Negato l’accesso al sistema informatico in ufficio: inutili le proteste della dipendente

Per i Giudici non è censurabile l’operato aziendale, poiché l’attribuzione della password rientra nel potere dell’imprenditore. E comunque, in questa vicenda, è stato appurato che la lavoratrice poteva operare regolarmente, alla pari dei colleghi che invece avevano a disposizione gli strumenti informatici.

Si può lavorare anche non avendo a disposizione la strumentazione tecnologica che si ritiene oggi praticamente indispensabile. Esemplare la decisione con cui sono state respinte le lamentele di una lavoratrice a cui l’azienda aveva impedito l’accesso informatico in ufficio Cassazione, ordinanza n. 7063/18, sez. Lavoro, depositata oggi . Strumenti. Protagonista della vicenda è una lavoratrice addetta all’Area Impresa e in servizio al settore commerciale di ‘Poste Italiane’. Ella protesta per la scelta dell’azienda di impedirle l’accesso a gran parte del sistema informatico , spiegando che così le è impossibile svolgere appieno il proprio ruolo e aggiungendo che non le è stato assegnato neanche un portafoglio clienti . Consequenziale è la domanda finalizzata ad ottenere l’emissione di un ordine alla società di attuare in suo favore tutti gli strumenti necessari allo svolgimento dell’attività a cui è addetta . Sia in Tribunale che in Corte d’Appello, però, i Giudici ritengono non censurabile l’operato aziendale. E questa visione è condivisa ora dalla Cassazione, che respinge le ulteriori obiezioni proposte dal legale della donna. Scelta. Secondo i Giudici del Palazzaccio è impossibile parlare di demansionamento o di lesione dei diritti della lavoratrice , poiché l’uso della password per accedere ai servizi informatici è utile ma non indispensabile per lo svolgimento delle mansioni a lei assegnate. E ragionando sempre in questa ottica, viene aggiunto che la ricostruzione della vicenda ha permesso di appurare che non vi erano differenze sostanziali nel contenuto della prestazione tra la lavoratrice, priva di accesso informatico, e i suoi colleghi d’ufficio dotati di password . In sostanza, anche in Cassazione viene ritenuta corretta e legittima la linea seguita dall’azienda, anche perché, viene osservato, la scelta di attribuire le password di accesso ai servizi informatici rientra nell’insindacabile potestà organizzativa dell’imprenditore .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 dicembre 2017 – 21 marzo 2018, n. 7063 Presidente Manna – Relatore Cinque Rilevato che, con la sentenza n. 833/2012, la Corte di appello di Torino, in riforma della pronuncia del 24.6/12.7.2011 emessa dal Tribunale di Aosta, ha respinto la domanda, proposta da Pa. Be. nei confronti di Poste Italiane spa, volta ad ottenere l'emissione di un ordine alla società di attuare in suo favore tutti gli strumenti necessari allo svolgimento dell'attività cui era addetta la ricorrente, infatti, in servizio al settore commerciale presso la sede di Aosta quale addetta all'Area Impresa, con inquadramento nel livello B del CCNL di categoria, aveva lamentato che, a differenza dei tre colleghi addetti alle stesse mansioni, le era stato impedito l'accesso a gran parte del sistema informatico, con conseguente impossibilità di svolgere appieno il proprio ruolo e che non le era stato assegnato un portafoglio clienti , con riserva di agire in separato giudizio per il risarcimento dei danni che avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Pa. Be. affidato a due motivi, illustrati con memoria che Poste Italiane spa ha resistito con controricorso, eccependo in primo luogo la inammissibilità per tardività del ricorso che il PG non ha formulato richieste scritte. Considerato che, con il ricorso per cassazione, si censura 1 la violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.comma in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per non essere stato ritenuto, dalla Corte distrettuale, che l'impossibilità di accedere ai sistemi informativi costituiva dequalificazione la violazione e falsa applicazione dell'art. 20 CCNL Poste Italiane del 14.4.2001, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per non essere stato considerato che l'impossibilità di accedere ai sistemi informativi inibiva ad essa ricorrente di svolgere compiutamente le sue mansioni l'omesso esame circa un fatto per evadere gli ordini dei clienti è necessario procedere in via informatica - teste Mo. decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., per non essere stato valutato che l'impossibilità di accedere ai servizi informatici si traduceva in una riduzione quantitativa e qualitativa delle mansioni, in una riduzione dell'autonomia di cui gode il personale inquadrato al livello B , in una progressiva riduzione delle sue capacità professionali, in un'ingiusta perdita di mobilità e dignità e, infine, in una perdita economica 2 la violazione e falsa applicazione del principio generale di correttezza, buona fede ed imparzialità art. 1175, 1375 e 1366 c.c. , in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la violazione degli articoli 60 e 62 CCNL, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per non avere ravvisato la Corte di appello la violazione dei principi richiamati dalle suddette disposizioni nella condotta di Poste Italiane spa sia in ordine alla valorizzazione e sviluppo dei lavoratori sia in ordine ai doveri del datore di lavoro di evitare situazioni di disagio, di lesione della dignità e della professionalità dei lavoratori che, preliminarmente, va respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva proposizione dello stesso invero, la sentenza risulta pubblicata il 14.9.2012 essendo stato il giudizio instaurato con ricorso di primo grado dell'1.3.2011, per la proposizione della impugnazione si applica il termine lungo, previsto dall'art. 327 c.p.c., di sei mesi la notifica del ricorso per cassazione è stata tentata una prima volta, nei confronti della società, il 12.3.2013 notifica non andata a buon fine per il trasferimento dell'Ufficio Legale della società la notifica si è poi perfezionata il 15.3.2013 orbene, avendo riguardo ai principi statuiti da questa Corte, secondo cui per il notificante il momento di perfezionamento si ha con la consegna dell'atto per la notifica all'Ufficiale Giudiziario Cass. 10.5.2007 n. 10693 e che il rinnovo, se prontamente effettuato come nel caso in esame a distanza di tre giorni , non determinato da cause imputabili da colpa del notificante, deve considerarsi tempestivo anche se la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine Cass. Sez. Un. 15.7.2016 n. 14594 e Cass. 30.9.2016 n. 19599 , è agevole rilevare che il ricorso non è tardivo ed è quindi ammissibile che, venendo all'esame dello stesso, il primo motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza in ordine alla asserita violazione dell'art. 20 del CCNL Poste del 2011, deve rilevarsi che non è stato riportato il suo esatto contenuto e non è stata censurata l'interpretazione e la applicazione nel caso concreto rispetto a quella asseritamente disciplinata dalla legge ciò in violazione dei principi di autosufficienza e di specificità del ricorso per cassazione inoltre le altre censure, relative ad una pretesa violazione dell'art. 2103 c.comma si sostanziano di fatto nella critica della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, configurando come tale una censura riconducibile al paradigma del vizio di motivazione quanto a quest'ultimo, avendo riguardo alla versione ratione temporis applicabile sentenza depositata il 14.9.2012 , a seguito della riformulazione dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.comma operata dall'art. 54 del D.L. 22.6.2012 n. 83 conv. nella legge n. 134/2012, rileva il Collegio l'insussistenza dello stesso perché i fatti evidenziati nella doglianza sono stati, invece, valutati dalla Corte che ha ritenuto che non vi fosse alcuna lesione dei diritti del lavoratore e che l'uso della password per accedere ai servizi informatici era utile ma non indispensabile per lo svolgimento delle mansioni assegnate che anche con riferimento al secondo motivo non è stata riportato in modo dettagliato il contenuto degli artt. 60 e 62 del CCNL Poste del 2011 di talché non è possibile valutare i requisiti della asserita erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalle disposizioni di legge, mediante la specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina Cass. 26 giugno 2013 n. 16038 Cass. 28.2.2012 n. 3010 in ordine, invece, alla dedotta violazione dei principi generali di correttezza, buona fede ed imparzialità, la condotta datoriale è stata valutata dalla Corte territoriale che, con motivazione congrua e logica, ha sottolineato, da un lato, che non vi erano differenze sostanziali nel contenuto della prestazione lavorativa tra la Be. e i suoi colleghi dotati di password e, dall'altro, che non vi era stata alcuna lesione dei diritti della lavoratrice rientrando la scelta di attribuire le passwords di accesso ai servizi informatici nell'insindacabile potestà organizzativa dell'imprenditore che l'esercizio dell'attività economica privata, garantito dall'art. 41 Cost., non è sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall'autorità giurisdizionale se si svolge nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute del dipendente cfr. in termini Cass. 13.10.2009 n. 21710 Cass. 10.3.2015 n. 4757 , come è stato di fatto accertato nel caso concreto dalla Corte territoriale che alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.