Il valore probatorio della busta paga

La consegna della busta paga al lavoratore non dimostra l’avvenuto pagamento della retribuzione ivi indicata anche se sia stata sottoscritta per accettazione. È infatti onere del datore di lavoro fornire la prova dell’effettivo versamento della somma e del rilascio della relativa quietanza.

Lo ha ribadito la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 29367/18, depositata il 14 novembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Salerno confermava la pronuncia di prime cure che aveva respinto la domanda di un lavoratore che chiedeva il riconoscimento del diritto al superiore inquadramento, dello svolgimento di lavoro straordinario, nonché dell’esatto inizio del rapporto di lavoro, il diritto al TFR e all’indennità di preavviso. I giudici di merito ritenevano infondate le rivendicazioni del lavoratore sulla base delle risultanze derivante dalle buste paga prodotte in giudizio. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il lavoratore soccombente. Buste paga. La prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione e della corresponsione del TFR grava sul datore di lavoro, onere che nel caso di specie non era stato rispettato. Erroneamente dunque il giudice di merito ha valorizzato la mancata produzione in giudizio delle ultime buste paga, elemento invece privo di rilevanza in termini di prova dell’avvenuto pagamento da parte datoriale. La giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che le buste paga, anche se sottoscritte con formula per ricevuta”, costituiscono prova della mera consegna ma non dell’effettivo pagamento della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro. Non si riscontra infatti una presunzione assoluta di corrispondenza tra quanto riportato nella busta paga e la retribuzione concretamente percepita dal lavoratore che può provare l’insussistenza del carattere di quietanza delle sottoscrizioni apposte. Resta comunque fermo che l’accettazione da parte del lavoratore senza riserve della liquidazione in sede di cessazione del rapporto può assumere significato negoziale, unitamente ad altre circostanze precise, concordanti ed obbiettive. In conclusione la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno che dovrà verifica se sia stato corrisposto il TFR maturato sulla base della documentazione prodotta in giudizio.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 giugno – 14 novembre 2018, numero 29367 Presidente Nobile – Relatore Curcio Rilevato in fatto che la corte d’appello di Salerno, con sentenza numero 1357 del 2013 ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva respinto la domanda di G.I. diretta a far accertare il diritto al superiore inquadramento, lo svolgimento di lavoro straordinario, l’esatto inizio del rapporto di lavoro, il diritto al TRF e dell’indennità di preavviso, con condanna della società sas V. e della d.P. srl in solido al pagamento della complessiva somma di Euro 166.314, 35 per differenze retributive, ferie, straordinario, TFR e indennità di preavviso. Che la corte salernitana ha ritenuto che l’istruttoria testimoniale non avesse confermato le deduzioni dell’appellante in ordine all’esatto periodo di svolgimento del rapporto, prima con la società sas V. di D.P. e poi con la srl D.P. sino al 1.4.2005 e neanche lo svolgimento di mansioni superiori e del lavoro straordinario. Quanto al TRF la sentenza ha ritenuto che non spettasse al G. alcuna somma, anche a prescindere dalle infondate rivendicazioni prima elencate, atteso che dalle busta paga prodotte risultava l’accantonamento, ma non era stata prodotta la busta paga di marzo 2005 con l’indicazione del TRF già versato. Che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il G. affidato ad un solo motivo. Ha resistito la sas V. con controricorso. Considerato in diritto Che il motivo di ricorso ha riguardato la violazione dell’articolo 2967 c.c. degli articolo 2120 e 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 c.1. numero 3 c.p.c., oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.1 numero 5 c.p.c. avrebbe errato la corte di merito nell’escludere il diritto a vedersi liquidato il TFR, non percepito alla data della cessazione del rapporto di lavoro e che erroneamente la corte ha affermato che tale credito non risultava sussistere in mancanza della busta paga del marzo 2005 con la relativa indicazione di quanto già percepito, anche in considerazione dell’eccezione svolta dal datore di lavoro di aver soddisfatto ogni spettanza lavorativa del G La sentenza impugnata avrebbe quindi fatto cadere erroneamente sul lavoratore l’onere di prova della mancata corresponsione del TFR, in violazione del principio dell’onere della prova di cui all’articolo 2697 c.c Che il motivo, che sostanzialmente denuncia una violazione di norme di diritto, aldilà della rubrica in cui si indica anche un omesso esame, è fondato. Che infatti spetta al datore di lavoro fornire la prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione e dunque anche della corresponsione del TFR. Nel caso in esame la prova dell’avvenuto pagamento del TFR non è stata fornita dal datore di lavoro, nonostante emerga chiaramente dalla sentenza impugnata che il rapporto aveva avuto termine in data 7.3.2005, per dimissioni rassegnate dal G. . Che la Corte di merito sembra inferire da un solo fatto secondario del tutto inidoneo ed irrilevante - la mancata produzione da parte del lavoratore delle ultime tre buste paga, che impediva di verificare anche l’ammontare del credito azionato - la prova presuntiva dell’avvenuto pagamento. Che tuttavia la prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione, dunque anche del TFR - che è ha natura di retribuzione differita all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro -, è particolarmente rigorosa. Questa corte ha statuito che Le buste paga, ancorché sottoscritte dal lavoratore con la formula per ricevuta , costituiscono prova solo della loro avvenuta consegna ma non anche dell’effettivo pagamento, della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro, attesa l’assenza di una presunzione assoluta di corrispondenza tra quanto da esse risulta e la retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore, il quale può provare l’insussistenza del carattere di quietanza delle sottoscrizioni eventualmente apposte, fermo restando che l’accettazione senza riserve della liquidazione da parte di quest’ultimo al momento della risoluzione del rapporto può assumere, in presenza di altre circostanze precise, concordanti ed obiettivamente concludenti dell’intenzione di accettare l’atto risolutivo, significato negoziale così Cass. numero 13150/2016 . Che pertanto neanche la consegna al lavoratore della busta paga, ossia del prospetto contenente l’indicazione di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 gennaio 1953 numero 4, prova l’avvenuto pagamento, ove il lavoratore ne contesti la corrispondenza alla retribuzione effettivamente erogata e l’onere dimostrativo di tale non corrispondenza può incombere sul lavoratore soltanto in caso di provata regolarità della documentazione liberatoria e del rilascio di quietanze da parte del dipendente, spettando in caso diverso al datore di lavoro la prova rigorosa dei pagamenti in effetti eseguiti cfr ass. numero 1150n/1994, Cass. numero 7310/2001 . Che il ricorso va quindi accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio della causa alla corte d’appello di Salerno, che dovrà verificare se sia stato corrisposto il TFR maturato nel periodo di lavoro di cui è causa, sulla base della documentazione già prodotta nel giudizio di primo grado, dai datori di lavoro di cui in epigrafe, onerati della relativa prova. Che la corte di rinvio dovrà altresì provvedere alla liquidazione anche delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.