura di assunzione di personale con qualifica di ‘Capo Treno Servizi’ bandita nel 2006 da Trenitalia. Numerose le candidature registrate, ma a una delle aspiranti Capo Treno arriva alla fine di luglio di quell’anno una ferale comunicazione è stata esclusa alla luce della sua inidoneità fisica , connessa al suo deficit staturale . In sostanza, secondo Trenitalia, quella ragazza non potrà mai svolgere il ruolo di Capo Treno perché ha una altezza inferiore ai 160 centimetri , limite, quest’ultimo, applicato sia agli uomini che alle donne. Pronta l’opposizione della candidata esclusa dalla corsa a un posto di lavoro. E le obiezioni da lei proposte convincono i giudici, che, prima in Tribunale e poi in appello, sanzionano Trenitalia, ritenendo il limite relativo all’altezza minima dell’aspirante Capo Treno un esempio di discriminazione indiretta , anche perché non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e nella sua proporzionalità alle mansioni comportate dalla qualifica . Uguaglianza. E ora Trenitalia si ritrova obbligata in modo definitivo ad assumere la donna. Anche per i magistrati della Cassazione, difatti, è evidente, come già per i Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello, la discriminazione compiuta nell’estate del 2006. In sostanza, non può essere ritenuto legittimo il limite staturale di 160 centimetri prescritto nella procedura di assunzione di personale con qualifica di ‘Capo Treno Servizio’ bandita da ‘Trenitalia’. Ciò alla luce del principio secondo cui in tema di requisiti per l’assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura identica per uomini e donne , essa è in contrasto con il principio di uguaglianza poiché presuppone erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporta una discriminazione indiretta a sfavore delle donne. Peraltro, va tenuto presente, aggiungono i Giudici, che l’azienda non ha provato la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere , e quindi non vi è stata la dimostrazione di una congrua giustificazione della statura minima prevista in riferimento alle mansioni comportate dalla qualifica di Capo Treno.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 dicembre 2018 – 4 febbraio 2019, n. 3196 Presidente Di Cerbo – Relatore Patti Fatto Con sentenza del 15 ottobre 2014, la Corte d'appello di Roma rigettava l'appello proposto da Trenitalia s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che l'aveva condannata all'assunzione di An. To. dalla data 21 luglio 2006 di comunicazione dell'inidoneità fisica per deficit staturale altezza inferiore a 160 cm. , in relazione alla procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio treno, bandita dall'azienda nel 2006. La Corte capitolina condivideva la valutazione del Tribunale del suddetto limite alla stregua di discriminazione indiretta, in violazione dell'art. 4 L. 125/1991 come modificato dall'art. 2 D.Lgs. 145/2005 di attuazione della Direttiva 2002/73/CE in materia di accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e di condizioni di lavoro poi confluito nell'art. 25 D.Lgs. 198/2006, siccome non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica. Con atto notificato il 18 dicembre 2014, Trenitalia s.p.a. ricorreva per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. cui la lavoratrice resisteva con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 25 D.Lgs. 198/2006, in riferimento al D.C.P.M. 411/1987 e al D.M. Trasporti 158/T del 19 settembre 1986, del CCNL 2003 in relazione alla figura di Capo Treno Servizi, per esclusione di una discriminazione indiretta nel limite staturale previsto dal quadro normativo denunciato di violazione, del quale la società si era limitata a prendere atto e ad osservare nella sua prassi selettiva in oggetto, in assenza di alcuna indagine da parte della Corte territoriale sulla necessità del suddetto requisito di idoneità fisica per le mansioni tecniche comportate dalla qualifica di Capo Treno Servizi, pure analiticamente allegate. 2. Con il secondo, la ricorrente deduce omesso esame di un punto oggetto di discussione tra le parti e violazione ed errata interpretazione del CCNL 2003 in relazione alla figura di Capo Treno Servizi, in ordine alle allegazioni e produzioni documentali di Trenitalia sulla necessità del limite staturale in riferimento alle mansioni tecniche del Capo Servizi Treno con particolare riguardo alle attività indicate a pgg. 28 e 29 del ricorso . 3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione dell'art. 112 c.p.c. per la non corrispondenza della pronuncia di mancanza di allegazione e prova dalla società ricorrente della rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e sicurezza del servizio da svolgere, tenuto conto della possibilità di compimento di singole manovre da parte di altro personale alla domanda della parte, non contenente una tale richiesta, e pertanto sotto il profilo del vizio di ultrapetizione. 4. Con il quarto, la ricorrente deduce violazione dell'art. 112 c.p.c, per omessa pronuncia sul primo motivo di appello della società ricorrente in merito all'eccezione di inammissibilità della domanda di disapplicazione della lavoratrice, per il previo vaglio di costituzionalità delle sue difese. 5. Il primo motivo violazione e falsa applicazione dell'art. 25 D.Lgs. 198/2006 in riferimento al D.C.P.M. 411/1987, al D.M. Trasporti 158/T del 19 settembre 1986 e del CCNL 2003 in relazione alla figura di Capo Treno Servizi, per esclusione di una discriminazione indiretta nel limite staturale previsto dal quadro normativo denunciato di violazione può essere esaminato congiuntamente con il secondo omesso esame di un punto oggetto di discussione tra le parti e violazione ed errata interpretazione del CCNL 2003 in relazione alla figura di Capo Treno Servizi, in ordine alle allegazioni e produzioni documentali di Trenitalia sulla necessità del limite staturale , per evidenti ragioni di stretta connessione. 5.1. Essi sono infondati. 5.2. E ciò a parte alcuni aspetti di inammissibilità per violazione del principio di specificità prescritto dall'art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c. sotto i profili di a omessa specifica indicazione della sede di produzione, né tanto meno trascrizione della documentazione delle mansioni tecniche comportate dalla qualifica di Capo Treno Servizi Cass. 30 luglio 2010, n. 17915 Cass. 31 luglio 2012, n. 13677 Cass. 20 settembre 2013, n. 21632 Cass. 3 gennaio 2014, n. 48 , genericamente indicate come analiticamente allegate da Trenitalia e pari vago riferimento alla documentazione prodotta al primo capoverso di pg. 14 e all'ultimo di pg. 28 del ricorso b omessa confutazione Cass. 22 settembre 2014, n. 19959 Cass. 19 agosto 2009, n. 18421 Cass. 3 luglio 2008, n. 18202 dell'argomentato ragionamento probatorio della Corte territoriale al terzultimo e penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza , con una sottesa prospettazione di elusione dell'onere della prova, individuato come non della parte ma addirittura officioso. 5.3. Ed infatti, non sussiste la violazione di norme di diritto denunciata. È noto come le discriminazioni, fondate sul sesso, definite indirette si distinguano da quelle dirette. Ed è stato ancora recentemente ribadito Cass. 5 aprile 2016, n. 6575 che soltanto le disposizioni, i criteri o le prassi che integrino le prime possono, in forza dell'art. 2, n. 2, secondo trattino della direttiva n. 76/207/CEE, evitare la qualifica di discriminazione, a condizione che siano giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il loro conseguimento siano appropriati e necessari art. 25, secondo comma D.Lgs. 198/2006 , mentre una siffatta possibilità non è prevista per le disparità di trattamento atte a costituire discriminazioni dirette, al sensi dell'art. 2, n. 2, primo trattino, di tale direttiva Corte giustizia UE 18 novembre 2010, procedimento C-356/09 . Sotto il profilo probatorio, l'art. 40 D.Lgs. 198/2006, nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità, non stabilisce poi tanto per le discriminazioni dirette, che indirette un'inversione dell'onere, ma solo un'attenuazione del regime probatorio ordinario, prevedendo a carico del soggetto convenuto, in linea con quanto disposto dall'art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10 , l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della discriminazione, ma ciò solo dopo che il ricorrente abbia fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, relativi ai comportamenti discriminatori lamentati, purché idonei a fondare, in termini precisi ossia determinati nella loro realtà storica e concordanti ossia fondati su una pluralità di fatti noti convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto , anche se non gravi, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso Cass. 5 giugno 2013, n. 14206 Cass. 12 ottobre 2018, n. 25543 . 5.4. Ebbene, nel caso di specie, la Corte capitolina ha ritenuto, come già il Tribunale, che il limite staturale di 160 cm. prescritto, sulla base del quadro normativo oggetto di denuncia di violazione con il primo motivo, nella procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio Treno, bandita dall'azienda nel 2006, costituisca appunto una discriminazione indiretta, in violazione dell'art. 4 I. 125/1991 come modificato dall'art. 2 D.Lgs. 145/2005 di attuazione della Direttiva 2002/73/CE in materia di accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e di condizioni di lavoro poi confluito nell'art. 25 D.Lgs. 198/2006, siccome non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica. Nella suddetta valutazione, essa ha esattamente applicato il principio di diritto, secondo cui, in tema di requisiti per l'assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza, perché presupponga erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporti una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni Cass. 13 novembre 2007, n. 23562 in termini Cass. 15 novembre 2013, n. 25734, con affermazione della valutazione in concreto, ai fini della disapplicazione, della funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni Cass. 14 dicembre 2017, n. 30083 . E ciò sulla base di un apprezzamento in concreto del non avere l'azienda , come avrebbe dovuto secondo l'onere probatorio a suo carico sopra illustrato, provato la rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e alla sicurezza del servizio da svolgere così al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza , a dimostrazione di una congrua giustificazione della statura minima in riferimento alle mansioni comportate dalla qualifica. Sicché, la Corte territoriale ha compiuto un accertamento incensurabile in sede di legittimità, di sindacato di ragionevolezza nell'individuazione e disapplicazione della norma discriminatoria indiretta, nel caso di specie rispettato. 5.5. Se allora tanto è, i due motivi congiuntamente scrutinati si risolvono nella contestazione sostanziale dell'accertamento di fatto della Corte territoriale, insindacabile in sede di legittimità, qualora sorretti da adeguata argomentazione Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197 Cass. 18 marzo 2011, n. 6288 Cass. 19 marzo 2009, n. 6694 , come appunto nel caso di specie per le ragioni dette , tanto meno alla luce del più rigoroso ambito devolutivo del novellato testo dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c, Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053 Cass. 20 novembre 2015, n. 23828 Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940 , applicabile ratione temporis, neppure configurandosi all'evidenza un'omissione di esame di alcun fatto storico. 6. Il terzo motivo, relativo a violazione dell'art. 112 c.p.c. per vizio di ultrapetizione nella pronuncia di difetto di allegazione e prova dalla società ricorrente della rigorosa rispondenza del limite staturale alla funzionalità e sicurezza del servizio da svolgere non corrispondente alla domanda della parte, è infondato. 6.1. Ricorre infatti vizio di ultrapetizione, quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalla parti ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato Cass. 24 settembre 2015, n. 18868 Cass. 10 maggio 2018, n. 11304 . Ma non quando, come nel caso di specie, il giudice abbia semplicemente argomentato un passaggio motivo in particolare al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza , a supporto dell'accoglimento della domanda di una aspirante lavoratrice di accertamento della natura antidiscriminatoria indiretta in proprio danno nella procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio Treno. 7. Anche il quarto motivo, di violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul primo motivo di appello della società ricorrente, è infondato. 7.1. Non sussiste l'omessa pronuncia denunciata, per l'implicito rigetto dell'eccezione di inammissibilità della domanda di disapplicazione formulata dalla lavoratrice, posto che la Corte territoriale ha esaminato il merito sostanziale, accogliendo la domanda in esito alla verificata natura antidiscriminatoria indiretta della previsione della procedura selettiva di assunzione Cass. 8 marzo 2007, n. 5351 Cass. 6 dicembre 2017, n. 29191 . Dalle superiori argomentazioni discende pertanto il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza, con distrazione in favore dei difensori anticipatari, secondo la loro richiesta. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna Trenitalia s.p.a. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge, con distrazione ai difensori anticipatari. Ai sensi dell'art. 13 comma lquater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.