Simulazione dell’infortunio sul lavoro e oneri probatori

L’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c. permane anche in capo al datore di lavoro che deve dare la prova di fatti positivi incompatibili con l’esistenza dell’infortunio sul lavoro, tali da provarne la falsità, per giustificare il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 21629/18, depositata il 4 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Torino, in accoglimento del reclamo del lavoratore, annullava il licenziamento per giusta causa intimato dalla società datrice di lavoro per simulazione di infortunio sul lavoro. Secondo la Corte territoriale dall’esame del materiale istruttorio emergeva che la datrice di lavoro non avesse fornito prova sufficiente della sussistenza della giusta causa di recesso e, cioè, della falsità della denuncia di infortunio. Detta decisione è impugnata per cassazione su ricorso della società datrice di lavoro con un unico motivo. La ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. Onere della prova per aver la Corte di merito, con la richiesta della positiva dimostrazione dell’insussistenza dell’infortunio, posto a carico del datore un onere probatorio concretamente insostenibile . La prova dell’insussistenza dell’infortunio. Ricorda il Supremo Collegio che la necessità di dare la prova di fatti positivi incompatibili con l’esistenza dell’infortunio, o con l’esistenza di un infortunio verificatosi in occasione del lavoro, ovvero la compatibilità del fatto supposto con quello accertato è in linea con il consolidato orientamento secondo cui l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo . Secondo gli Ermellini, facendo completa applicazione del richiamato principio, la Corte territoriale correttamente ha annullato il licenziamento per mancanza di prova della falsità della denuncia di infortunio sul lavoro sostenendo che il datore di lavoro doveva provarne la falsità. Nel dettaglio trattandosi di prova negativa, ossia l’insussistenza del fatto, la società avrebbe dovuto dare la prova di fatti positivi incompatibili con l’esistenza dell’infortunio. In ragione di ciò la Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 aprile – 4 settembre 2018, n. 21629 Presidente Bronzini – Relatore Della Torre Fatti di causa 1. Con sentenza n. 480/2016, pubblicata il 18 luglio 2016, la Corte di appello di Torino, in accoglimento del reclamo di A.A.K., annullava il licenziamento per giusta causa intimato allo stesso da CO.GE.AS. S.r.l., con lettera del 22 maggio 2014, per simulazione di infortunio sul lavoro. 2. La Corte di appello rilevava, a sostegno della propria decisione, esaminato il materiale, istruttorio acquisito al giudizio, come la datrice di lavoro, pur essendo gravata del relativo onere, non avesse fornito la prova della sussistenza della giusta causa di recesso e cioè della falsità della denuncia di infortunio tanto nel senso che il dipendente non ne avesse subito alcuno, come nel senso che lo avesse subito ma non in occasione di lavoro , con la precisazione che, trattandosi di una prova negativa, ovvero della prova dell’inesistenza di un fatto, la datrice di lavoro avrebbe dovuto dare dimostrazione dell’esistenza di fatti positivi incompatibili con l’esistenza dell’evento denunciato. 3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con unico motivo. 4. Il lavoratore è rimasto intimato. Ragioni della decisione 1. Con il motivo proposto, deducendo violazione dell’art. 2697 cod. civ. e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. , la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte, con la richiesta della positiva dimostrazione della insussistenza di un infortunio ovvero del verificarsi di un fatto, lesivo dell’integrità fisica del lavoratore, accaduto al di fuori dell’orario di lavoro e riconducibile alla sua sfera di vita personale , posto a carico del datore di lavoro un onere probatorio concretamente insostenibile e tale da recare pregiudizio alle sue possibilità di difesa, ove non temperato dal ricorso alle presunzioni e per avere posto in rilievo solo l’assenza di fatti positivi contrari a quello negativo che avrebbe dovuto provare il datore di lavoro, senza prendere in considerazione una molteplicità di fatti, con valenza presuntiva, emergenti dagli atti del giudizio e che avrebbero potuto confermare la versione posta alla base del recesso. 2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. 3. La Corte territoriale ha annullato il licenziamento per insussistenza del fatto materiale contestato, cioè per mancanza di prova della falsità della denuncia di infortunio sul lavoro cfr. sentenza impugnata, pp. 14-15 , osservando a sostegno di tale conclusione che il datore di lavoro , al quale spetta la prova della sussistenza della giusta causa di licenziamento art. 5 l. n. 604/1966 , doveva provare la falsità della denuncia di infortunio sul lavoro, ossia doveva provare vuoi che il sig. A.K. non aveva subito alcun infortunio, vuoi che aveva subito un infortunio ma non in occasione di lavoro trattandosi di una prova negativa - ossia della prova dell’inesistenza di un fatto - la CO.GE.AS. avrebbe dovuto dare la prova di fatti positivi incompatibili con l’esistenza dell’infortunio, o con l’esistenza di un infortunio verificatosi in occasione di lavoro p. 8 . 4. Su tali premesse la sentenza impugnata si sottrae alle critiche formulate dalla società con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civile. 5. Essa, infatti, richiamando alla necessità di dare la prova di fatti positivi incompatibili con l’esistenza dell’infortunio o con l’esistenza di un infortunio verificatosi in occasione di lavoro , e cioè, in sostanza, evocando l’attitudine inferenziale propria del ragionamento presuntivo, mediante il quale accertare, alla stregua di canoni probabilistici, la compatibilità del fatto supposto con quello accertato, ha fatto esattamente proprio il consolidato orientamento, per il quale l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 cod. civ., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo Cass. n. 15162/2008 . 6. L’aderenza del giudice di merito al richiamato principio trova conferma ulteriore nello sviluppo motivazionale della sentenza impugnata, là dove è offerta una rassegna di fatti, che secondo la Corte, ove positivamente dimostrati, avrebbero ragionevolmente condotto alla prova che il lavoratore si era procurato l’infortunio in altro orario e in altro luogo p.14 . 7. Il motivo proposto risulta poi inammissibile, nel profilo relativo al vizio di motivazione, atteso che esso, restando indimostrata la decisività quale idoneità a determinare con certezza un esito diverso del giudizio delle circostanze che il giudice di merito avrebbe trascurato di esaminare nella sua ricostruzione fattuale, si risolve nella sollecitazione ad una rilettura e ad una nuova valutazione del materiale di prova difforme da quella della sentenza impugnata e cioè ad un accertamento che è palesemente estraneo ai compiti assegnati dall’ordinamento alla Corte di legittimità ed è, invece, prerogativa esclusiva del giudice di merito. 8. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, essendo il lavoratore rimasto intimato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.