L’assegno divorzile dà diritto alla pensione di reversibilità

Correttamente il giudice di merito ha riconosciuto all’attrice la pensione di reversibilità ritenendo sussistente tale diritto in virtù del fatto che la donna percepiva dell’ex coniuge un assegno divorzile.

Sul tema la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 29260/18, depositata il 14 novembre. L’ex moglie e la pensione di reversibilità. La Corte d’Appello di Bologna, in riforma della sentenza di prime cure, accoglieva la domanda dell’attrice nei confronti dell’INPS avente ad oggetto il riconoscimento della pensione di reversibilità in qualità di ex coniuge titolare dell’assegno divorzile, riconoscendo in tale qualità il requisito per beneficiare della pensione. L’INPS ricorre per la cassazione della pronuncia. Qualificazione dell’assegno. L’INPS deduce la violazione degli artt. 5 e 9 stat. lav. e dell’art. 5 l. n. 263/2005 per l’erroneità della qualificazione quale assegno divorzile attribuita dai giudici di merito all’erogazione che l’ex coniuge riceveva dal de cuius . Secondo l’INPS si tratterebbe infatti dell’assegno di mantenimento previsto dal Tribunale in sede di separazione per le esigenze di mantenimento della figlia minore. La doglianza risulta inammissibile in quando si risolve nella mera confutazione della qualificazione dell’assegno divorzile operata dalla Corte territoriale con riguardo all’importo percepito dall’ex coniuge. Sottolinea inoltre il Collegio che la confutazione non tiene conto del fatto che la sentenza impugnata fonda il proprio convincimento, e cioè che il coniuge deceduto aveva continuato a versare alla controparte l’importo anche dopo il compimento della maggiore età da parte della figlia. In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 19 luglio – 14 novembre 2018, n. 29260 Presidente Esposito – Relatore De Marinis Rilevato in fatto - Che con sentenza del 13 dicembre 2016, la Corte d’Appello di Bologna, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Ferrara. accoglieva la domanda proposta da B.R. nei confronti dell’INPS avente ad oggetto il riconoscimento, in qualità di ex coniuge titolare dell’assegno divorzile ai sensi dell’art. 9, comma 2, l. n. 898/1970 della pensione di reversibilità che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistere la condizione per beneficiare della pensione, data dalla titolarità dell’assegno divorzile, dovendo così qualificarsi l’erogazione cui il Tribunale di Ferrara con precedente sentenza aveva obbligato l’ex coniuge poi deceduto in favore della B. e non della figlia minore che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la B. - che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata. Considerato in diritto - che, con il primo motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 9 l. n. 898/1970 come modificato dall’art. 13, comma 2, l. n. 74/1987 nonché dell’art. 5, l. n. 263/2005 lamenta l’erroneità della qualificazione quale assegno divorzile attribuita dalla Corte territoriale all’erogazione cui il Tribunale di Ferrara condannava l’ex coniuge poi deceduto, da leggersi, tenuto conto, non solo del dispositivo, che la destina espressamente alla B. quale coniuge, ma altresì della motivazione che, a detta dell’Istituto ricorrente, ricollega alle esigenze di mantenimento della figlia minore - che, l’unico motivo, deve ritenersi inammissibile, risolvendosi la censura mossa nella mera confutazione della qualificazione di assegno divorzile operata dalla corte territoriale con riguardo all’importo riconosciuto a suo tempo dal Tribunale di Ferrara direttamente alla B. , confutazione svolta senza neppure tener conto in questa sede del rilievo su cui la Corte medesima fonda il proprio convincimento, per il quale il coniuge deceduto aveva continuato a versare alla B. l’importo suddetto pur dopo il compimento della maggiore età da parte della figlia - che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile - che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.