Attività in calo e organico da ridurre: licenziamento legittimo

Respinte le obiezioni proposte dal lavoratore. Impossibile, secondo i Giudici, parlare di fittizia contrazione per la produzione aziendale. Decisiva la constatazione che la riduzione della forza lavoro si è prolungata per un anno.

Ridotto l’organico dell’azienda. Legittimo, di conseguenza, il licenziamento, nonostante l’opposizione del lavoratore messo alla porta. Decisiva la constatazione, spiegano i Giudici della Cassazione, che il ridimensionamento della forza lavoro si è protratto per un lungo periodo, essendo slegato, quindi, dalla stagionalità dell’attività aziendale Cassazione, ordinanza numero 27079/18, sezione sesta civile lavoro, depositata il 25 ottobre . Calo del lavoro. Punto di svolta in Corte d’Appello lì il contenzioso prende una piega sfavorevole al lavoratore a rischio dell’azienda. Per i giudici di secondo grado, difatti, il suo licenziamento è da ritenere legittimo, sia da un punto di vista formale che sostanziale. Più precisamente, viene posta in evidenza l’effettività del ridimensionamento della forza lavoro , accompagnata dalla constatazione della inesistenza di vacanze di organico con conseguente impossibilità di repechage per il dipendente, anche alla luce, osservano i giudici, della assenza di nuove assunzioni in una qualifica corrispondente a quella del lavoratore a rischio. Queste valutazioni vengono condivise dai Giudici della Cassazione, che respingono la tesi proposta dal legale del lavoratore, secondo cui il licenziamento è stato fittiziamente imputato ad un calo dell’attività produttiva derivante da condizioni esterne riferibili all’andamento del mercato mentre in realtà sarebbe dovuto a un fisiologico calo stagionale dell’attività . Per i magistrati del Palazzaccio, invece, bisogna ricordare che si può parlare di licenziamento legittimo a fronte della redistribuzione delle mansioni su un inferiore numero di addetti per il conseguimento di obiettivi di economicità . E a questo proposito viene richiamato il dato dell’ effettivo ridimensionamento del personale stabilmente addetto all’attività, protrattosi per un periodo di tempo apprezzabile , cioè circa un anno , e quindi per un arco temporale superiore alla cadenza stagionale di contrazione-espansione dell’organico . Tutti questi elementi sono sufficienti per sancire la legittimità del licenziamento del dipendente, che può dire addio al proprio posto di lavoro.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 21 giugno – 25 ottobre 2018, n. 27079 Presidente Doronzo – Relatore De Marinis Rilevato - che con sentenza dell'8 novembre 2017 la Corte d'Appello di Bologna, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Reggio Emilia, rigettava la domanda proposta da Be. El Mo. Hi. nei confronti di Creta S.r.l. avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo - che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto,, coperta da giudicato la pronunzia del primo giudice in ordine alla legittimità formale del licenziamento eccepita con riferimento all'omessa comunicazione dei motivi, giustificato sul piano sostanziale l'intimato licenziamento, per risultare provate l'effettività del ridimensionamento della forza lavoro e l'inesistenza di vacanze di organico con conseguente impossibilità del repechage, sulla base dell'assenza di nuove assunzioni in una qualifica corrispondente a quella del prestatore receduto in un ragionevole lasso di tempo successivo al recesso - che per la cassazione di tale decisione ricorre Be. El Mo. Hi., affidando l'impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società - che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c, è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata Considerato - che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 2, commi 2 e 3, L. n. 604/1966, come modificato dagli artt. 3 e 5, L. n. 183/2010, dell'art. 59, CCNL Lapidei 2010 e degli artt. 35 e 41 Cost., imputa alla Corte territoriale di aver condotto la valutazione richiestale in ordine alla sussistenza dell'invocata giustificazione del recesso con riferimento a situazioni di fatto estranee a quella esplicitata nella lettera di licenziamento data dal calo dell'attività produttiva a causa delle difficoltà di mercato - che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c, 2697 c.c., 3 e 5, L. n. 604/1966, in riferimento agli artt. 35 e 41 Cost., il ricorrente lamenta l'incongruità dell'iter valutativo in base al quale la Corte territoriale è pervenuta al convincimento circa l'aver il datore assolto all'onere probatorio sullo stesso incombente circa l'invocata giustificazione del licenziamento - che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c, si deduce a carico della Corte territoriale di aver proceduto, ai fini del giudizio in ordine alla ricorrenza dell'invocato giustificato motivo oggettivo, ad un'analisi solo parziale delle risultanze istruttorie che gli esposti motivi non meritano accoglimento, per essere il primo infondato ed il secondo ed il terzo inammissibili - che, in effetti, la proposta impugnazione - la quale, considerata nel suo complesso, risulta strutturata sulla falsariga di una ricostruzione in fatto della vicenda per la quale il licenziamento, fittiziamente imputato ad un calo dell'attività produttiva derivante da condizioni esterne riferibili all'andamento del mercato, risulterebbe ai contrario arbitrariamente intimato, approfittando di una situazione ricorrente ed intrinseca all'operatività della Società, insuscettibile perciò di avvalorare la causale giustificativa invocata, data dal fisiologico calo stagionale dell'attività di estrazione dell'argilla, implicante, nei mesi invernali, la distribuzione del lavoro tra i soli dipendenti a tempo indeterminato tre, tra cui il ricorrente e, a distanza di mesi, nel periodo primavera/estate il riespandersi dell'organico con l'impiego di lavoratori a termine - mira su tale base ad opporsi a quella diversa visione della vicenda che fa da sfondo alla pronunzia resa dalla Corte territoriale - che muove dalla presa d'atto della dichiarata giustificazione del licenziamento e, nel procedere alla sua verifica, tenendo conto del consolidato orientamento per il quale integra il giustificato motivo oggettivo anche l'iniziativa datoriale volta alla mera redistribuzione delle mansioni su un inferiore numero di addetti per il conseguimento di obiettivi di economicità, di essa rinviene elementi di conferma e di legittimazione nell'effettivo ridimensionamento del personale stabilmente addetto all'attività dei tre originari lavoratori assunti a tempo indeterminato ne rimangono infatti soltanto due, tra i quali vengono ripartite le mansioni in precedenza affidate al ricorrente , protrattosi per un periodo di tempo apprezzabile che la Corte territoriale accerta essere un anno, e dunque superiore all'indicata cadenza stagionale di contrazione/espansione dell'organico, fino al pensionamento di uno dei due residui addetti, che, dunque, si deve ritenere, siano rimasti due senza che si desse luogo ad ulteriori assunzioni che non fossero relative ai lavoratori stagionali a termine, a conferma di una saturazione dell'organico stabile tale da escludere la ricollocazione del ricorrente anche con altre mansioni - senza riuscire nell'intento di evidenziarne, secondo l'impostazione prescelta, il suo essere frutto di mero equivoco, sicché il giudizio della Corte territoriale in ordine alla sussistenza dell'invocato giustificato motivo oggettivo deve dirsi operato con riferimento ad elementi sicuramente inerenti alla causa petendi e rilevanti quali il permanente ridimensionamento dell'organico aziendale , conseguendone l'infondatezza del primo motivo, elementi ai quali la Corte stessa ha correttamente riconosciuto valenza probatoria anche solo per il fatto del protrarsi del ridimensionamento oltre la contingenza data dalla stagionalità dell'attività su cui il ricorrente fondava, come detto, l'impostazione della complessiva impugnazione , donde l'inammissibilità delle censure sul punto avanzate con il secondo e terzo motivo - che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va rigettato - che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.