Il riscatto del corso di laurea può essere chiesto successivamente, ma con i parametri in atto alla data della nuova domanda

La domanda di riscatto del corso di laurea rientra tra le prestazioni previdenziali previste a favore di determinati lavoratori subordinati, pertanto ad essa è applicabile il termine di decadenza ex art. 47 d.P.R. n. 639/1970.

Sul punto è tornata ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 20924/18 depositata il 22 agosto. Il caso. Il tribunale dichiarava inammissibile la domanda del lavoratore volta al riscatto degli anni del corso di laurea, poiché riteneva che questi era decaduto dall’esercizio di tale diritto, avendo depositato il ricorso giudiziario ben 26 anni dopo l’istanza amministrativa. La Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado condannando l’Inps a comunicare all’appellante l’ammontare della riserva matematica in relazione alla domanda di riscatto e ad assegnargli il termine per l’adempimento. Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps. Il riscatto degli anni del corso di laurea secondo la giurisprudenza. Ribadisce la Corte Suprema che la domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea si configura come una prestazione previdenziale riconosciuta a determinati lavoratori subordinati e come tale è soggetta al termine di decadenza di dieci anni di cui all’art. 47 d.P.R. n. 639/1970, la cui maturazione non esclude che il riscatto possa essere chiesto in un secondo momento, con riferimento però ai parametri retributivi in atto alla data della nuova domanda. Nel caso di specie è evidente che il termine decadenziale di dieci anni non è stato rispettato, pertanto il ricorso è accolto con cassazione della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 marzo – 22 agosto 2018, n. 20924 Presidente D’Antonio – Relatore Berrino Fatti di causa Il Tribunale di Roma dichiarò inammissibile la domanda di C.R.A.M. , volta al riscatto degli anni del corso di laurea, ritenendo che il medesimo era decaduto dall’esercizio di tale diritto, ai sensi dell’art. 47 d.P.R. n. 639/1970, avendo depositato il ricorso giudiziario ben ventisei anni dopo l’istanza amministrativa del 1983. Proposta impugnazione dal C. , la Corte d’appello di Roma sentenza dell’11.1.2013 ha riformato la suddetta decisione ed ha condannato l’Inps a comunicare all’appellante l’ammontare della riserva matematica in relazione alla domanda di riscatto del 29.1.1983 e ad assegnargli il termine per l’adempimento. La Corte di merito ha ritenuto che il termine decennale di decadenza, di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639/1970, era inapplicabile nella fattispecie, in quanto lo stesso era contemplato solo per le prestazioni previdenziali. Né poteva ritenersi operante il diverso termine di decadenza di 60 giorni, di cui al D.M. 19.2.1981, in quanto l’Inps non aveva prodotto la raccomandata, col relativo avviso di ricevimento, contenente la comunicazione del provvedimento di accoglimento dell’istanza di riscatto di cui trattasi, per cui non si era perfezionato il dies a quo per il computo di quest’ultimo termine decadenziale. Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con due motivi. Resiste con controricorso C.R.A.M. , il quale deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 47 del d.p.r. 30 aprile 1970, n. 639, l’Inps contesta la decisione della Corte di merito nella parte in cui ha ritenuto inapplicabile nella fattispecie la causa di decadenza prevista da tale norma per la ragione che il riscatto del corso di laurea non determinava alcun esborso patrimoniale a carico dell’Inps. Ritiene, invece, l’Inps che la domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea rientra tra le prestazioni previdenziali, per cui non vi è ragione di escludere la predetta causa di decadenza che, nel caso di specie, decorreva dalla data della domanda amministrativa del 29.1.1983. 2. Il motivo è fondato. Invero, come questa Corte ha già avuto modo di statuire a tale riguardo Cass. Sez. Lav. n. 15521 dell’11.6.2008 , La domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea rientra tra le prestazioni previdenziali previste a favore di determinati lavoratori subordinati, sicché è ad essa applicabile il termine di decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, la cui maturazione non esclude peraltro che il riscatto possa essere chiesto successivamente, con riferimento tuttavia ai parametri retributivi in atto alla data della nuova domanda . È, quindi, evidente che nel caso di specie si è verificata la suddetta decadenza, dai momento che, a fronte della domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea del 29.1.1983, che non era stata poi definita, l’assicurato propose il ricorso per l’accertamento di tale diritto in sede giurisdizionale solo in data 3.2.2009, cioè notevolmente dopo la scadenza del termine decadenziale di dieci anni previsto dal citato art. 47 del d.p.r. n. 639/70. 3. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 2-novies della legge 16.4.1974 n. 114, di conversione con modificazioni del d.l. 2.3.1974 n. 30, dell’art. 13 della legge 12.8.1962 n. 1338, del decreto ministeriale 19 febbraio 1981 n. 417000, all.to 12, prg. 5, lett. b e dell’art. 115 c.p.c., l’istituto ricorrente contesta la parte dell’impugnata decisione in cui si afferma che non poteva eccepire l’inosservanza della controparte del termine perentorio essenziale di sessanta giorni previsto per la prosecuzione della procedura di riscatto, in quanto non aveva prodotto la documentazione comprovante la decorrenza di tale termine. 4. Anche tale motivo è fondato. Invero, l’Inps non aveva necessità di provare l’avvenuta conoscenza da parte del C. della comunicazione con la quale venivano illustrate le modalità di pagamento della somma necessaria ai fini della costituzione della riserva matematica per il richiesto riscatto, atteso che nel ricorso introduttivo del giudizio il medesimo assicurato riferiva di aver rappresentato all’Inps, con lettera del 18.5.1995, di essere venuto a conoscenza del fatto che la sua richiesta era stata accolta e comunicata al suo domicilio, anche se la firma apposta sull’avviso di ricevimento - che aveva potuto consultare presso la sede senza ottenerne copia - non era né sua, né di altro componente del suo nucleo familiare. Quindi da tale specifica circostanza, evidenziata dall’Inps nel presente ricorso, emerge che era stato lo stesso assicurato a riconoscere che presso il suo domicilio era stata recapitata la comunicazione di accoglimento della sua domanda di riscatto. A fronte di tale emergenza processuale l’odierno controricorrente non contesta quanto riferito dall’Inps, limitandosi ad obiettare che nel proprio atto introduttivo del giudizio aveva precisato che la firma apposta sull’avviso di ricevimento consultato presso la sede dell’Inps, di cui non aveva avuto copia, non era né sua, né di altri componenti il suo nucleo familiare ed aggiungendo che aveva avuto conoscenza dell’accoglimento della sua domanda di riscatto solo attraverso la lettera dell’istituto di previdenza del 22 novembre 1995, con la quale gli era stata comunicata l’archiviazione della domanda in questione per mancato pagamento. Ne consegue che ha ragione l’Inps a dolersi del malgoverno degli oneri probatori da parte della Corte di merito che, non tenendo conto della suddetta evidenza processuale, ha finito per porre a carico dell’istituto appellato un onere di produzione non più necessario. 5. In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto della domanda iniziale. Motivi di equità, dovuti all’alterno esito dei due gradi del giudizio di merito, inducono questa Corte a ritenere interamente compensate tra le parti le relative spese processuali di prime e seconde cure, mentre quelle del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del controricorrente e vanno liquidate come da dispositivo, unitamente al contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 quater, dei d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna il controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 2700,00, di cui Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.