Sindacalista critica l’azienda: licenziato

Il lavoratore ha condiviso sul proprio blog due scritti in cui sosteneva che la società avesse bluffato sul Piano di welfare”. Egli però non ha dato prova della falsità dei dati forniti dall’azienda. Evidente, secondo i Giudici, l’abuso compiuto, abuso che può essere punito col licenziamento.

Sacrosanto il diritto del dipendente sindacalista di criticare la propria azienda. A patto, però, che le obiezioni e le contestazioni proposte abbiano un solido fondamento. Altrimenti si può sconfinare nella diffamazione, e si rischia di dover dire addio al proprio posto di lavoro. Esemplare la decisione con cui i Giudici del ‘Palazzaccio’ hanno reso definitivo il licenziamento adottato da un noto istituto di credito nei confronti di un dipendente, che on line, con due scritti pubblicati sul proprio blog personale, aveva censurato il welfare aziendale Cassazione, sentenza n. 10897/18, Sezione Lavoro, depositata oggi . Scritti. I fatti risalgono all’aprile 2013, quando il lavoratore pubblica due scritti sul proprio blog personale –oggi chiuso –, rendendoli così potenzialmente leggibili da tutti, due scritti in cui egli addebita alla banca – di cui è dipendente – l’indicazione e la diffusione di dati falsi relativi al ‘Piano di welfare’ aziendale . A fine maggio arriva la prima contestazione da parte dell’istituto di credito, che poi, a metà luglio, ufficializza il provvedimento più drastico, il licenziamento . Inutile si rivela la battaglia portata avanti dal legale del sindacalista. Prima in Tribunale, poi in Corte d’Appello e ora in Cassazione, i Giudici sono concordi nel ritenere grave la condotta del lavoratore, e tale da rompere in modo irrimediabile il vincolo fiduciario con l’azienda. I Giudici riconoscono che il sindacalista può esercitare il diritto di critica verso la società datrice di lavoro, ma, aggiungono, deve farlo nel rispetto oggettivo della verità . In questa vicenda, invece, si è appurato che il lavoratore ha addebitato alla banca l’indicazione e la diffusione di dati falsi relativi al ‘Piano di welfare’ aziendale ma, sottolineano i Giudici, non ne ha provato la falsità . A rendere ancora più grave il comportamento del sindacalista, poi, la constatazione che le accuse da lui mosse all’azienda siano state condivise attraverso un blog ed un account di posta elettronica ad altissima diffusione .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 gennaio – 7 maggio 2018, numero 10897 Presidente Patti – Relatore Leone Fatti di causa La Corte di appello di Roma, pronunciandosi in sede di reclamo ai sensi dell'articolo 1, co.58, della legge numero 92/2012, aveva confermato la decisione assunta, con sentenza numero 6217/2015, dal Tribunale della stessa sede, relativa alla ritenuta legittimità del licenziamento intimato a Sc. Ad. dalla Banca Nazionale del Lavoro Spa. La Corte territoriale aveva ritenuto fondata la contestazione mossa al dipendente relativa al contenuto, non veritiero e lesivo dell'immagine della banca, di due articoli redatti dallo stesso in materia di welfare aziendale in particolare aveva ritenuto che, sebbene la funzione di rappresentante sindacale svolta dallo Sc. ponesse lo stesso, in tale ambito, su un piano paritetico rispetto al datore di lavoro, abilitandolo ad esercitare il diritto di critica, pur tuttavia tale diritto doveva essere legittimamente esercitato nei limiti del rispetto oggettivo della verità. Tale limite era stato superato allorché' lo Sc., nei due articoli, aveva addebitato alla banca la indicazione e diffusione di dati falsi relativi al Piano di Welfare aziendale del 2012, non provandone la effettiva falsità e affidando i propri scritti ad un blog ed un account di posta elettronica ad altissima diffusione. Le dette circostanze costituivano giusta causa di licenziamento perchè irrimediabilmente violato il vincolo fiduciario. La Corte aveva peraltro ritenuto tempestiva la contestazione e la successiva sanzione espulsiva. Il ricorrente ha proposto ricorso affidandolo a 4 motivi ed ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Ha proposto controricorso la Banca Nazionale del Lavoro spa difendendosi sui motivi dedotti e proponendo ricorso incidentale condizionato, relativo alla eccezione di intervenuta decadenza già sollevata in sede di appello e non considerata dalla Corte territoriale. Specificava a riguardo che la sentenza del Tribunale di Roma, impugnata dinanzi alla Corte territoriale, era stata comunicata alle parti costituite il 22 giugno 2015 ed il reclamo era stato iscritto telematicamente il 23 luglio 2015 e quindi oltre il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 1, co. 58, della legge numero 92/2012, a pena di decadenza. La Banca depositava anche memoria ex articolo 378 c.p.c. All'odierna udienza la causa era decisa. Ragioni della decisione 1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e omessa e insufficiente applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. in relazione all'articolo 360, 1. co, numero 5 c.p.c , avendo la Corte territoriale errato nel valutare gli elementi probatori acquisiti con riferimento alla veridicità delle affermazioni fatte dal ricorrente in merito al Piano Welfare aziendale. Sosteneva lo Sc. di aver ampiamente assolto all'onere probatorio inerente la falsità dei dati diffusi dall'azienda e di aver peraltro dedotto e richiesto l'ammissione di uno specifico capitolo di prova mai ammesso in nessuna delle fasi del giudizio. Il motivo risulta inammissibile poiché, secondo l'orientamento già espresso da questa Corte ed al quale si intende dare seguito, nell'ipotesi di doppia conforme prevista dal quinto comma dell'articolo 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al numero 5 dell'articolo 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse Cass. numero 26774/2016 Cass. numero 5528/2014 . Nel caso in esame la decisione della Corte di merito, nel confermare integralmente la sentenza del Tribunale, ha condiviso la valutazione sui fatti compiuta dal giudice della opposizione sia con riguardo alla mancata prova della falsità dei dati diffusi dalla Banca, che con riferimento alla fondatezza e veridicità delle affermazioni contenute negli articoli redatti dal ricorrente. L'adesione del Giudice di appello rispetto al giudizio di fatto espletato dal Tribunale rende evidente come quest'ultimo costituisca il fondamento della decisione di rigettò del reclamo, rispetto alla quale alcuna differente e opposta allegazione, circa l'eventuale contrasto tra le decisioni, è stata invece formulata dal ricorrente. Il motivo si appalesa quindi inammissibile. 2 Con il secondo motivo viene censurata la valutazione circa la tempestività della contestazione e della successiva sanzione. Il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 7 della legge numero 300/70 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma numero 3 c.p.c, ed in particolare la carenza di motivazione in ordine alla concreta e corretta applicazione del principio della immediatezza della contestazione. Il ricorrente ha dedotto in proposito che, pur essendoci state precedenti critiche al Piano welfare aziendale da più parti sindacali, la Banca aveva preso posizione nei suoi confronti solo con la contestazione del 27 maggio 2013, risultata quindi intempestiva e tardiva. Il Giudice d'appello, in realtà, confermando quanto già statuito dal Tribunale, ha considerato compatibili i tempi intercorsi tra i fatti addebitati e la contestazione, prendendo in considerazione gli articoli redatti dal ricorrente pubblicati ad aprile 2013 , la contestazione del 27.5.2013 ed il licenziamento del 12.7.2013. Nella valutazione ha quindi richiamato i principi consolidati in tema di relatività del concetto di immediatezza, valorizzando i tempi necessari ad accertamenti complessi e realtà aziendali articolate Cass. numero 281/2016 Cass. numero 10069/2016 . Ogni ulteriore valutazione in merito resta peraltro esclusa dal giudizio di legittimità. Il motivo deve essere quindi rigettato. 3 Con il terzo motivo viene denunciata la omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al paradigma dell'articolo 360, 1. co numero 5, c.p.c., e con riferimento alle precedenti contestazioni disciplinari del 30.5.2011 e 23.4.2012, entrambe richiamate nel procedimento disciplinare e oggetto di apposita discussione nel giudizio di reclamo. Il motivo è inammissibile in quanto, come già sopra chiarito, nell'ipotesi di doppia conforme prevista dal quinto comma dell'articolo 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al numero 5 dell'articolo 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse Cass. numero 26774/2016 Cass. numero 5528/2014 . Deve peraltro soggiungersi che il motivo è ulteriormente inammissibile per l'assoluta carenza, nel ricorso, delle specifiche indicazioni relative alle circostanze dedotte, necessarie per sfuggire alla violazione del principio di autosufficienza. 4 Infine inammissibile anche il quarto motivo relativo ed erronea ed omessa applicazione dell'articolo 2697 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c, in relazione all'articolo 360, 1. co. numero 5 c.p.c. perchè diretto a censurare, ancora una volta, l'erronea valutazione dei fatti e delle prove da parte del giudice d'appello con riguardo alla copertura ufficiale del sindacato da lui rappresentato. Anche in questo caso deve richiamarsi l'orientamento sopra enunciato in punto di inammissibilità del motivo proposto ai sensi del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c, allorché ci si trovi nell'ipotesi della doppia conforme . Il ricorso principale deve quindi essere rigettato. Il ricorso incidentale, proposto in via condizionata, risulta assorbito dal rigetto del ricorso principale. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato Ai sensi dell'articolo 13 comma quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis, dello stesso articolo 13.