“Per un amico, questo ed altro”. Ma poi chiede di essere pagato per le consulenze

Un rapporto d’amicizia interrotto dopo anni sfocia nella richiesta in giudizio dei compensi asseritamente dovuti per le consulenze artistiche prestate a favore dell’amico musicista. Ma la Cassazione smonta le tesi della sussistenza di una collaborazione coordinata e continuativa.

Così l’ordinanza della Cassazione n. 212/18, depositata l’8 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello de L’Aquila riformava la sentenza di prime cure e rigettava la domanda proposta dall’attore per ottenere il compenso - a suo dire - spettantegli per la consulenza artistica prestata a favore del convenuto, titolare di una ditta operante nel settore musicale, in forma di collaborazione coordinata e continuativa. Il giudice accertava infatti la reciprocità delle prestazioni e la natura amicale del rapporto intercorrente tra le parti, escludendo la sussistenza di una collaborazione come sostenuto dal soccombente. Quest’ultimo ricorre dunque in Cassazione dolendosi per l’insufficiente motivazione in ordine alle risultanze probatorie, nonché alla personalissima convinzione del giudice circa la natura del rapporto tra le parti. Amico o datore di lavoro? Il ricorso di rivela privo di fondamento in quanto la pronuncia impugnata si sottrae ad ogni censura fornendo una motivazione logica e coerente in relazione all’accertamento istruttorio circa il conseguimento di una remunerazione reciproca tra le parti. Correttamente dunque il giudice ha ricondotto la controversia in questione al deterioramento di un rapporto amicale nel cui ambito trovava significato e soddisfazione lo scambio di quelle prestazioni, di cui solo oggi, trascorso un torno di tempo altrimenti ingiustificabile, entrambe le parti sostengono essere rimasto inadempiuto l’obbligo del relativo compenso .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 27 settembre 2017 – 8 gennaio 2018, n. 212 Presidente Manna – Relatore De Marinis Rilevato in fatto - che con sentenza del 5 gennaio 2012, la Corte d’Appello di L’Aquila, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Teramo, rigettava la domanda proposta da D.S.P. nei confronti di D.G.D. , in proprio e quale titolare della ditta individuale omissis avente ad oggetto la condanna della Società alla corresponsione del compenso spettante gli per la consulenza artistica prestata in favore della stessa in forma di collaborazione coordinata e continuativa, unitamente alla domanda riconvenzionale tesa ad ottenere il corrispettivo delle prestazioni a sua volta rese dal D.G. al D.S. - che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, alla luce delle risultanze istruttorie, attestanti la reciprocità delle utilità conseguite da ciascuna delle parti, la riconducibilità delle prestazioni tra le stesse scambiate ad un rapporto amicale implicante la gratuità delle medesime - che per la cassazione di tale decisione ricorre il D.S. , affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il D.G. , il quale, a sua volta, propone ricorso incidentale articolato su un unico motivo, cui resiste con controricorso, il D.S. entrambe le parti hanno presentato memoria. Considerato in diritto - che con il primo motivo, il ricorrente principale, nel denunciare il vizio di insufficiente motivazione, imputa alla Corte territoriale di aver fondato il proprio pronunciamento, anziché sulle risultanze dell’accertamento istruttorio, su una sua pregiudiziale e personalissima convinzione circa lo svolgimento del rapporto tra le parti - che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di motivazione per essere questa illogica e contraddittoria, imputa alla Corte territoriale la parzialità dell’esame e l’incongruità dell’esito valutativo del materiale istruttorio - che il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c., 2222 c.c. e 409, n. 3, c.p.c. è dedotto nel terzo motivo in relazione ai profili di contrasto con norme di diritto implicati dalla carente ed erronea valutazione delle risultanze istruttorie sul piano, da un lato, della conformità della pronuncia al principi di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e della disponibilità delle prove, dall’altro, della correttezza del giudizio qualificatorio alla stregua degli indicati parametri normativi - che, dal canto suo, il ricorrente incidentale, con l’unico motivo, denunciando la nullità della sentenza e del procedimento, in una con il vizio di omessa motivazione, lamenta a carico della Corte territoriale, in termini speculari al ricorrente principale, con riguardo al rigetto della domanda proposta in via riconvenzionale in sede di appello, il connotarsi di quella pronunzia per il sovrapporsi del personale convincimento del giudicante alla valutazione delle risultanze istruttorie, di cui si omette di dar conto nella motivazione della sentenza - che i tre motivi, su cui si articola il ricorso principale, motivi che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati, dal momento che le censure mosse non tengono conto del supporto che, sul piano logico e giuridico, fornisce alla motivazione dell’impugnata sentenza il riferimento, ivi contenuto, alle utilità, parimenti economicamente valutabili, di cui l’accertamento istruttorio attesta il conseguimento da parte del ricorrente principale e che costituiscono oggetto della corrispettiva pretesa di remunerazione, per la medesima ragione ugualmente disattesa, avanzata con la domanda riconvenzionale dal D.G. , conferendo piena plausibilità al convincimento espresso dalla Corte territoriale circa il ricondursi della controversia in questione al deterioramento di un rapporto amicale nel cui ambito trovava significato e soddisfazione lo scambio di quelle prestazioni, di cui solo oggi, trascorso un torno di tempo altrimenti ingiustificabile, entrambe le parti sostengono essere rimasto inadempiuto l’obbligo del relativo compenso - che speculari considerazioni valgono a sostenere il giudizio di infondatezza dell’unico motivo del ricorso incidentale che qui si formula - che, dunque, tanto il ricorso principale quanto il ricorso incidentale vanno rigettati, derivandone, in ragione della reciproca soccombenza, la compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. La Corte rigetta i ricorsi, principale e incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.