Da mansioni tecniche complesse a compiti elementari e ripetitivi: lavoratore dequalificato e risarcito

Respinta definitivamente ogni opposizione dell’azienda, che dovrà risarcire il dipendente per il danno professionale arrecatogli. Decisivo il passaggio da compiti complessi, richiedenti elevate cognizioni tecniche, a mansioni elementari e ripetitive.

È passato, su ordine dell’azienda, da operazioni tecniche complesse a mansioni assai più semplici e ripetitive. Legittima non solo la protesta del lavoratore ma anche la sua richiesta di vedere risarcito il danno professionale subito. Anche per i Giudici del Palazzaccio, difatti, ci si trova di fronte a un caso lampante di demansionamento Cassazione, ordinanza n. 18260/18, sez. Lavoro, depositata oggi . Danno. Chiari i contenuti delle rimostranze mosse dal lavoratore, dipendente di Poste Italiane egli si lamenta per la sua perdurante adibizione a mansioni inferiori rispetto a quelle svolte in precedenza . Nello specifico, egli sostiene di essersi prima occupato di installazione, manutenzione e disattivazione di apparecchiature anche complesse e di meccanizzazione postale e poi di essere stato assegnato a un incarico dequalificante, ossia la ripartizione della corrispondenza . Una volta ricostruita in dettaglio la vicenda, i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, condannano l’azienda, ritenendo del tutto inferiori le mansioni affidate al lavoratore, che può ottenere, di conseguenza, un risarcimento dall’azienda per il danno alla propria professionalità . Questa valutazione è confermata dalla Cassazione, che respinge le osservazioni proposte dai legali dell’azienda. Nessun dubbio, in sostanza, sul fatto che le mansioni assegnate dall’azienda al dipendente erano deteriori rispetto a quelle precedentemente affidategli. Su questo fronte i Giudici osservano che il lavoratore dapprima, e per lunghi anni, era stato addetto a mansioni specializzate di installazione, manutenzione e disattivazione di apparecchiature anche complesse, e in particolare di manutenzione di impianti di meccanizzazione postale necessitanti corrispondenti ed elevate cognizioni tecniche e che poi era stato adibito a mansioni elementari e ripetitive , consistenti nella ripartizione della corrispondenza .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 marzo – 11 luglio 2018, numero 18260 Presidente Bronzini – Relatore Balestrieri Rilevato che Con ricorso 6.3.06, Fr. Ra., dipendente di Poste Italiane s.p.a., adiva il Tribunale di Napoli lamentando la sua perdurante adibizione a mansioni inferiori rispetto a quelle svolte in precedenza, ed accertate dalla precedente sentenza numero 5890\00 del medesimo Tribunale attività di installazione, manutenzione e disattivazione di apparecchiature anche complesse meccanizzazione postale , e chiedendo la condanna della società al risarcimento del danno alla professionalità subito. Il Tribunale, con sentenza del 20.12.07, accoglieva la domanda, condannando la società Poste al risarcimento del danno richiesto. Avverso tale sentenza proponeva appello Poste resisteva il Ra Con sentenza depositata il 3.7.12, la Corte d'appello di Napoli rigettava il gravame, ritenendo del tutto inferiori le mansioni affidate al Ra. a seguito della citata sentenza numero 5890\00 del Tribunale di Napoli e provato, quanto meno in via presuntiva, il lamentato danno alla professionalità. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Poste, affidato a quattro motivi, cui resiste il Ra. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato Che con il primo motivo la società ricorrente denuncia la omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c , lamentando che la sentenza impugnata aveva ritenuto erroneamente non contestate le mansioni da ultimo assegnate al lavoratore, in tesi dequalificanti, laddove la società aveva dedotto in sede di costituzione in appello, che a fronte delle dedotte mansioni tecniche svolte dal lavoratore prima dell'8.2.1999, quelle di ripartizione della corrispondenza svolte sino al 21.5.2006 riguardavano in realtà la video codifica che successivamente il Ra. era stato assegnato alla soppressione dell'ex ETM e con decorrenza 8/2/1999 alle seguenti mansioni CMP Napoli dal 5/2/1999 al 21/5/2006 ripartizione della corrispondenza meccanizzata CMP Napoli dal 22/5/2-006 attività di videocodifica. 2.- Che con il secondo motivo la società denuncia una insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. , lamentando che la sentenza impugnata non valutò l'impossibilità di affidare al Ra. le mansioni da questi precedentemente svolte, causa la riorganizzazione aziendale e la soppressione di tali mansioni. 2.1- Che i primi due motivi, esaminabili congiuntamente stante la loro connessione, sono inammissibili il primo perché denuncia come vizio motivo articolo 360, co.1, numero 5 una violazione di norme processuali co.1. numero 4 c.p.c in ogni caso, entrambi, in quanto diretti a censurare la congrua motivazione al riguardo adottata dalla Corte di merito, e prima ancora dal Tribunale, senza chiarire adeguatamente le ragioni per cui essa sarebbe erronea. Che la Corte di merito ha in particolare evidenziato che il Tribunale aveva accertato che le mansioni successivamente assegnate al Ra. erano deteriori rispetto a quelle precedentemente svolte sino all'8.2.99, e che le relative deduzioni del ricorrente non erano state adeguatamente contestate da Poste in primo grado. A nulla rileva pertanto quanto la società deduce di aver esposto nella memoria di costituzione in appel.lo, né le generiche circostanze in tesi dedotte con la memoria di costituzione in primo grado, atti che peraltro non risultano depositati ex articolo 369, co.2, numero 4 c.p.c. Che in ogni caso non è adeguatamente esposto dalla società perché le mansioni indicate come svolte dal Ra. dal febbraio 1999 fossero equivalenti a quelle svolte nel periodo precedente. Che entrambe le censure, e segnatamente la seconda, sono poi redatte mediante assemblaggio di parti espositive e riproduzione fotostatica dei precedenti scritti difensivi, affidando alla Corte la selezione delle parti rilevanti e così una individuazione e valutazione dei fatti, preclusa al giudice di legittimità Cass. 7 febbraio 2012 numero 1716 3.-Che con il terzo e quarto motivo la società denuncia la violazione dell'articolo 2697 c.c., quanto al risarcimento del danno riconosciuto, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. ., quanto al riconoscimento del danno professionale lamentato. Che i motivi, che possono congiuntamente esaminarsi stante la loro connessione, sono infondati. Deve infatti innanzitutto evidenziarsi che nella specie non si ravvisa alcuna violazione dell'articolo 2697, che ripartisce l'onere della prova e non già i risultati di essa. Nella specie la sentenza impugnata ha applicato i principi enunciati nel a nota sentenza resa a S.U. da questa Corte numero 6752\06, e successiva conforme giurisprudenza , secondo cui il danno alla professionalità deve essere provato dal lavoratore, non esistendo nell'ordinamento un danno normativo o in re ipsa, e tuttavia tale danno può essere provato anche in via presuntiva, essendo le presunzioni un valido strumento di prova, di rango non inferiore a quella testimoniale o documentale, che possono essere impiegate anche in via esclusiva dal giudice per la formazione del suo convincimento cfr. altresì Cass. numero 13819/2003 Cass. numero 9834/2002, .etc , tenendo conto in particolare della durata e gravità del demansionamento. Nella specie la sentenza impugnata ha infatti accertato, alla stessa stregua del Tribunale, che il Ra., dapprima e per lunghi anni addetto a mansioni specializzate di installazione, manutenzione e disattivazione di apparecchiature anche complesse ed in particolare di manutenzione di impianti di meccanizzazione postale necessitanti corrispondenti ed elevate cognizioni tecniche, dal febbraio 1999 venne adibito a mansioni elementari e ripetitive. Che la Corte ha anche valutato la gravità dell'inadempimento, la sua lunga durata, per di più anche in presenza di provvedimenti giurisdizionali emessi a tutela della professionalità del Ra. sentenza numero 5890\00 del medesimo Tribunale di Napoli . 4. Che la sentenza impugnata resiste pertanto alle censure mossele, sicché il ricorso deve essere rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, vanno distratte in favore del difensore del Ra., dichiaratosi antecipante. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro.200,00 per esborsi, Euro.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a., da distrarsi in favore dell'avv. G. Ru Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. numero 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.