La prova del diritto alla pensione di reversibilità grava sul figlio superstite

La Suprema Corte ribadisce come, in tema di diritto alla pensione di reversibilità, l’onere della prova del fatto costitutivo del diritto alla pensione spetti, ai sensi dell’art. 2697 c.c., al figlio superstite.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 9237/18, depositata il 13 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Bari riconosceva il diritto alla pensione di reversibilità in capo al figlio appellante, negando tale diritto alla sorella in ragione del mancato raggiungimento della prova relativa alla vivenza a carico del defunto genitore , requisito idoneo al riconoscimento della pensione di reversibilità. Avverso la sentenza della Corte distrettuale la sorella cui il diritto alla prensione di reversibilità veniva negato ricorre per cassazione denunciando come erroneamente il Giudice d’Appello avesse rilevato l’insussistenza del suddetto requisito in ragione della mera circostanza della mancata coabitazione con il padre defunto. La pensione di reversibilità. Il Supremo Collegio ribadisce come, secondo un consolidato orientamento, in caso di decesso del pensionato il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità qualora sia maggiorenne , riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi , laddove il requisito della vivenza a carico, se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza e neanche con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile . Ebbene, la Suprema Corte evidenzia che l’onere della prova del fatto idoneo a fondare il diritto alla pensione di reversibilità incombe su chi tale diritto ha fatto valere in giudizio, a norma dell’art. 2697 c.c. e che, in ogni caso, l’accertamento, in concreto, del sostentamento del figlio inabile, da parte del genitore, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, è tipico giudizio di fatto demandato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità . Pertanto, la Corte rigetta il ricorso riconoscendo come correttamente, nel caso di specie, i Giudici di merito abbiano incentrato la ratio decidendi sull’insussistenza del contributo rilevante del genitore al sostentamento economico , non imperniando la decisione sulla necessaria coabitazione tra ascendente e figlio inabile ultramaggiorenne, come invece assume la parte ricorrente, ma si è conformata ai principi sopra delineati .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 30 gennaio – 13 aprile 2018, numero 9237 Presidente D’Antonio – Relatore Mancino Fatto e diritto Rilevato 1. che la Corte di Appello di Bari, con sentenza numero 2662 del 2012, ha riformato la decisione di primo grado e, per l’effetto, ha riconosciuto il diritto di A.I. alla corresponsione integrale della pensione di reversibilità, quale superstite del padre, con condanna dell’INPS al pagamento della prestazione con decorrenza della data della domanda amministrativa 2. che la Corte di merito ha ritenuto, dal compendio testimoniale acquisito in giudizio, non sufficientemente provato, in capo ad A.R. , il requisito della vivenza a carico del defunto genitore, con il consequenziale riconoscimento del beneficio della pensione di reversibilità, in via esclusiva, ad A.I. 3. che avverso tale sentenza A.R. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, al quale ha opposto difese, con controricorso, A.I. , rappresentata in giudizio dall’amministratore di sostegno, A.V. 4. che l’INPS non ha svolto difese Considerato 5. che la parte ricorrente, deducendo illogica e contraddittoria motivazione e violazione dell’art. 2697 cod.civ., si duole che la Corte del gravame abbia ritenuto decisive prove testimoniali incentrate su un requisito - la mancata coabitazione con il defunto genitore - insufficiente a fondare la sussistenza della vivenza a carico e per avere invertito l’onere probatorio primo motivo deducendo, inoltre, violazione e falsa applicazione dell’art. 22 legge numero 903 del 1965, censura l’erronea interpretazione del requisito della vivenza a carico offerto dalla Corte di merito secondo motivo 6. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso 7. che, secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi, laddove il requisito della vivenza a carico, se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza e neanche con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile cfr., ex plurimis, Cass., 14 febbraio 2013, numero 3678 e la giurisprudenza ivi richiamata 8. che, come già affermato da Cass. 3 luglio 2007, numero 14996, agli effetti del requisito della prevalenza del contributo economico continuativo del genitore nel mantenimento del figlio inabile, ragioni di certezza giuridica, di parità di trattamento, di tutela di valori costituzionalmente protetti artt. 3 e 38 Cost. impongono criteri quantitativi certi che assicurino eguale trattamento ai superstiti inabili, quali si desumono dalla Delibera dell’istituto previdenziale numero 478 del 2000 e al riferimento, ivi enunciato, ad indici stabiliti per legge nonché di considerare a carico i figli maggiorenni inabili che hanno un reddito non superiore a quello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione di invalido civile totale 9. che, l’onere della prova del fatto costitutivo del diritto alla pensione di reversibilità incombe su chi tale diritto ha fatto valere in giudizio, a norma dell’art. 2697 cod. civ., mentre il giudice non può sopperire alle carenze probatorie imputabili alle parti, in quanto il suo potere di ammettere d’ufficio mezzi di prova a norma dell’art. 421 cod. proc. civ. è solo finalizzato ad integrare un quadro probatorio già tempestivamente delineato dalle parti sulla circolarità tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova, si rinvia a Cass. Sez. U. 17 giugno 2004, numero 11353 10. che l’accertamento, in concreto, del sostentamento del figlio inabile, da parte del genitore, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, è tipico giudizio di fatto demandato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato v. tra le altre, Cass. 20 aprile 2016, numero 8023 11. che, nella specie, la Corte di merito, incentrando la ratio decidendi sull’insussistenza del contributo rilevante del genitore al sostentamento economico di A.R. inabile, non solo non ha imperniato la decisione sulla necessaria coabitazione tra ascendente e figlia inabile ultramaggiorenne, come assume la parte ricorrente, ma si è conformata ai principi sopra delineati 12. che, peraltro, criticando l’asserita non decisività di circostanze costituenti, per la Corte di merito, il fulcro delle emergenze testimoniali dimostrative dell’insussistenza della dipendenza economica dal genitore, l’attuale ricorrente non evidenzia, nell’illustrazione delle censure, la tempestiva introduzione, nelle sedi di merito, di elementi idonei e decisivi volti a dimostrare, in un delicato e conflittuale contesto familiare, il costante mantenimento da parte del genitore fino al momento del decesso, e richiamando le risultanze dell’interrogatorio formale incentrato sull’aiuto ricevuto, di nascosto, dal genitore a causa della conflittualità con gli altri fratelli ed una deposizione testimoniale evocativa dell’elargizione di minime somme di denaro per il conto della spesa richiede, alla Corte di legittimità, un’inammissibile valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie 13. che la sentenza è, pertanto, immune da censure 14. che le spese di lite seguono la soccombenza non sussistendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. cod.proc.civ., nel testo applicabile ratione temporis, per l’esonero dal pagamento delle spese processuali, in relazione alla necessaria indicazione, fin dall’atto introduttivo del giudizio, dell’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.200,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.