Il dipendente pubblico che svolge mansioni superiori ha diritto alla corrispondente retribuzione

Il diritto al compenso per lo svolgimento di mansioni superiori è riconosciuto anche al dipendente pubblico che svolge di fatto funzioni dirigenziali giacché il dipendente stesso dimostri di averle svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l’attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni .

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30811/18, depositata il 28 novembre. Il caso. La collaboratrice amministrativa professionale collocata presso un’Azienda sanitaria locale conveniva in giudizio predetta azienda per ottenere il pagamento delle differenze retributive maturate in conseguenza dello svolgimento delle mansioni superiori di dirigente avvocato nella medesima struttura. Domanda accolta in primo grado ma rigettata dalla Corte d’Appello. La Corte d’Appello riteneva che le circostanze di fatto esposte non fossero sufficienti per ritenere provato lo svolgimento di funzioni di natura dirigenziale poiché l’appellata non aveva pienamente assunto la responsabilità della struttura di appartenenza. Ricorre in Cassazione la lavoratrice lamentando che la Corte d’Appello avesse erroneamente valorizzato circostanze non decisive ai fini di causa e non avesse tenuto conto delle peculiarità proprie della dirigenza professionale del sistema sanitario nazionale. Lo svolgimento di fatto di mansioni superiori. In materia di pubblico impiego contrattualizzato, l’impiegato a cui vengono assegnate delle mansioni superiori ha diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente in relazione alla prestazione svolta. Tale diritto è da escludere qualora l’esecuzione della mansione superiore avvenga all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento . Pertanto, come è stato ribadito dalla Suprema Corte sentenza n. 6068/16 , in mancanza di espresse limitazioni, la preposizione ad un ufficio comporta il conferimento di tutti i poteri di direzione dell’ufficio medesimo. In riferimento al quadro normativo e contrattuale, risulta evidente l’erroneità della sentenza impugnata che ha escluso la natura dirigenziale delle mansioni svolte dalla ricorrente sostanzialmente perché era mancata la conduzione della struttura quale elemento caratterizzante l’incarico di dirigente. Gli Ermellini dunque accolgono il ricorso e rinviano alla Corte territoriale affinché dia applicazione al principio di diritto secondo cui Nell’ambito della dirigenza sanitaria del ruolo professionale le aziende sanitarie possono istituire posizioni dirigenziali che, senza attribuzione di responsabilità della struttura, semplice o complessa, comportano l’assegnazione di incarichi di tipo esclusivamente professionale, caratterizzati dall’affidamento di compiti con precisi ambiti di autonomia tecnica-professionale, da esercitare nel rispetto degli indirizzi dati dal dirigente responsabile della struttura, nonché dalla collaborazione con quest’ultimo e dall’assunzione di corresponsabilità quanto alla gestione dell’attività professionale. L’assegnazione di fatto del funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, prevista dall’atto aziendale e dal provvedimento di graduazione delle funzioni, costituisce espletamento di mansioni superiori, rilevante ai fini e per gli effetti previsti dall’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, la cui applicazione non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dell’assenza di un atto formale e della mancanza della previa fissazione degli obiettivi, che assume rilievo eventualmente, per escludere il diritto a percepire anche la retribuzione di risultato .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 luglio – 28 novembre 2018, numero 30811 Presidente Napoletano – Relatore Di Paolantonio Rilevato che 1. la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore che aveva accolto la domanda nei limiti della prescrizione quinquennale, ha rigettato nella sua interezza il ricorso proposto da R.R. la quale, nel convenire in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno, aveva domandato il pagamento della complessiva somma di Euro 149.450,19 a titolo di differenze retributive maturate in conseguenza dello svolgimento delle mansioni superiori di dirigente avvocato 2. la Corte territoriale, premesso che la R. , iscritta nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati, aveva assunto la difesa della Asl e, secondo quanto riferito dai testi escussi aveva svolto la medesima attività defensionale curata dal responsabile dell’ufficio legale, ha ritenuto che dette circostanze di fatto, valorizzate dal Tribunale, non fossero sufficienti per far ritenere provato lo svolgimento di funzioni di natura dirigenziale, non avendo l’appellata assunto la piena responsabilità della struttura di appartenenza 3. il giudice di appello ha evidenziato che la R. non aveva avuto assegnati obiettivi, non aveva partecipato ad alcuna selezione di natura dirigenziale, non era mai stata sottoposta alle verifiche previste per i dirigenti 4. la Corte territoriale ha aggiunto che l’attività di avvocato non comporta il necessario inquadramento come dirigente perché anche il collaboratore amministrativo professionale di categoria D svolge attività comportante autonoma elaborazione di atti preliminari ed istruttori dei provvedimenti di competenza e collabora con i dirigenti nelle attività di studio programmazione anche nel settore legale 5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.R. sulla base di due motivi illustrati da memoria, ai quali l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno ha resistito con tempestivo controricorso. Considerato che 1. il primo motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 nnumero 3 e 4 cod. procomma civ., violazione degli artt. 434 e 437 del codice di rito ed addebita alla Corte territoriale di non avere pronunciato sulla eccezione di inammissibilità dell’appello che, invece, doveva essere accolta in quanto la Asl aveva omesso di indicare in modo specifico i capi ed i passaggi argomentativi oggetto di impugnazione e si era limitata a riproporre le argomentazioni difensive svolte nel primo grado di giudizio 2. con la seconda censura la ricorrente si duole della violazione del CCNL 7.4.1999 per il personale del comparto sanità, dei CCNL 5/12/1996 e 8/6/2000 per la dirigenza sanitaria, tecnica ed amministrativa del medesimo comparto, dell’art. 2126 cod. civ. e deduce che erroneamente la Corte territoriale ha respinto la domanda, pur essendo pacificamente emerso dall’istruttoria lo svolgimento esclusivo ed ininterrotto delle mansioni di avvocato, svolte a causa della vacanza dei posti di avvocato dirigente presenti in pianta organica 2.1. precisa la ricorrente che il collaboratore amministrativo, sulla base delle declaratorie dei profili professionali, svolge nel settore legale attività istruttorie, di studio e di supporto, mentre l’esercizio della professione forense è riservata all’avvocato che in base a quanto previsto dal C.C.N.L. 5/12/1996 è inquadrato nell’ambito della dirigenza sanitaria non medica 2.2. aggiunge che nell’ambito del comparto sanità la qualifica dirigenziale non presuppone necessariamente la titolarità di una struttura, semplice o complessa, perché il dirigente può essere destinatario anche di un incarico di natura esclusivamente professionale, svolto in condizioni di autonomia operativa 2.3. ha, conseguentemente, errato la Corte territoriale nel valorizzare, per escludere lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, circostanze non decisive ai fini di causa 3. il primo motivo è inammissibile perché formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 numero 6 e 369 numero 4 cod. procomma civ. 3.1. anche qualora il ricorrente prospetti un error in procedendo, rispetto al quale la Corte di cassazione è giudice del fatto processuale , l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito presuppone l’ammissibilità della censura ex art. 366 cod. procomma civ., sicché la parte non è dispensata dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, di indicare in modo egualmente specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti fra le più recenti Cass. 4.7.2014 numero 15367, Cass. 10.11.2011 numero 23420 e con riferimento alla questione della inammissibilità dell’appello Cass. 20.7.2012 numero 12664 e Cass. 10.1.2012 numero 86 3.1. il ricorrente, pertanto, ove censuri la statuizione relativa alla ritenuta infondatezza della eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, non può limitarsi a richiamare le ragioni di diritto poste a fondamento della censura, ma ha l’onere di riportare il contenuto degli atti processuali rilevanti, nella misura necessaria ad evidenziare la pretesa assenza di specificità dell’impugnazione 3.2. nel caso di specie la R. , oltre non fornire indicazioni sull’allocazione nei fascicoli di parte o d’ufficio degli atti rilevanti, ha omesso sia di individuare e riportare le statuizioni della sentenza di prime cure, rispetto alle quali i motivi proposti risulterebbero privi di specificità, sia di trascrivere nelle parti rilevanti il contenuto dell’atto di appello, così impedendo alla Corte, in difetto della compiuta descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica sulla rilevanza e decisività del vizio denunciato 4. è, invece, fondato il secondo motivo, perché la Corte territoriale, erroneamente, per escludere la natura dirigenziale delle funzioni espletate dalla ricorrente ha valorizzato circostanze mancato espletamento di procedura concorsuale, presenza di un responsabile dell’ufficio legale, assenza di responsabilità di conduzione della struttura, mancata gestione delle risorse, omessa individuazione degli obiettivi e conseguente mancata verifica dei risultati non decisive ai fini di causa e non ha tenuto conto delle peculiarità proprie della dirigenza professionale del sistema sanitario nazionale 4.1. questa Corte ha già affermato che in materia di pubblico impiego contrattualizzato l’impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale tra le altre, sentenze numero 908 del 1988 numero 57 del 1989 numero 236 del 1992 numero 296 del 1990 , ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., che deve trovare integrale applicazione, senza sbarramenti temporali di alcun genere Cass. S.U. numero 25837/2007 Cass. 23 febbraio 2009, numero 4367 4.2. il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscere nella misura indicata nell’art. 52, comma 5, del d.lgs. numero 165 del 2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 della Costituzione Cass. numero 19812/2016 Cass. numero 18808/2013 , sicché il diritto va escluso solo qualora l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento Cass. numero 24266/2016 4.3. è stato precisato che detti principi operano anche in relazione allo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali Cass. S.U. numero 3814/2011 , a condizione che il dipendente dimostri di averle svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l’attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni Cass. numero 752/2018 e Cass. numero 18712/2016 4.4. a tal fine, quindi, è innanzitutto necessario che l’ente abbia provveduto ad istituire la posizione dirigenziale Cass. numero 350/2018 perché, sulla base delle previsioni del d.lgs. numero 165/2001, la valutazione sulla rilevanza degli uffici, sulle risorse umane e finanziare da assegnare agli stessi ed in genere sull’organizzazione è rimessa al potere discrezionale della P.A. che non può essere sindacato nel merito in sede giudiziale 4.5. per le aziende sanitarie locali rilevano, quindi, l’atto aziendale di cui all’art. 3 d.lgs. numero 502/1992 nonché l’individuazione e la graduazione delle funzioni dirigenziali, come disciplinata dalla contrattazione collettiva di area art. 50 CCNL 5.12.1996, art. 26 CCNL 8.6.2000, I biennio economico, art. 6 CCNL 17.10.2008 , che tiene conto delle peculiarità proprie della dirigenza sanitaria, già poste in rilievo dal d.lgs. numero 502/1992 4.6. l’art. 15 del richiamato decreto, infatti, prevede che la dirigenza sanitaria, collocata in un unico ruolo distinto per profili professionali, è caratterizzata dall’autonomia tecnico-professionale delle proprie funzioni e mansioni i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica sono progressivamente ampliati ed aggiunge che al dirigente all’atto della prima assunzione sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dell’attività , e successivamente, decorsi cinque anni di attività con valutazione positiva, funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettive, di verifica e controllo nonché possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici 4.7. in linea con la previsione normativa l’art. 27 del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza non medica del servizio sanitario nazionale prevede che al dirigente possono essere conferite quattro diverse tipologie di incarico ossia incarico di direzione di struttura complessa, incarico di direzione di struttura semplice, incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo, incarichi di natura professionale conferibili ai dirigenti con meno di cinque anni di attività 4.8. la posizione dirigenziale, pertanto, non implica necessariamente la responsabilità della struttura, perché la dirigenza sanitaria può essere solo di tipo professionale, e diviene anche gestionale qualora al dirigente siano conferite funzioni di direzione delle strutture semplici o complesse 4.9. questa Corte ha anche affermato che, ove la posizione dirigenziale sia stata istituita ed assegnata di fatto a dipendente privo della qualifica dirigenziale, il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori non può essere escluso valorizzando la mancata formale assegnazione degli obiettivi Cass. numero 6068/2016 , che incide unicamente sul trattamento accessorio spettante, perché mentre la retribuzione di posizione retribuzione riflette il livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione Cass. numero 10558/2013 , quella di risultato, che corrisponde all’apporto del dirigente in termini di produttività o redditività della sua prestazione, presuppone la positiva verifica del raggiungimento degli obiettivi, previamente determinati, cui la stessa è correlata Cass. numero 8084/2015 Cass. numero 20976/2011 5. in sintesi, tenuto conto del quadro normativo e contrattuale sopra delineato nei suoi tratti essenziali, risulta evidente la erroneità della sentenza impugnata che ha escluso la natura dirigenziale delle funzioni svolte dalla R. sostanzialmente perché era mancata la conduzione della struttura , ossia un elemento caratterizzante l’incarico di dirigente di struttura semplice o complessa, che non vale, invece, ad escludere la configurabilità di un incarico dirigenziale di tipo professionale che, come evidenziato dal richiamato art. 15 del d.lgs. numero 502/1992, comporta l’affidamento di compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura nonché funzioni di collaborazione e di corresponsabilità nella gestione delle attività , non dell’ufficio nel suo complesso 6. la Corte territoriale, inoltre, ha omesso di accertare l’organizzazione data dall’azienda all’ufficio legale e di valutare se fossero state istituite una o più posizioni dirigenziali di dirigente avvocato , destinatario di un incarico di tipo professionale, e se la R. fosse stata o meno chiamata a ricoprire una di dette posizioni, vacanti, interagendo con il dirigente responsabile della struttura nei termini indicati al punto 5, implicanti esercizio di fatto di mansioni superiori rispetto a quelle del collaboratore amministrativo-professionale che, pur potendo essere assegnato al settore legale e svolgere nello stesso attività corrispondenti al titolo culturale e professionale posseduto, si limita a curare attività comportanti un’autonoma elaborazione di atti preliminari ed istruttori dei provvedimenti di competenza dell’unità operativa in cui è inserito e collabora con i dirigenti nell’attività di studio e di programmazione 7. il secondo motivo merita, pertanto, accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio di diritto che, sulla base delle considerazioni espresse nei punti che precedono, di seguito si enuncia Nell’ambito della dirigenza sanitaria del ruolo professionale le aziende sanitarie possono istituire posizioni dirigenziali che, senza attribuzione di responsabilità della struttura, semplice o complessa, comportano l’assegnazione di incarichi di tipo esclusivamente professionale, caratterizzati dall’affidamento di compiti con precisi ambiti di autonomia tecnica-professionale, da esercitare nel rispetto degli indirizzi dati dal dirigente responsabile della struttura, nonché dalla collaborazione con quest’ultimo e dall’assunzione di corresponsabilità quanto alla gestione dell’attività professionale. L’assegnazione di fatto del funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, prevista dall’atto aziendale e dal provvedimento di graduazione delle funzioni, costituisce espletamento di mansioni superiori, rilevante ai fini e per gli effetti previsti dall’art. 52 del d.lgs. numero 165/2001, la cui applicazione non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dall’assenza di un atto formale e dalla mancanza della previa fissazione degli obiettivi, che assume rilievo, eventualmente, per escludere il diritto a percepire anche la retribuzione di risultato 8. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità 9. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 comma 1 quater d.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Salerno in diversa composizione.