Assunta e spostata in un nuovo ufficio: legittimo il ‘no’ al trasferimento. Niente licenziamento

Censurata la condotta dell’azienda, che, secondo i Giudici, non ha giustificato adeguatamente la decisione di collocare la lavoratrice in una struttura diversa da quella in cui ella aveva operato.

Trasferimento rifiutato. Consequenziale la scelta di non riprendere servizio, contrariamente a quanto richiesto dall’azienda. Ciò nonostante, è illegittimo il licenziamento, poiché, osservano i Giudici, è mancata la giustificazione del provvedimento di ricollocazione del dipendente. Cassazione, sentenza n. 144/2018, Sezione Lavoro, depositata il 5 gennaio 2018 . Collocazione. Punto di partenza della vicenda è la dichiarazione della nullità del termine apposto al contratto tra ‘Poste Italiane spa’ e una lavoratrice, che, quindi, ottiene il contratto a tempo indeterminato. L’azienda però assegna la dipendente a un ufficio diverso da quello in cui ella aveva prestato servizio , e questa decisione provoca un altro contenzioso. La donna, difatti, respinge il trasferimento e si rifiuta di ritornare operativa, e l’azienda reagisce in maniera dura, mettendo nero su bianco il licenziamento. A chiudere questa battaglia provvedono i giudici della Cassazione, ritenendo inammissibile il ricorso di ‘Poste Italiane’ e confermando così la decisione pronunciata in Appello, dove si era evidenziato il difetto di prova relativamente alla eccedenza di personale nell’ufficio in cui era stata collocata in prima battuta la lavoratrice. Su questo fronte i magistrati ricordano che la riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente nel luogo precedente e nelle mansioni originarie , a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento ad altra unità produttiva e sempre che il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive . In questa vicenda, invece, l’azienda non ha dato ragioni della ricollocazione della dipendente, e questo inadempimento costituisce una condotta illecita che, osservano i giudici, legittima la lavoratrice a disattendere il trasferimento .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 settembre 2017 – 5 gennaio 2018, n. 144 Presidente Nobile – Relatore Patti Fatti di causa Con sentenza 29 dicembre 2011, la Corte d'appello di Firenze rigettava l'appello proposto da Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento da questa intimato alla dipendente Fa. Ne. il 22 agosto 2005 con le conseguenti condanne reintegratoria e risarcitoria ai sensi dell'art. 18 L. 300/1970 , che aveva rifiutato di prendere servizio presso l'ufficio nel comune di Castello D'Argile, al quale a seguito di sentenza dichiarativa della nullità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti e di conversione del rapporto con condanna al suo ripristino era stata assegnata, in luogo di quello nel comune di Certaldo, nel quale aveva prestato la precedente attività lavorativa. A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva il difetto di prova dell'eccedenza di personale presso il comune di Certaldo, nell'insufficienza del mero richiamo dell'accordo sindacale del 29 luglio 2004, comportante l'illegittimità del trasferimento disposto presso il comune di Castello D'Argile, contestuale alla riammissione formale in servizio presso il primo comune, precedente sede lavorativa di Fa. Ne. , giustificante la mancata ottemperanza ad esso della lavoratrice, integrante eccezione di inadempimento, ai sensi dell'art. 1460 c.c Con atto notificato il 28 dicembre 2012 7 gennaio 2013 , Poste italiane s.p.a. ricorreva per cassazione con due motivi, cui resisteva Fa. Ne. con controricorso entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c., dell'accordo quadro 29 luglio 2004, dell'accordo 30 luglio 2004, degli artt. 37 CCNL Poste 2003, 2697, 2104 e 1460, secondo comma c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in riferimento all'esclusione delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive giustificanti il trasferimento disposto, consistenti nell'eccedenza di personale presso l'ufficio di Certaldo e nel rispetto delle previsioni e della procedura degli accordi sindacali e della norma contrattuale collettiva denunciati, debitamente rappresentate con le lettere 18 marzo 2005 e 3 maggio 2005 alla lavoratrice, che si rendeva gravemente inadempiente ai propri obblighi di diligenza e di correttezza e buona fede nello svolgimento della propria prestazione. 2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 245, 421, 437 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in riferimento alla erroneamente e ingiustificatamente ritenuta inidoneità delle prove orali dedotte, potendo la Corte territoriale in ogni caso avvalersi dei propri poteri istruttori officiosi per l'acquisizione della prova delle effettive e concrete ragioni del trasferimento. 3. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c., dell'accordo quadro 29 luglio 2004, dell'accordo 30 luglio 2004, degli artt. 37 CCNL Poste 2003, 2697, 2104 e 1460, secondo comma c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in riferimento all'esclusione delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive giustificanti il trasferimento disposto, è inammissibile. 3.1. Il mezzo è, infatti, generico, per difetto di confutazione, tanto meno specifica, dell'argomentato passaggio, secondo cui l'Accordo 29.7.2004, nella parte in cui stabilisce una procedura per il trasferimento dei lavoratori riammessi in servizio in Comuni che presentano eccedenze di personale, non può, di per sé, costituire elemento probatorio di conferma dell'esistenza di ragioni legittimanti il trasferimento stesso, il cui onere, ex art. 2697 c.c., è a carico della datrice di lavoro così al punto 4 di pg. 3 della sentenza . E ciò integra violazione del requisito di specificità del motivo, prescritto dall'art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c, che ne esige l'illustrazione, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l'analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza Cass. 22 settembre 2014, n. 19959 Cass. 19 agosto 2009, n. 18421 Cass. 3 luglio 2008, n. 18202 . 3.2. Peraltro, la Corte territoriale ha esattamente applicato i principi in materia di trasferimento di dipendenti postali, secondo cui il rispetto degli accordi 29 luglio e 15 ottobre 2004, che prevedono specifici criteri per individuare la collocazione dei lavoratori già assunti a termine riammessi in servizio presso sedi cd. eccedentarie, non vale ad esonerare la società Poste Italiane s.p.a. dalla prova delle ragioni tecniche, produttive ed organizzative legittimanti il singolo trasferimento, ai sensi dell'art. 2103 c.c Cass. 13 marzo 2017, n. 6407 implicando poi l'ottemperanza all'ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell'apposizione di un termine al contratto di lavoro, il ripristino della posizione di lavoro del dipendente nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva e sempre che il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive nell'onere probatorio datoriale, nella palese insufficienza della negazione di sussistenza dei motivi di illegittimità oggetto di allegazione e richiesta probatoria della controparte, dovendo comunque il datore di lavoro provare le reali ragioni tecniche, organizzative e produttive che giustificano il provvedimento Cass. 9 agosto 2013, n. 19095 . 3.3. Un tale inadempimento integra una condotta illecita datoriale, che ben legittima il lavoratore a disattendere il provvedimento di trasferimento, sia in attuazione di un'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c., sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti Cass. 27 giugno 2016, n. 18721 Cass. 14 luglio 2014, n. 16087 Cass. 16 maggio 2013, n. 11927 Cass. 23 novembre 2010, n. 23677 Cass. 30 dicembre 2009, n. 27844 . 4. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 245, 421, 437 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per inidoneità delle prove orali dedotte, è parimenti inammissibile. 4.1. Esso viola il principio di specificità, sotto il profilo del difetto di autosufficienza, in assenza di trascrizione, tanto meno integrale, delle prove orali di cui è stata lamentata la mancata ammissione non essendo in tal modo consentito al giudice di legittimità di operare quel controllo, cui è deputato, della decisività dei fatti da provare e quindi delle prove stesse, che deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative Cass. 3 gennaio 2014, n. 48 Cass. 31 luglio 2012, n. 13677 Cass. 30 luglio 2010, n. 17915 . 4.2. Infine, è incensurabile in sede di legittimità il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ai sensi dell'art. 421 c.p.c, preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull'onere della prova, ove la parte non lo abbia investito di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori Cass. 23 ottobre 2014, n. 22534 Cass. 12 marzo 2009, n. 6023 come appunto non risulta nel caso di specie. 5. Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente l'inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione al difensore antistatario secondo la sua richiesta. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Poste Italiane s.p.a. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore antistatario.