Il datore di lavoro non è obbligato a provocare la consultazione sindacale

Qualora il CCNL preveda, per le modifiche all’orario di lavoro, obblighi informativi a carico del datore di lavoro nonché la facoltà per la delegazione sindacale di provocare la consultazione, quest’ultima deve intendersi come mera facoltà del sindacato, non essendo il datore di lavoro obbligato a provvedervi.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 88/18, depositata il 4 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Viterbo, in conferma di un decreto emesso dal medesimo Tribunale, riconosceva la condotta antisindacale posta in essere dal datore di lavoro in seguito alla modifica dell’orario lavorativo, modifica intervenuta senza la previa consultazione della delegazione sindacale. La Corte d’Appello di Roma, successivamente all’impugnazione proposta dal datore di lavoro, accoglieva l’appello rilevando che, secondo quanto indicato nel CCNL, sul datore di lavoro gravasse solamente l’obbligo, peraltro assolto, di informare la delegazione sindacale della modifica dell’orario. Di contro, alla delegazione era riconosciuta la possibilità di provocare, entro 5 giorni, la consultazione. Nulla dunque poteva rimproverarsi al datore di lavoro, posto che la delegazione non si era avvalsa dell’esercizio di tale facoltà. Avverso la sentenza della Corte distrettuale le rappresentanze sindacali propongono ricorso per cassazione, denunciando l’obbligo del datore di lavoro, derivante dalla contrattazione collettiva, di consultazione della delegazione sindacale, nonché l’inesistenza di un accordo tra le parti disciplinante le modifiche all’orario di lavoro. Il mero obbligo informativo del datore di lavoro. La Suprema Corte dà piena conferma di quanto rilevato dalla Corte distrettuale, in considerazione della provata esistenza di un accordo tra il sindacato e il datore di lavoro avente ad oggetto la modifica dell’orario di lavoro. Ritiene, inoltre, assolti tutti gli obblighi informativi gravanti sul datore di lavoro e, parallelamente, nega la sussistenza di un obbligo di consultazione sindacale in capo al medesimo. Difatti, essendo intervenuto un accordo tra le parti sociali, era necessaria l’informativa ma non una consultazione vera e propria. Ora, tale interpretazione della Corte d’Appello sistematica delle norme contrattuali appare corretta e non violativa dei canoni di interpretazione dei contratti, posto che se era già intervenuto un accordo che dava concretezza alla procedura generale, l’onere di mera informativa, salvo consultazione su richiesta, sembra quello effettivamente previsto per casi consimili . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 ottobre 2017 – 4 gennaio 2018, n. 88 Presidente Nobile – Relatore Bronzini Fatti di causa 1. Con la sentenza del 9.11.2011 la Corte di appello di Roma accoglieva l’appello proposto dalle Poste avverso la sentenza resa dal Tribunale di Viterbo che aveva a sua confermato il decreto ex art. 28 L. n. 300/70 emesso dallo stesso Tribunale di dichiarazione di antisindacalità della condotta posta in essere dalle Poste di modifica dell’orario di lavoro senza la consultazione delle Delegazione sindacale e conseguentemente rigettava la domanda. 2. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale ha osservato che era stato mal interpretato l’art. 32 del CCNL del 2007 di cui riportava la formulazione il cui significato andava valutato alla luce delle previsioni pattizie in relazione alle modifiche apportate ai turni di lavoro di cui all’art. 5 del CCNL le parti sociali avevano procedimentalizzato il sistema di informazione e consultazione con riferimento ai livelli di contrattazione nazionale, regionale e di unità produttiva per realizzare su ciascun livello un livello di consenso idoneo. Per realizzare tale obiettivo le parti avevano raggiunto uno specifico Accordo operante in caso di nuovi regimi di orario la cui introduzione nell’unità produttiva di riferimento prevedeva l’obbligo di informativa alla Delegazione sindacale cui spettava l’onere, entro i cinque giorni, di provocare se del caso la consultazione. La società aveva rispettato l’onere di informazione, ma la Delegazione non si era attivata nel termine previsto per la consultazione. Pertanto non erano state violate le procedure contrattuali e si doveva escludere un comportamento antisindacale datoriale con conseguente rigetto della domanda. 3. Per la cassazione propone ricorso il sig. C.L. per il sindacato UGL, corredato da memoria formulando due motivi. 4. Resistono con controricorso corredato da memoria le Poste. Ragioni della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi di lavoro, nonché la violazione dell’art. 28 L. n. 300/1970, degli artt. 1, 2, 5 e 32 del CCNL personale non dirigente delle Poste e della norme di interpretazione di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., degli artt. 115 e 116 cod. civ. proc. e dell’art. 2697 cod. civ. per errata valutazione delle risultanze istruttorie e delle prove documentali. Emergeva chiaramente dalle disposizioni contrattuali, di cui la Corte di appello ha offerto un’interpretazione errata peraltro neppure letterale, un obbligo delle Poste di provvedere alla consultazione della Delegazione sindacale o del singolo sindacato, mentre non sussisteva alcun onere di quest’ultimi di chiederla. Non era intervenuto alcun Accordo tra le parti in materia di nuovi orari di lavoro cui dare attuazione. La modifica degli orari e dei turni doveva essere oggetto di contrattazione con chiara violazione dei diritti sindacali accertabile con l’azione di cui all’art. 28 L. n. 300/1970. Con il secondo motivo si allega l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in ordine all’applicabilità dell’art. 5 CCNL del 2007 posto che per la Corte di appello sarebbe intervenuto un Accordo da attuare, mai in realtà provato. I due motivi essendo strettamente connessi vanno esaminati congiuntamente ed appaiono infondati. La Corte di appello ha ritenuto di dover interpretare l’art. 32 del CCNL alla luce di quanto in via generale previsto dall’art. 5 del detto contratto riprodotto a pag. 21 del ricorso che recita in relazione all’art. 1 CCNL le Parti nell’assumere il consenso quale obiettivo ed elemento qualificante a diversi livelli, consentono di adottare un sistema di informazione e consultazione con lo scopo di arricchire in ambito non negoziale i comuni contenuti di conoscenza. Il predetto sistema di informazione e consultazione si articolerà secondo procedure che abbiano luogo con tempi, modalità e contenuti e ai livelli di Direzione aziendale e Rappresentanza dei lavoratori di seguito indicati livello nazionale livello regionale livello di unità produttiva . Certamente l’art. 32 che stabilisce i doveri di informazione sui turni di lavoro non può che essere coordinato, come affermato del tutto logicamente nella sentenza impugnata, con questa disposizione di ordine generale che disciplina le relazioni sindacali e che riguardo il livello di Unità produttiva stabilisce in caso che i nuovi regimi di orario abbiano già formato oggetto di specifico accordo una mera informativa pacificamente rispettata con onere della Delegazione sindacale di formulare entro cinque giorni di richiede un incontro richiesta pacificamente non avanzata . Per la Corte di appello, essendo intervenuto Accordo tra le parti sociali, era necessaria l’informativa ma non una consultazione vera e propria. Ora tale interpretazione sistematica delle norme contrattuali appare corretta e non violativa dei canoni di interpretazione dei contratti, posto che se era già intervenuto un Accordo che dava concretezza alla procedura generale di cui all’art. 5 l’onere di mera informativa salvo consultazione su richiesta sembra quello effettivamente previsto per casi consimili come stabilisce chiaramente l’art. 5 al punto e e come appare razionale visto che sarebbe superflua una consultazione su una modifica già accettata che potrebbe anche portare a rimettere in gioco convergenze tra le parti sociali una volta realizzate. Sul punto parte ricorrente nella seconda parte del primo motivo e nel secondo motivo avanza la tesi per cui nessun Accordo era in realtà intervenuto tra le parti, sicché l’art. 5 non poteva portare alla soluzione interpretativa adottata dalla Corte territoriale. Ma non solo la Corte di appello ha accertato che un Accordo era stato raggiunto la sentenza impugnata sembra dare la circostanza come pacifica ma lo stesso ricorrente a pag. 37 del ricorso allude ad un Accordo relativo ad alcune modifiche orarie contestandone l’idoneità, mentre controparte l’ha richiamato nel controricorso giudicandolo pertinente senza però produrlo o riprodurlo nella sua interezza con chiara violazione dell’art. 369 cod. civ. proc. Dagli stralci riprodotti a pagg. 35-36-37 del ricorso emergono numerosi riferimenti alla definizione di un Accordo come verbale di Accordo , attuazione del presente Accordo , in ossequio all’Accordo , il che appare coerente con l’accertamento compiuto dalla Corte di appello pertanto i motivi non dimostrano l’infondatezza dell’accertamento di fatto da parte dei Giudici di appello che hanno ritenuto invece sussistente ed idoneo l’Accordo siglato tra le parti si da legittimare una mera informativa riguardo la modifica degli orari posto che si trattava solo di una fase esecutiva di un Accordo già raggiunto salvo reazione della Delegazione sindacale che non si è avuta . Pertanto va rigettato il ricorso. Le spese di lite del giudizio di legittimità liquidate come al dispositivo seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrete al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.