Maglie sempre più ampie per l’accesso al rito Fornero

Il riferimento all’operatività del c.d. rito Fornero quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro , esprime la volontà del Legislatore di non precluderne l’utilizzo neanche quando si chieda la costituzione del rapporto in capo ad un soggetto diverso dal formale datore di lavoro.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 2303 depositata il 30 gennaio 2018. Il caso. Una lavoratrice, con ricorso promosso ai sensi del c.d. rito Fornero, adiva il Tribunale di Firenze lamentando di avere prestato attività lavorativa nell’ambito di un appalto sottoscritto tra il proprio datore di lavoro ed un soggetto terzo. Tale appalto, nell’avviso della ricorrente, si era tuttavia concretato in una somministrazione di manodopera, atteso che ella aveva costantemente ricevuto ordini e direttive esclusivamente dalla committente e che, nei fatti, oggetto dell’appalto erano solo i servizi da lei resi al committente, quantomeno sino al momento in cui veniva licenziata oralmente dal proprio formale datore di lavoro. Sulla tali presupposti la ricorrente, previo accertamento dell’irregolarità dell’appalto sottoscritto tra il proprio datore di lavoro ed il committente, richiedeva la reintegrazione in capo a quest’ultimo. Il Tribunale adito per la fase sommaria dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendo l’accertamento richiesto estraneo al rito Fornero poiché non ricompreso tra le questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro di cui all’art. 1, comma 47, Legge n. 92/2012. Valutazione che veniva parzialmente modificata nella seconda fase nel giudizio, nella quale il Tribunale riteneva che l’inapplicabilità del rito Fornero non determinasse l’inammissibilità del ricorso, bensì la conversione del rito e disponeva quindi la prosecuzione del giudizio ex art. 409 e ss.gg. c.p.c Avverso tale pronuncia, il Committente proponeva reclamo alla Corte di Appello. Reclamo che veniva dalla Corte considerato ammissibile in considerazione del contenuto decisorio dell’ordinanza del Tribunale, da qualificarsi come sentenza non definitiva ex art. 279, comma 2 n. 4, c.p.c. ma rigettato nel merito, sul presupposto che l’estraneità della domanda all’ambito di applicazione del rito Fornero, nda non ne determina l’inammissibilità, essendo operabile la conversione del rito [.] . Contro tale pronuncia il committente ricorreva quindi alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo. La qualificazione del rapporto è nozione ampia. In particolare, ad avviso del ricorrente, la decisione dei Giudici di merito di disporre il mutamento del rito, in luogo dell’inammissibilità della domanda, si poneva in contrasto in sintesi con molteplici norme imperative. Valutazione che tuttavia non viene condivisa dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Il ragionamento della Corte muove dal proprio precedente n. 17775/2016, al quale espressamente vuole dare continuità, secondo cui rientra nell’ambito di applicazione del rito Fornero, nda anche la domanda proposta nei confronti di un soggetto diverso dal formale datore di lavoro, di cui si chieda di accertare l’effettiva titolarità del rapporto, dovendo il giudice individuare la fattispecie secondo il canone della prospettazione, con il solo limite di quelle artificiose [.] . Alla luce di ciò, ritiene la Cassazione che la natura giuridica del rapporto, al pari dell’individuazione del soggetto che si assume essere datore di lavoro e destinatario del provvedimento ex art. 18 Stat. lav., risultano tra le questioni che il giudice deve affrontare e risolvere nel percorso per giungere alla decisione di merito sulla domanda, che è appunto quella concernente la legittimità o meno del licenziamento . Il presupposto è identico a quello relativo alla pacificamente ammessa natura subordinata o meno del rapporto. Tale conclusione, nell’avviso della Corte, è ulteriormente confermata dalla possibilità - pacificamente ammessa - di ricorrere al rito Fornero in tutte quelle ipotesi in cui il rapporto sia formalmente impostato tra le parti come rapporto di lavoro autonomo. Ed infatti, ritiene la Corte che così come pacificamente un lavoratore che alleghi la qualificazione solo formale di un rapporto come autonomo, deducendo la subordinazione, può impugnare il recesso invocando la tutela dell’art. 18 Stat. lav., altrettanto può fare il lavoratore che invochi la stessa tutela in un rapporto non formalizzato ovvero nei confronti di un soggetto diverso da quello che risulti essere il suo formale datore di lavoro . In conclusione la Corte, pur correggendo la motivazione fatta propria dalla Corte di Appello, ne avalla le conclusioni ritenendo quindi ammissibile il ricorso in una fattispecie quale quella sopra rappresentata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 novembre 2017 – 30 gennaio 2018, n. 2303 Presidente Curzio – Relatore Ghinoy Fatto e diritto Rilevato che 1. L.E. adiva il Tribunale di Firenze con ricorso ex art. 1 comma 48 della legge n. 92 del 2012, assumendo di aver lavorato per Infogroup s.c.p.a. dal luglio 2007 quale dipendente di Micra Software e Services s.r.l., cui la prima aveva appaltato un servizio di consulenza informatica. Argomentava che l’appalto non poteva considerarsi genuino ai sensi dell’art. 29 del d.lgs n. 276 del 2003, giacché si esauriva nella mera fornitura della sua mano d’opera alla convenuta, che aveva sempre esercitato nei suoi confronti tutti i poteri del datore di lavoro. Aggiungeva di essere stata verbalmente estromessa dal lavoro da Infogroup s.c.p.a. in data 19/12/2014, pur essendo ancora in corso l’appalto. Deducendo la nullità del licenziamento verbale, chiedeva che il Tribunale, accertata ex artt. 27 e 29 del d.lgs n. 276 del 2003 la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con Infogroup s.c.p.a., dichiarasse la nullità/inefficacia del licenziamento ed applicasse nei confronti della convenuta la tutela reale ex art. 18 secondo comma della legge n. 300 del 1970, come novellato 2. il Tribunale adito in fase sommaria dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendo che l’accertamento avente ad oggetto la costituzione di un rapporto di lavoro con soggetto diverso dal formale datore sia estraneo al rito di cui all’art. 1 commi 48 e ss. della legge n. 92 del 2012, in quanto non compreso tra le questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro di cui al comma 47 3. nel giudizio di opposizione, ritenuto che l’inapplicabilità del cosiddetto rito Fornero non determini l’inammissibilità del ricorso, il Tribunale disponeva invece la conversione del rito in quello di cui agli articoli 414 e seguenti c.p.comma e ordinava la prosecuzione del giudizio 4. Infogroup s.c.p.a. proponeva reclamo ex art. i comma 58 della legge n. 92 del 2012, chiedendo che, a conferma dell’ordinanza resa nella fase a cognizione sommaria, il ricorso fosse dichiarato inammissibile, con conseguente decadenza dall’impugnazione del licenziamento ex art. 32 della legge n. 183 del 2010. L.E. si costituiva contestando il reclamo principale e, in via di reclamo incidentale, chiedeva dichiararsi ammissibile la domanda attrice nelle forme del cosiddetto rito Fornero. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza pubblicata in data 11/10/2012, riteneva ammissibile il reclamo proposto da Infogroup s.c.p.a. - in considerazione del contenuto decisorio dell’ordinanza del Tribunale, da qualificarsi come sentenza non definitiva ex art. 279 comma 2 n. 4 c.p.comma laddove aveva risolto una questione pregiudiziale di rito senza definire il giudizio - ma lo respingeva nel merito, ritenendo che l’estraneità della domanda all’ambito di applicazione del rito di cui all’art. 1 commi 47 ss. della legge n. 92 del 2012 non ne determini l’inammissibilità, essendo operabile la conversione, in quanto l’art. 4 del d.lgs n. 150 del 2011 pone un principio generale, che trova fondamento negli artt. 24 e 111 Cost. Dichiarava inammissibile il reclamo incidentale proposto dalla L. , rilevando che esso censurava il provvedimento ordinatorio di mutamento del rito, estraneo alle questioni pregiudiziali o preliminari di cui all’art. 279 comma 2 nn. 1 e 2 c.p.c., aggiungendo che comunque la trattazione della causa secondo un rito diverso da quello per essa previsto non determina nullità della sentenza, in difetto di un rilevato concreto pregiudizio processuale 5. Infogroup s.c.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, a fondamento del quale censura la motivazione della Corte fiorentina laddove ha ritenuto che la proposizione del ricorso con il cosiddetto rito Fornero, in difetto delle relative condizioni di applicabilità, non determini una pronuncia dichiarativa dell’inammissibilità o improcedibilità della domanda, ma esclusivamente il mutamento del rito, per violazione e falsa applicazione degli artt. 426 e 427 4 del d.lgs. n. 150 del 2011, 14 delle preleggi del codice civile, 1 commi 47 e 48 della legge n. 92 del 2012, 6 comma 2 della legge n. 604 del 1966, 32 della legge n. 183 del 2010, 24 e 111 della Costituzione 6. L.E. ha resistito con controricorso Infogroup s.c.p.a. ha depositato anche memoria ex art. 380 bis comma 2 c.p.c Considerato che 1. parte ricorrente chiede tra l’altro a questa Corte di valutare la sussistenza o meno della violazione dell’art. i commi 47 e 48 della legge n. 92 del 2012, sicché è demandato all’attività nomofilattica di questa Corte anche di chiarire quale sia la corretta interpretazione della normativa richiamata, laddove definisce l’ambito di applicabilità del rito speciale, al fine di individuare se la soluzione adottata dal giudice di merito, di ritenere ammissibile la domanda così come proposta, sia corretta e conforme a diritto 2. questa Corte ha chiarito che rientra nell’ambito di applicazione del rito speciale di cui all’art. 1, commi 47 ss., della l. n. 92 del 2012, anche la domanda proposta nei confronti di un soggetto diverso dal formale datore di lavoro, di cui si chieda di accertare l’effettiva titolarità del rapporto, dovendo il giudice individuare la fattispecie secondo il canone della prospettazione, con il solo limite di quelle artificiose, sicché, una volta azionata dal lavoratore un’ impugnativa di licenziamento postulando l’applicabilità delle tutele previste dall’art. 18 dello Statuto, il procedimento speciale deve trovare ingresso a prescindere dalla fondatezza delle allegazioni, senza che la veste formale assunta dalle relazioni giuridiche tra le parti ne possa precludere l’accesso Cass. 08/09/2016 n. 17775 3. nel caso esaminato dal richiamato arresto il licenziamento era stato impugnato dal lavoratore con il c.d. rito Fornero non solo nei confronti del proprio datore. di lavoro, ma anche di altre cinque società dello stesso gruppo dalle quali egli asseriva di essere stato effettivamente dipendente. Il Tribunale, con sentenza confermata dalla Corte d’appello, a sua volta confermata da questa Corte di Cassazione, aveva accolto la domanda, ordinando alle sei società in solido di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e condannandole al pagamento a titolo di risarcimento del danno di un importo pari alla retribuzione globale di fatto dal licenziamento all’effettiva reintegrazione 4. questa Corte ha ivi affermato che la natura giuridica del rapporto di lavoro, così come l’individuazione del soggetto che si assume essere datore di lavoro e destinatario dei provvedimenti di tutela ex art. 18 delle legge n. 300/70, risultano tra le questioni che il giudice deve affrontare e risolvere nel percorso per giungere alla decisione di merito sulla domanda, che è appunto quella concernente la legittimità o meno del licenziamento. Ha aggiunto che anche il riferimento all’operatività del rito speciale quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro esprime la volontà del legislatore di non precluderne l’utilizzo per le barriere imposte dalla forma assunta dal rapporto. Ha puntualmente aggiunto che così come pacificamente un lavoratore che alleghi la qualificazione solo formale di un rapporto come autonomo, deducendo la subordinazione, può impugnare il recesso invocando la tutela dell’art. 18 con il ricorso ex lege n. 92 del 2012, altrettanto può fare il lavoratore che invochi la stessa tutela in un rapporto di lavoro non formalizzato ovvero nei confronti di un soggetto diverso da quello che risulti essere il formale datore di lavoro 5. alla soluzione adottata deve quindi darsi seguito anche nel presente giudizio in effetti, la domanda formulata nel ricorso aveva ad oggetto l’impugnativa del licenziamento con applicazione della tutela reintegratoria nei confronti di Infogroup s.c.p.a., sicché l’accertamento che il giudice deve compiere in ordine all’imputazione del rapporto è preliminare alla tutela reale invocata nei confronti di tale società, né si basa su fatti costitutivi diversi, costituendone causa petendi 6. neppure rileva la questione, valorizzata dalla parte ricorrente, secondo la quale con il rito Fornero non potrebbero formularsi domande autonome rispetto a quella che ha ad oggetto la reintegrazione, in quanto nel caso l’accertamento dell’imputazione del rapporto ad Infogroup s.c.r.l. si pone come preliminare alla richiesta dichiarazione d’ illegittimità del licenziamento, e quindi non costituisce domanda autonoma, sebbene non vi sia dubbio che l’accertamento sul diritto oggetto di domanda, anche negativo, faccia stato - ex art. 2909 c.comma - anche in ordine all’esistenza ed alla validità del rapporto da cui il diritto stesso trae origine, nei limiti delle questioni la cui risoluzione sia stata necessaria ed indispensabile per giungere alla decisione v. sui limiti del giudicato Cass. 21 gennaio 1975, n. 248 Cass. 13 febbraio 2002, n. 2083 Cass. 28 agosto 2009, n. 18791, Cass. 11 febbraio 2011 n. 3434 7. occorre evidenziare che anche nei casi in cui la controversia appaia di maggiore complessità a causa dell’accertamento relativo all’imputazione od alla natura del rapporto, sussiste comunque l’interesse espresso dalla novella processuale del 2012 di pervenire alla celere definizione di una situazione sostanziale di forte impatto sociale ed economico, che attiene a diritti primari dell’individuo 8. del resto, pacifico essendo che l’impugnativa del licenziamento ex art. 18 debba essere proposta con il rito qui adito, non avrebbe potuto il lavoratore attendere l’esito di un autonomo giudizio proposto nei confronti dell’appaltante ai sensi degli artt. 27 comma 1 come all’epoca vigente e 29 comma 3 bis del d.lgs n. 276 del 2003, in quanto questa Corte ha affermato - con principio che per identità di ratio e disciplina ex art. 29 comma 3 bis del d.lgs n. 276 del 2003 deve applicarsi anche all’appalto illecito - che nei casi di costituzione d’un rapporto di lavoro direttamente in capo all’utilizzatore, ai sensi dell’art. 27 comma 1 del d.lgs n. 276/2003, gli atti di gestione del rapporto posti in essere dal somministratore producono nei confronti dell’utilizzatore tutti gli effetti negoziali, anche modificativi del rapporto di lavoro, loro propri, ivi incluso il licenziamento, con conseguente onere del lavoratore di impugnare il licenziamento nei confronti di quest’ultimo ai sensi dell’art. 6 della legge 604/1966 Cass. 13-09-2016, n. 17969 , pena la ordinaria decadenza dell’azione di annullamento anche rispetto all’utilizzatore 9. ne consegue che la domanda era stata correttamente introdotta nei confronti dell’asserito datore di lavoro con il rito di cui alla legge n. 92 del 2012, art. 1, commi 48 ss. 10. la decisione della Corte d’appello che ha confermato la statuizione del Tribunale di ammissibilità del ricorso era quindi corretta, pur dovendosene modificare la motivazione ex art. 384 u.comma c.p.c. 11. resta estranea a questo giudizio la valutazione delle ricadute della soluzione individuata in ordine al provvedimento ordinatorio di mutamento del rito adottato dal giudice di merito 12. per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5, cod. procomma civ. 13. la regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza 14. sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre ad 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma i bis dello stesso art. 13.