Mancata dichiarazione dei redditi: l’INPS non sbaglia se trattiene la pensione

L’erogazione delle maggiori somme a titolo di pensione di vecchiaia, poi risultate non dovute e formanti oggetto di trattenuta per effetto della percezione di un reddito da lavoro autonomo, non è causata da un errore dell’ente. Non è, infatti, l’ente erogatore a doversi attivare per conoscere la situazione personale e patrimoniale del creditore della prestazione, senza la collaborazione attiva del pensionato.

È quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 1170/18, depositata il 18 gennaio. La fattispecie. Un lavoratore non provvedeva a effettuare, nei confronti dell’INPS, le comunicazioni reddituali, impedendo – così – all’istituto di effettuare le trattenute degli importi di pensione non cumulabili con i proventi dell’attività professionale. Per questo motivo, la Corte d’Appello di Brescia riteneva che tale omissione non potesse essere imputata ad un errore dell’INPS e che, di conseguenza, non si potesse applicare l’esonero dell’obbligo di restituzione. Il soccombente ricorre per cassazione. Non dichiari il tuo reddito? L’INPS non ha colpa se ti trattiene la pensione. Secondo il ricorrente, l’obbligo di comunicazione nei confronti dell’INPS era stato assolto, avendo egli informato del nuovo rapporto assicurativo la Gestione lavoratori autonomi. Tra l’altro, la semplice informatizzazione degli archivi della Pubblica Amministrazione avrebbe consentito all’istituto previdenziale, solo incrociando i dati, di rilevare la sua posizione pensionistica. La Corte di Cassazione non condivide queste posizioni l’erogazione delle maggiori somme a titolo di pensione di vecchiaia, poi risultate non dovute e formanti oggetto di trattenuta per effetto della percezione di un reddito da lavoro autonomo, non è causata da un errore dell’ente. Se, infatti, in un determinato anno viene erogata la pensione e, nello stesso anno, si percepisce anche un reddito da lavoro autonomo, le quote di pensione vengono trattenute in via provvisoria, sulla base della dichiarazione dei redditi che il pensionato prevede di conseguire nel corso dell’anno previa apposita dichiarazione e tramite conguaglio, sulla base delle dichiarazioni dei redditi effettivamente percepiti sempre tramite una dichiarazione rilasciata entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione dei redditi ai fini dell’Irpef . Queste previsioni escludono, dunque, che si possa applicare la norma generale sull’indebito previdenziale che riguarda un caso diverso e, cioè, quello di una pensione erogata in misura più alta a quella dovuta per un errore imputabile all’ente erogatore. Il non deve essere l’INPS a prendere informazioni. La Corte, quindi, insiste sul fatto che se il pensionato non comunica all’INPS i mutamenti intervenuti nella sua condizione lavorativa e reddituale, di fatto, egli mira a conseguire un vantaggio non spettante perché vietato il cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo. Non può e non deve l’ente erogatore attivarsi per conoscere la situazione personale e patrimoniale del creditore della prestazione, senza la collaborazione attiva del pensionato. Sulla base di quanto detto la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 ottobre 2017 – 18 gennaio 2018, numero 1170 Presidente D’Antonio – Relatore Mancino Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza depositata l’11 febbraio 2012, ha respinto l’appello, proposto da C.C. , avverso la sentenza con la quale era stata rigettata la domanda di accertamento dell’irripetibilità dell’indebito pensionistico di Euro 38.201,64 preteso dall’INPS, in restituzione, per l’erronea erogazione di quote di pensione di vecchiaia, di cui era titolare dal 1999, non cumulabili con i redditi da lavoro autonomo, percepiti dal 2002 al 30 aprile 2009. 2. La Corte territoriale, premesso che C. aveva omesso di effettuare all’istituto le comunicazioni reddituali previste dall’articolo 10 del decreto legislativo numero 503/1992 e che siffatta omissione aveva impedito all’INPS di effettuare le trattenute degli importi di pensione non cumulabili con i proventi dell’attività professionale, riteneva l’indebito non imputabile ad errore dell’INPS ma alla violazione, da parte del pensionato, dell’obbligo di comunicare all’Istituto i redditi percepiti e, conseguentemente, non applicabile, alla specie, l’esonero dall’obbligo di restituzione, per errore imputabile all’Istituto erogatore del trattamento pensionistico. 3. Avverso tale sentenza ricorre C.C. , con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, l’INPS. Ragioni della decisione 4. Il ricorrente, deducendo violazione di legge articolo 10, d.lgs. numero 503/1992, articolo 52 L. numero 88/89, articolo 13 L. numero 412/1991, articolo 2033 cod.civ., artt. 1 e 18 L. numero 241/1990 e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su fatti controversi decisivi per il giudizio, assume che l’articolo 10,comma 4, del decreto legislativo numero 503/1992 onera il pensionato, che svolge lavoro autonomo, di comunicare all’Ente di previdenza le dichiarazioni dei redditi relativi agli anni precedenti, ed onera gli enti previdenziali, ricevuta la suddetta dichiarazione, a provvedere alle eventuali trattenute, circostanza sulla quale la sentenza impugnata avrebbe omesso ogni motivazione sicché l’obbligo di partecipare i relativi dati all’INPS era stato assolto, nella specie, mediante le comunicazioni relative al nuovo rapporto assicurativo inviate alla Gestione lavoratori autonomi, e non occorreva, dunque, alcuna specifica comunicazione allo scopo di notiziare l’ente della sussistenza di fatti incidenti sul divieto di cumulo, conformemente alle disposizioni della legge numero 241/1990 che impone alla P.A., per criteri di economicità ed efficacia, di evitare duplicazioni nella trasmissione di dati già nella disponibilità dell’ente che, in conseguenza, non effettuata l’operazione di rettifica, su base annua, dall’ente, come stabilito dall’articolo 13,comma 2, delle legge numero 412/1991, punto sul quale la sentenza nulla aveva argomentato, si ricade nella disciplina generale dell’indebito prevista dall’articolo 52, comma 2, delle legge numero 88/89 primo motivo inoltre, deducendo, violazione dell’articolo 97 Cost., dei decreti legislativi nnumero 39/1993 e 82/1995, e vizio di motivazione su fatti controversi decisivi per il giudizio, quale il buon andamento della pubblica amministrazione con l’informatizzazione e l’interconnessione, il ricorrente assume che la semplice informatizzazione degli archivi avrebbe consentito all’INPS, incrociando i dati, di rilevare, dalle denunce ricevute dal 2002, la posizione pensionistica di cui si controverte secondo motivo . 5. Il primo motivo è infondato. 6. Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503, recante Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici , in attuazione della delega conferita dall’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, numero 421, ha introdotto il divieto di cumulo integrale della pensione e dei redditi da lavoro autonomo, disponendo, all’articolo 10, comma 1, che A decorrere dal 1 gennaio 1994 le quote delle pensioni dirette di vecchiaia e di invalidità e degli assegni diretti di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attività commerciali, dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, eccedenti l’ammontare corrispondente al trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo nella misura del 50 per cento fino a concorrenza dei redditi stessi . 7. Le modalità per attuare il predetto divieto sono state fissate, con la previsione di obblighi di comunicazione a carico del pensionato, nel successivo comma 4, che recita Nei casi di cumulo con redditi da lavoro autonomo, ai fini dell’applicazione del presente articolo, i lavoratori sono tenuti a produrre all’ente o ufficio erogatore della pensione dichiarazione dei redditi da lavoro riferiti all’anno precedente, entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione ai fini dell’IRPEF per il medesimo anno. Alle eventuali trattenute provvedono gli enti previdenziali competenti, le direzioni provinciali del tesoro e gli altri uffici pagatori dei trattamenti delle pensioni di cui all’articolo 1 della legge 29 aprile 1976, numero 177, che sono, altresì, tenuti alla effettuazione delle trattenute nei casi di superamento delle cinquanta giornate di lavoro cui al comma 2 relativamente ai periodi lavorativi per i quali non ha operato la trattenuta del datore di lavoro ai sensi del comma 3 . 8. Nel successivo comma 4-bis, del medesimo articolo, aggiunto dall’articolo 1, comma 210 della legge 23 dicembre 1996, numero 662, è stata delineata la procedura che l’ente erogatore è tenuto ad espletare per provvedere alle trattenute sulla pensione, con disposizione del seguente tenore Le trattenute delle quote di pensione non cumulabili con i redditi da lavoro autonomo vengono effettuate provvisoriamente dagli enti previdenziali sulla base della dichiarazione dei redditi che i pensionati prevedono di conseguire nel corso dell’anno. A tal fine gli interessati sono tenuti a rilasciare all’ente previdenziale competente apposita dichiarazione. Le trattenute sono conguagliate sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti, rilasciata dagli interessati entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione dei redditi ai fini dell’IRPEF . 9. Dal complesso di queste disposizioni si evince, in continuità con quanto già affermato da questa Corte v. Cass. 5 luglio 2003, numero 10634 , che l’erogazione delle maggiori somme a titolo di pensione di vecchiaia, poi risultate non dovute e formanti oggetto di trattenuta per effetto della percezione di un reddito da lavoro autonomo, non è causata da un errore dell’ente, essendo l’erogazione e la successiva trattenuta eventi fisiologicamente necessari nella previsione normativa, che regola modalità e tempi per il completamento della fattispecie, con struttura bifasica compiutamente disciplinata in modo che, all’erogazione della pensione in un determinato anno, in caso di percezione nel medesimo anno di un reddito da lavoro autonomo, segua la trattenuta delle quote di pensione in via provvisoria, sulla base della dichiarazione dei redditi che il pensionato prevede di conseguire nel corso dell’anno - previa, dunque, apposita dichiarazione - e, in via definitiva, tramite conguaglio, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti - altra apposita dichiarazione - rilasciata entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione dei redditi ai fini dell’IRPEF. 10. La disciplina del divieto di cumulo dei redditi da lavoro autonomo con la pensione è tutta racchiusa nelle richiamate disposizioni e l’articolo 10 del citato decreto legislativo numero 503 costituisce, pertanto, norma speciale volta a regolare un’ipotesi peculiare di indebito scaturita dall’applicazione del divieto di cumulo tipizzato dalla stessa norma. 11. L’indebito oggettivo così configurato, derivante non già da errore nell’erogazione della prestazione pensionistica sibbene da ricalcolo della prestazione pensionistica per un divieto previsto dall’ordinamento - l’incumulabilità della pensione con i redditi da lavoro autonomo - esclude l’applicabilità della norma generale sull’indebito previdenziale che postula la diversa ipotesi dell’erogazione di un trattamento pensionistico in misura superiore a quella dovuta per errore, di qualsiasi natura, imputabile all’ente erogatore. 12. La potenziale conoscibilità aliunde, da parte dell’INPS, delle condizioni reddituali, sulla quale il ricorrente ha fatto leva in ragione delle diverse comunicazioni effettuate in riferimento al rapporto assicurativo per l’attività lavorativa svolta non scalfisce il principio esposto e l’iter argomentativo della Corte territoriale che, nel ribadire l’esistenza, a carico del pensionato, di un obbligo di informativa della condizione lavorativa, con relativi proventi reddituali, successiva al pensionamento, ha peraltro rimarcato, senza essere fatto segno di censura, che non era risultato contestato che, al momento della domanda di pensione, l’attuale ricorrente fosse stato reso edotto dell’obbligo di comunicare all’ufficio pensioni l’eventuale inizio di una nuova attività lavorativa e i conseguenti mutamenti della sua situazione reddituale. 13. La mancata comunicazione all’INPS dei mutamenti intervenuti nella condizione lavorativa e reddituale del pensionato si risolve nell’intenzione di conseguire un vantaggio non spettante, per legge, perché vietato il cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo e investe un fatto causativo della cessazione o rimodulazione dell’obbligazione di durata, non noto all’ente debitore, titolare passivo di un numero rilevantissimo di rapporti, il quale non può ragionevolmente attivarsi per acquisire la conoscenza della situazione personale e patrimoniale del creditore della prestazione, senza la collaborazione attiva del pensionato, e il silenzio di chi ha l’obbligo di rendere una dichiarazione, onde ottenere un maggiore beneficio pensionistico, di non svolgere attività lavorativa e di non godere di proventi reddituali si traduce nella consapevolezza dell’insussistenza del diritto in ragione dello svolgimento di una prestazione lavorativa cfr., fra le altre, Cass. 17 maggio 2013, numero 12097 . 14. Né può fondatamente sostenersi che la rappresentazione della condizione soggettiva del pensionato ostativa alla percezione del beneficio pensionistico fosse ben conosciuta dall’Ente previdenziale non potendo trascurarsi che l’Ente gestisce, come detto, un vastissimo numero di rapporti di durata con gli assicurati e gli assistiti, comportanti l’erogazione di altrettanti trattamenti a scadenza periodica, da controllare e ricalcolare continuamente per effetto di accadimenti relativi alla persona del beneficiario oppure al mutevole statuto della prestazione. 15. Inconferenti risultano, inoltre, i precedenti di legittimità richiamati dalla parte ricorrente, per suffragare la diversa tesi patrocinata, incentrati su questioni estranee alla fattispecie in esame Cass. numero 18551/2017, attinente alle comunicazioni reddituali ricevute dall’INPS nel caso in cui l’INPS non si sia attivato nell’anno successivo, e Cass. numero 482/2017, concernente l’applicazione del principio generale dell’articolo 52 della legge numero 88/89, nel ricorso all’esame, come detto, inapplicabile . 16. Infine, il secondo motivo è inammissibile perché le regole che improntano l’azione amministrativa sfuggono al sindacato di legittimità con la conseguenza che non vale neanche saggiare l’inclusione del buon andamento della P.A. nell’alveo del fatto controverso decisivo sul quale la parte ricorrente incentra il dedotto vizio motivazionale. 17. Il ricorso va, pertanto rigettato. 18. La peculiarità della questione trattata, disaminata da questa Corte in poche e non recenti occasioni, consiglia la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, spese compensate.