Quali sono i limiti alla parità di trattamento nel pubblico impiego privatizzato?

In materia di pubblico impiego privatizzato il principio per il quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale opera nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva, vietando trattamenti migliorativi o peggiorativi su base individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 12332 depositata il 18 maggio 2018. Il caso. La Corte di Appello di Palermo, confermando la pronuncia di primo grado, rigettava la domanda con la quale taluni Avvocati/dirigenti di una locale Azienda Sanitaria richiedevano il pagamento degli onorari professionali maturati in relazione alla difesa dell’Ente in giudizi che si erano conclusi con la vittoria di quest’ultimo e con la compensazione delle spese del giudizio. Ad avviso dei Giudici di merito la fattispecie era regolata dall’art. 64 del CCNL dell’area Dirigenza Sanitaria del dicembre 1996, il quale prevede che le risorse finanziarie derivanti dalla condanna alle spese della parte soccombente sono le uniche destinate ad incentivare le prestazioni dei dirigenti Avvocati. Contro tale pronuncia i lavoratori proponevano ricorso alla Corte di Cassazione, articolando numerosi motivi. Un dato letterale chiaro non necessita interpretazioni. Per quanto qui interessa esaminare, i ricorrenti si dolevano di come la pronuncia di secondo grado non avesse preso in considerazione il peculiare status degli Avvocati dirigenti degli uffici legali istituiti presso gli Enti pubblici, rilevando altresì come la disciplina del loro compenso fosse contenuta non solo nell’art. 64, bensì anche nell’art. 62 del CCNL applicato al rapporto. Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Corte la quale, ricostruendo la disciplina recata dal CCNL, rileva come le previsioni richiamate dai ricorrenti disciplinino in estrema sintesi la costituzione di appositi fondi tesi tra il resto a remunerare la produttività della generalità dei manager, mentre è solo l’art. 64 a stabilire gli onorari e compensi di natura professionale stabilendo che ai dirigenti Avvocati e procuratori spettano i compensi di natura professionale [] recuperati a seguito di condanna della parte avversa soccombente . Un tale tenore letterale non lascia quindi spazio, nell’avviso della Cassazione, ad alcun dubbio interpretativo attesa la chiarezza della clausola di chiusura che esclude un diritto per i lavoratori in discorso ad altre indennità e premi, proprio perché essi già percepiscono i compensi professionali liquidati a carico della controparte soccombente, ai quali il CCNL riconosce il valore di retribuzione premiale ed incentivante. Il principio di parità di trattamento si applica solo agli atti dell’Ente pubblico. Con un ulteriore motivo, proprio alla luce della suddetta esclusione, i ricorrenti lamentavano una disparità di trattamento nei confronti dei propri colleghi poiché esclusi dalla retribuzione premiale prevista per la generalità dei dirigenti . Motivo che tuttavia, ancora una volta, non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ed infatti, nell’avviso della Corte, nel caso di specie la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alla specificità delle situazioni concrete nello stesso senso, Cass. n. 1037/2014 . Nella specie non v’era neanche alcuna violazione dell’art. 36 Cost Inoltre, prosegue la Corte, nella specie nemmeno poteva configurarsi una retribuzione non proporzionata e sufficiente all’attività svolta atteso che il giudizio sulla conformità al parametro dell’art. 36 Cost. non può essere svolto su singoli istituti né limitatamente a periodi brevi, poiché si deve valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla luce del canone della omnicomprensività .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 febbraio – 18 maggio 2018, numero 12332 Presidente Napoletano – Relatore Torrice Fatto 1. Il Tribunale di Palermo aveva accolto l’opposizione proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo avverso i decreti con i quali gli odierni ricorrenti avevano ingiunto il pagamento degli onorari professionali maturati in relazione alla difesa dell’Ente in giudizi che si erano conclusi can la vittoria dell’Ente stesso e con la dichiarazione di compensazione delle spese del giudizio. 2. La Corte territoriale, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato tale sentenza. 3. Essa, per quanto rileva nel presente giudizio, ha rigettato l’eccezione di nullità del ricorso in opposizione formulata dai ricorrenti sul rilievo della violazione delle regole della evidenza pubblica nella scelta del difensore. Ha osservato che nei casi, quale quello dedotto in giudizio, il conferimento di un singolo e puntuale incarico di difesa in giudizio non soggiace alla procedura di evidenza pubblica. 4. Nel merito, la Corte territoriale ha ritenuto che la fattispecie dedotta in giudizio è regolata dall’articolo 64 del CCNL Contratto Dell’area Della Dirigenza Sanitaria, Professionale, Tecnica Ed Amministrativa Del Comparto Sanità del 5.12.1996 Normativo 1994/1997 Economico 1994/1995 , che prevede che le risorse finanziarie derivanti dalla condanna alle spese della parte soccombente sono le uniche destinate ad incentivare le prestazioni dei dirigenti Avvocati. Ha rilevato che l’articolo 61 del medesimo CCNL ha ad oggetto la disciplina del finanziamento della retribuzione di risultato e che l’articolo 62 si limita a indicare la ratio della retribuzione di risultato e non contiene alcun elemento idoneo a supportare la pretesa dei ricorrenti volta al pagamento del premio per la prestazione individuale. 5. La Corte territoriale ha ritenuto, inoltre, che la delibera della Amministrazione numero 63 del 2000, che aveva riconosciuto la spettanza di ulteriori compensi in caso di definizione dei giudizi conclusi con compensazione delle spese del giudizio, era illegittima perché, in contrasto con l’articolo 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001, aveva introdotto compensi non previsti dalla contrattazione collettiva. 6. Ha affermato l’infondatezza dell’assunto secondo cui tale delibera aveva recepito un accordo collettivo stipulato in sede decentrato e tanto sul rilievo che la contrattazione collettiva decentrata non può attribuire compensi, quale quello dedotto in giudizio, non previsti da quella nazionale. 7. Al riguardo ha ritenuto che l’articolo 5 del CCNL si limita a riservare alla contrattazione decentrata soltanto la determinazione dei criteri generali sulle modalità di attribuzione al Dirigente della retribuzione collegata al risultato. 8. Ha, inoltre, rilevato che comunque non era stata provata l’esistenza di un contratto collettivo a livello decentrato osservando che la produzione della nota numero 4257 del 1999, che secondo la prospettazione degli appellanti ne provava l’esistenza, era inammissibile perché depositata soltanto nel giudizio di appello. 9. Avverso questa sentenza i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi rubricati con numerazione non progressiva , illustrati da successiva memoria. L’Azienda Sanitaria Provinciale - A.S.P. di Palermo è rimasta intimata. Motivi Sintesi dei motivi. 10. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 e numero 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 27 e dell’Allegato II B del D. Lgs. numero 163 del 2006, dell’articolo 7 comma 6 bis del D. Lgs. numero 165 del 2001, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.comma e falsa applicazione dell’articolo 1418 c.comma Addebitano alla Corte territoriale di non avere valutato adeguatamente la peculiarità e la specificità che caratterizzava il conferimento dell’incarico all’Avvocato Grillo che aveva proposto le opposizioni avverso i decreti ingiuntivi azionati dagli odierni ricorrenti , che era desumibile dalle delibere del Direttore Generale numero 574 del 28.5.2009 e numero 678 del 17.10.2010. Deducono che all’Avvocato Grillo era stata affidata la gestione legale di tutta la complessa controversia avente ad oggetto il contenzioso con gli Avvocati Dirigenti e non la singola opposizione a decreto ingiuntivo. 11. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.comma Addebitano alla Corte territoriale di avere omesso di esaminare i motivi di gravame specificità della posizione giuridica dell’Avvocato Dirigente dell’Ente Pubblico violazione, violazione dell’articolo 40 del D. Lgs. numero 165 del 2001 in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, rilevanza ai fini della esatta interpretazione degli artt. 64, 61 e 62 del CCNL della legittimità della deliberazione numero 63 del 2000 anche in conseguenza della deliberazione numero 393 del 2004, rilievo officioso da parte del giudice di primo grado dell’assenza della contrattazione collettiva decentrata e di essersi limitata a riportare nel testo della sentenza le argomentazioni motivazionali spese nella pronuncia resa in un diverso giudizio. 12. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 delle preleggi per avere la Corte territoriale richiamato l’articolo 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001, norma non vigente alla data di adozione della delibera numero 63 del 2000. 13. Con il quarto motivo rubricato come III i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001, del R.D.L. numero 1578 del 1933 e del R.D.L. numero 1611 del 1933, degli artt. 64, 62 e 61 del CCNL Dirigenza Comparto sanità professionale, tecnica ed amministrativa del 1994-1997, degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.comma Imputano alla Corte territoriale di non avere preso in considerazione il peculiare status degli Avvocati Dirigenti degli Uffici legali istituiti presso gli Enti Pubblici e invocano i principi affermati dalla Corte Costituzionale numero 33 del 2009. Richiamano il R.D.L. numero 1578 del 1933 e il R.D.L. numero 1611 del 1933 e il CCNL comparto Regioni ed Enti Locali del 14.9.2000 per trarne elementi di conforto della tesi secondo cui, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, la disciplina dei compensi spettanti ai dirigenti Avvocati è contenuta non solo nell’articolo 64 del CCNL ma anche nell’articolo 61 comma 2 punto b . 14. Con il quinto motivo rubricato come III i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, artt. 40 e 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001, del R.D.L. numero 1578 del 1933 e del R.D.L. numero 1611 del 1933, degli artt. 64, 62 e 61 del CCNL Dirigenza Comparto sanità professionale, tecnica ed amministrativa del 1994-1997, dell’articolo 23 della L. numero 247 del 2012 e dell’articolo 1371 c.c Assumono che l’interpretazione della Corte territoriale stravolge il sistema della retribuzione premiante previsto dal CCNL, determina disparità di trattamento tra essi ricorrenti e gli agli altri dirigenti, i quali oltre al premio di produttività previsto dall’articolo 62 del CCNL hanno diritto a percepire anche il premio per la prestazione individuale di cui all’articolo 63 e affida al caso l’erogazione della voce retribuzione rivendicata vittoria ma compensazione delle spese di lite delle cause patrocinate da essi ricorrenti nonostante il raggiungimento dell’obiettivo da parte del lavoratore esito positivo della controversia . 15. Con il sesto motivo rubricato come IV i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 e numero 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 64, 62, 61 del CCNL dirigenza non sanitaria 1994-1997 anche in riferimento all’articolo 1362 c.comma e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Addebitano alla Corte territoriale di non avere tenuto conto dell’accordo transattivo del 19.1.2004 ai fini della interpretazione delle norme collettive. 16. Con il settimo motivo rubricato come V i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 40 del D. Lgs. numero 165 del 2001, dell’articolo 23 della L. numero 247 del 2012, dell’articolo 1418 c.comma e dell’articolo 36 della Cost. e degli artt. 1 e 7 delle disposizioni della legge in generale. Assumono che l’interpretazione delle disposizioni contenute nella contrattazione collettiva contrasta con l’articolo 36 della Costituzione. 17. Con l’ottavo motivo rubricato come VI i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 40 comma 3 quinquies del D. Lgs. numero 165 del 2001, dell’articolo 2 della L. numero 421 del 1992, dell’articolo 112 c.p.c., e dell’articolo 345 comma 3 c.p.comma nella formulazione antecedente alla modifica di cui all’articolo 134 del 2012. Imputano alla Corte territoriale di avere rilevato di ufficio la mancanza della contrattazione decentrata e di avere errato nel ritenere inammissibile la produzione della nota dell’Amministrazione del 1999. 18. Con il nono motivo rubricato come VII i ricorrenti denunciano l’erroneità della statuizione che ha disposto la compensazione delle spese del giudizio, deducendola dall’assunto della erroneità del rigetto dell’appello. Esame dei motivi. 19. Il primo motivo è inammissibile in quanto i ricorrenti trascrivono nel ricorso brani parziali e insufficienti a ricostruire l’intero contenuto delle delibere del Direttore Generale numero 574 del 28.5.2009 e numero 678 del 17.10.2010, che non depositano unitamente al ricorso per cassazione, di cui non forniscono indicazioni utili per il loro facile rinvenimento nel presente giudizio. Tali omissioni si pongono in contrasto con i principi sanciti dall’articolo 366 c.p.c., comma 2, numero 6, e articolo 369 c.p.c., comma 1, numero 4., che onerano il ricorrente, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex articolo 360 c.p.c., numero 3, di carenze motivazionali, ex articolo 360 c.p.c., numero 5, o di un error in procedendo , ai sensi dei nnumero 1, 2 e 4 della medesima norma, di riprodurre nel ricorso il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, e anche di indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità Cass. SSUU 8077/2012 e 22726/2011 Cass. 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010 . 20. L’omessa allegazione di tali atti non consente lo scrutinio della dedotta violazione dell’articolo 27 del D.Lgs numero 163 del 2006, denuncia che è fondata sulle delibere innanzi richiamate, e che è stata esclusa dalla Corte territoriale sulla scorta di un accertamento di fatto che non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità Cass.SSU 24148/2013, 8054/2014 Cass. 1541/2016, 15208/2014 . 21. La Corte territoriale, infatti, richiamando i principi enunciati dalla giurisprudenza amministrativa, ha rilevato che la P.A. aveva conferito il mandato alle liti nell’ambito di un incarico di opera intellettuale correlato alla difesa nei soli giudizi promossi in via monitoria dagli odierni ricorrenti ed ha escluso che fosse ravvisabile un incarico di consulenza e di assistenza legale a contenuto complesso ed inserito in un quadro articolato di attività professionali organizzate sulla base di bisogni dell’ente. 22. È del pari inammissibile il motivo nella parte in cui addebita alla sentenza la violazione dell’articolo 2697 c.comma in quanto i ricorrenti hanno omesso del tutto di specificare perché la Corte territoriale ha violato i principi in tema di riparto dell’onere probatorio Cass. 24298/2016, 87/2016, 3010/2012, 5353/2007 Ord. 187/2014, 16308/2013 . 23. Il secondo motivo nella parte in cui addebita alla sentenza vizio di omesso esame dei motivi di gravame è infondato perché, diversamente da quanto opinano i ricorrenti, la Corte territoriale ha riprodotto nella sentenza le ragioni motivazionali espresse nella precedente pronuncia alla quale ha dichiarato di volersi conformare. E tanto ha fatto in puntuale confronto con i motivi di gravame riportati sinteticamente nella pg. 2 secondo capoverso della sentenza impugnata . 24. Il motivo è inammissibile nella parte in cui imputa alla Corte territoriale il mancato esame delle delibere numero 63 del 2000 e numero 393 del 2004, in quanto le delibere non sono riprodotte nel ricorso e nemmeno a queste allegate cfr. punto numero 19 di questa sentenza e perché i ricorrenti non ne allegano la decisività a fronte della affermazione, corretta perché conforme alla previsione di cui all’articolo 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001, della Corte territoriale secondo cui i trattamenti economici non possono che essere previsti dalla contrattazione collettiva e sono sottratti al potere regolamentare della PA datore di lavoro. Il terzo motivo va rigettato perché se è innegabile che al tempo di adozione della delibera numero 63 del 2000 non era entrato in vigore l’articolo 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001, il principio della riserva alla contrattazione collettiva della materia del trattamento economico dei pubblici dipendenti risultava nondimeno, già affermato dall’articolo 49 del D. Lgs. numero 29 del 1993, come sostituito dall’articolo 23 del D. Lgs. numero 546 del 1993. Va comunque ribadito che la censura sconta la già rilevata mancata allegazione della delibera cfr. punto numero 19 di questa sentenza . 25. Il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, da trattarsi congiuntamente per l’intima connessione che correla le diverse censure, devono essere rigettati. 26. Prospettando diversi profili di doglianza che in parte si ripetono e si sovrappongono, in sostanza i ricorrenti sostengono che la lettura data dalla Corte territoriale agli artt. 61, 62 e 64 del CCNL sopra richiamato sarebbe contraria al dato letterale e sistematico delle clausole negoziali e in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Tanto sul rilievo che detta interpretazione condurrebbe all’erronea conclusione che ove nell’anno di riferimento i giudizi trattati da essi ricorrenti per conto della datrice di lavoro, pur avendo avuto esito positivo, si sono conclusi con dichiarazione di compensazione delle spese del giudizio, essi dirigenti Avvocati non avrebbero diritto al sistema premiante della retribuzione di risultato per mancanza di fondi. 27. Sono infondate le censure quarto e quinto motivo che imputano alla sentenza la violazione e la falsa applicazione del R.D.L. 27.11.1933 numero 1978 e del R.D.L. 30.10.1933 numero 1611 in quanto lo status correlato alla qualità di Avvocato non interferisce con il sistema retributivo previsto dalla contrattazione collettiva per gli Avvocati che lavorano alle dipendenze della Pubblica Amministrazione. Inoltre, va osservato che diversamente da quanto opinano i ricorrenti, la sentenza della Corte Costituzionale numero 33 del 2009 non offre alcun sostegno alla tesi interpretativa dei ricorrenti in merito alla individuazione ed alla interpretazione della disciplina contrattuale applicabile. La Corte Costituzionale nella richiamata sentenza ha, infatti, affrontato, dichiarandola non fondata, la questione della legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 208, della legge 23 dicembre 2005, numero 266, nella parte in cui dispone che le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro. 28. Le censure che addebitano alla sentenza violazione degli artt. 40 e 45 del D. Lgs. numero 165 del 2001 quarto e quinto motivo , degli artt. 64, 62 e 61 del CCNL Dirigenza Sanitaria Professionale Tecnica ed Amministrativa del 5.12.1996 quarto, quinto, sesto motivo e degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.comma quarto e sesto motivo , 1371 c.comma quinto motivo , dell’articolo 36 della Costituzione settimo motivo sono infondate. 29. Va in primo luogo precisato che diversamente da quanto prospettano i ricorrenti quarto motivo le risposte cd. orientamenti applicativi che l’Aran ha fornito, peraltro con riguardo ad un contratto collettivo CCNL Regioni ed Autonomie locali diverso da quello che si applica ai rapporti dedotti in giudizio, in relazione ai quesiti formulati dagli enti pubblici, devono essere ricondotte nell’ambito della attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi , espressamente prevista dall’articolo 46, comma 1, del D. Lgs. numero 165/2001. 30. Le stesse risposte, pertanto, assumono il contenuto di un orientamento di parte datoriale, e quindi non hanno carattere vincolante per il giudice e non rivestono neanche la caratteristica della interpretazione autentica per la quale, invece, è prescritto lo specifico procedimento negoziale di cui all’articolo 64 del D. Lgs. numero 165 del 2001 articolo 68 bis del D. Lgs. numero 29 del 1993 e succomma modd. . 31. Tanto precisato, va rilevato che il CCNL dell’area della Dirigenza Sanitaria, Professionale, Tecnica Ed Amministrativa del Comparto Sanità del 5.12.1996 normativo 1994/1997 economico 1994/1995 dopo avere individuato all’articolo 39 la struttura della retribuzione dei Dirigenti, disponendo che di essa fa parte la retribuzione di risultato, all’articolo 61 comma 1 dispone che le risorse finanziarie previste nello stesso articolo sono annualmente destinate a costituire una componente retributiva correlata ai risultati raggiunti livelli di produttività e miglioramento dei servizi e finalizzata anche a costituire il fondo per i premi per relativi alla qualità della prestazione individuale . 32. Esso prevede al comma 2 che al finanziamento di tali indennità si provvede secondo la disciplina prevista negli artt. 62, 63 e 64 mediante l’utilizzo dei fondi previsti dalla lettera a , quanto alla retribuzione di risultato relativo ai livelli di produttività ed al miglioramento dei servizi e alla lettera b , quanto ai premi per la qualità della prestazione individuale, che sono alimentati con risorse distinte per ciascun fondo. 33. In particolare, il fondo di cui alla lettera a è costituito dai fondi di produttività di cui agli artt. 57 e sgg. del D.P.R. numero 384 del 1990 ripartite secondo le quote storiche previste per ciascun ruolo incrementabile con eventuali risorse aggiuntive di cui all’articolo 5 comma 2 della L. numero 537 del 1993 e decurtato degli importi utilizzati nei fondi di cui all’articolo 58 dello stesso CCNL Finanziamento della retribuzione di posizione per i Dirigenti nonché dello specifico trattamento economico dei dirigenti di II livello del ruolo sanitario . 34. Il Fondo previsto alla lettera b è, invece, costituito da una percentuale 0,2% del monte salari e dalle risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano all’incentivazione di particolari categorie di Dirigenti, tra le quali sono menzionate quelle previste dall’articolo 64 comma 1 dello stesso CCNL si tratta dei compensi di natura professionale previsti dal regio decreto 27 novembre 1933, numero 1578, recuperati a seguito di condanna della parte avversa soccombente, infra numero 36 di questa sentenza . 35. L’articolo 62, che disciplina la produttività per i Dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale, al comma 1 stabilisce che la retribuzione di risultato dei Dirigenti è strettamente correlata alla realizzazione dei programmi e progetti aventi come obiettivo il raggiungimento dei risultati prestazionali prefissati e il rispetto della disponibilità complessiva di spesa assegnata alle singole strutture, sulla base della metodologia della negoziazione per budget ai sensi degli articoli 5, comma 4 e seguenti del D.Lgs. numero 502 del 1992 e 14 e 20, comma 1 e 2 del D.Lgs. numero 29 del 1993. La disposizione specifica la finalità del fondo di cui all’articolo 61, chiarendo che esso è destinato a promuovere il miglioramento organizzativo e l’erogazione dei servizi per la realizzazione degli obiettivi generali dell’azienda o dell’ente, finalizzati al conseguimento di più elevati livelli di efficienza, di efficacia e di economicità dei servizi istituzionali e specifica quelli ritenuti particolarmente qualificati. La disposizione specifica, dunque, la finalità del fondo. 36. L’articolo 63, che disciplina il premio per la qualità della prestazione individuale, prevede che l’azienda o ente attribuisce la retribuzione di risultato di cui agli artt. 61, comma 2, lett. b e 65 questo relativo ai Dirigenti delle IPAB aventi finalità sanitarie nell’ambito del più ampio processo di valutazione previsto dall’articolo 57, sulla base del grado di raggiungimento di predefiniti obiettivi e/o livelli di prestazione. La clausola ribadisce che per tale indennità si fa ricorso alle risorse del fondo di cui agli artt. 61, comma 2 lett. b , e che viene attribuita tenuto conto di una serie di qualità professionali del singolo Dirigente a capacità dimostrata di gestire il proprio tempo di lavoro, facendo fronte, con flessibilità alle esigenze del servizio e contemperando i diversi impegni b grado di conseguimento degli obiettivi assegnati c capacità dimostrata nel motivare, guidare e valutare i collaboratori e di generare un clima organizzativo favorevole alla produttività, attraverso una equilibrata individuazione dei carichi di lavoro nonché mediante la gestione degli istituti previsti dal contratto di lavoro d capacità di rispettare e far rispettare le regole ed i vincoli dell’organizzazione senza indurre formalismi e burocratismi e promuovendo la qualità dei servizi e capacità dimostrata nel gestire e promuovere le innovazioni tecnologiche e procedimentali, i conseguenti processi formativi e la selezione, a tal fine, del personale f capacità dimostrata nell’assolvere compiti inerenti ad attività di controllo, connesse alle funzioni affidate, con particolare attenzione agli aspetti propri del controllo di gestione g qualità dell’apporto personale specifico h contributo all’integrazione tra le diverse aree, strutture e servizi dirigenziali e all’adattamento al contesto di intervento, anche in relazione alla gestione di crisi, emergenze e cambiamenti di modalità operative, ed al mantenimento dei livelli quantitativi di prestazioni erogate i impegno orario . 37. L’articolo 64 detta la disciplina relativa agli Onorari e compensi di natura professionale e stabilisce che ai Dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale spettano i compensi di natura professionale previsti dal regio decreto 27 novembre 1933, numero 1578, recuperati a seguito di condanna della parte avversa soccombente. La disposizione precisa che a gli onorari che devono essere corrisposti sono quelli recuperati a seguito di condanna alle spese della parte avversa soccombente e sono corrisposti dopo l’avvenuta acquisizione delle relative somme nel bilancio dell’azienda o ente b gli onorari spettano esclusivamente ai Dirigenti appartenenti al ruolo professionale che svolgono funzioni legali c la ripartizione degli onorari tra i Dirigenti del ruolo professionale legale è definita dall’azienda o ente d l’azienda o ente stabilisce una quota non inferiore al 5 % degli onorari da trattenere a copertura forfetaria delle spese generali. 38. Il comma 3 dell’articolo 64 stabilisce che Nella determinazione della retribuzione di risultato di cui all’articolo 62, le risorse finanziarie derivanti dal comma 1 del presente articolo, nonché quelle previste dall’articolo 61, comma 2, punto b sono destinate ad incentivare le prestazioni dei Dirigenti che le hanno effettuate i quali non beneficiano, di conseguenza, del premio per la prestazione individuale. 39. Il tenore letterale delle disposizioni contenute nell’articolo 64 non lascia spazio a dubbi interpretativi attesa la chiarezza della clausola di chiusura che esclude i Dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale dalla indennità premio per la prestazione individuale proprio perché essi percepiscono i compensi di natura professionale previsti dal regio decreto 27 novembre 1933, numero 1578, recuperati a seguito di condanna della parte avversa soccombente, ai quali la stessa clausola collettiva riconosce il valore premiale incentivante. 40. Non è possibile ricavare, nemmeno attraverso la lettura sistematica alcun dato che supporti la tesi dei ricorrenti. Non nell’articolo 61 che come sopra evidenziato disciplina le modalità di costituzione dei due fondi destinati a finanziare la indennità di risultato, e nemmeno negli artt. 62 e 63 che spiegano le ragioni della attribuzione delle due indennità articolo 62 indennità di risultato realizzazione dei programmi e progetti aventi come obiettivo il raggiungimento dei risultati prestazionali prefissati articolo 63 premio per la prestazione individuale valutazione prevista dall’articolo 57 . 41. La tesi dei ricorrenti secondo cui le clausole innanzi richiamate attribuirebbero loro il diritto di percepire il premio per la prestazione individuale è, dunque, in contrasto che con il dato testuale e sistematico delle disposizioni negoziali e muove dall’equivoco di fondo di confondere il sistema incentivante correlato alla valutazione delle peculiari qualità professionali con l’esito favorevole per l’Amministrazione dei giudizi da essi patrocinati, in relazione ai quali percepiscono, nei limiti ed alle condizioni previste dal citato articolo 64 gli onorari e i compensi professionali. 42. L’articolo 64 del CCNL nella parte in cui esclude gli Avvocati dalla indennità dedotta in giudizio non lede il principio di parità di trattamento perché il personale dell’avvocatura interna è il solo che percepisce i suddetti compensi previsti dall’articolo 64 del CCNL innanzi richiamato, sicché manca un tertium comparationis su cui operare il raffronto con il trattamento economico riservato agli altri Dirigenti dell’amministrazione che non svolgono attività di patrocinio legale. 43. Va anche osservato che in materia di pubblico impiego privatizzato, il principio espresso dall’articolo 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, numero 165, secondo il quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede. La disparità, infatti, trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete. Cass. 1037/2014 . 44. Le modalità di determinazione del compenso accessorio non ledono il principio della retribuzione sufficiente perché il giudizio sulla conformità al parametro dell’articolo 36 Cost. non può essere svolto in relazione a singoli istituti, né limitatamente a periodi brevi, poiché si deve valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla luce del canone della onnicomprensività Corte Costituzionale numero 154 del 2014 e numero 178 del 2015, numero 310 del 213 . 45. Il diritto degli Avvocati dipendenti dell’Azienda sanitaria a ricevere un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta non è leso dalla mancata percezione della indennità rivendicata perché, diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti che invocano settimo motivo la disposizione di cui all’articolo 23 della L. 247 del 2012 non applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio anche questo va valutato non atomisticamente, ma in uno alle altre componenti in cui si articola il trattamento economico complessivo dei ricorrenti. 46. L’assunto difensivo sesto motivo secondo cui la normativa contrattuale avrebbe dovuto essere interpretata anche alla luce dell’accordo transattivo del 19.1.2004, oltre a scontare il difetto della sua allegazione l’atto non è riprodotto nel ricorso e non ne è specificata la sede di produzione, cfr. punto numero 19 di questa sentenza è destituito di fondamento perché l’interpretazione del CCNL va fatta con riguardo alla volontà delle parti che l’hanno sottoscritto e non di soggetti estranei alla stipulazione. 47. L’ottavo motivo è inammissibile laddove imputa la rilevazione di ufficio della carenza della contrattazione collettiva decentrata in quanto i ricorrenti non hanno allegato gli scritti difensivi della Azienda di primo e di secondo grado cfr. punto numero 19 di questa sentenza necessari per ricostruire il thema decidendum dei giudizi di merito secondo lo svolgersi delle diverse posizioni assunte dalle parti. 48. La dedotta violazione dell’articolo 345 comma 3 c.p.comma per mancata ammissione della produzione della nota numero 4527 del 1999, oltre a scontare anch’essa il difetto della riproduzione nel ricorso del contenuto di tale documento, non allegato al ricorso e di cui non è specificata la sede di produzione processuale cfr. punto numero 19 di questa sentenza non si confronta con la affermazione della Corte secondo cui la indennità rivendicata era comunque estranea alla delega conferita dall’articolo 5 del CCNL alla contrattazione collettiva decentrata. 49. Tale affermazione è coerente con il dato testuale rinvenibile nell’articolo 5 del CCNL del 5.12.1996 che, per quanto più da vicino interessa la indennità dedotta in giudizio, ha limitato lo spazio di intervento della contrattazione decentrata alla individuazione dei criteri generali per la definizione della percentuale di risorse da destinare alla realizzazione degli obiettivi generali dell’azienda o ente e da affidare alle articolazioni aziendali individuate dal D.Lgs. numero 502 del 1992, dalle Leggi regionali di organizzazione e dai regolamenti aziendali, ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato ai Dirigenti lett. b e c e ai criteri generali sulle modalità di attribuzione ai Dirigenti della retribuzione collegata ai risultati ed agli obiettivi e programmi assegnati secondo gli incarichi conferiti lett. d . 50. L’articolo 5 con la norma di chiusura contenuta nell’articolo 4 conferma il divieto di introduzione di poste di spesa non previste dalla contrattazione collettiva nazionale, prevedendo che i contratti decentrati non possono comportare, né direttamente né indirettamente anche a carico di esercizi successivi, oneri aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal presente contratto, salvo per quanto riguarda le eventuali risorse di cui al comma 1 lettera c . 51. Il nono motivo è infondato perché l’articolo 91 c.p.comma vieta di porre a carico della parte totalmente vittoriosa le spese del giudizio, che la Corte territoriale ha ritenuto di compensare, pur avendo dichiarato l’infondatezza del gravame, in ragione della peculiarità delle questioni dedotte in giudizio. 52. Sulla scorta delle conclusioni svolte il ricorso va rigettato. 53. Non v’è spazio per pronunzia sulle spese in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva. 54. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.