Appello col morto

L’appello proposto in nome della parte già deceduta è nullo per decadenza del mandato del procuratore, di conseguenza non si consuma il potere di impugnazione degli eredi, nei confronti dei quali non trova nemmeno applicazione il termine breve per l’appello, per il sol fatto che la parte originaria avesse avuto conoscenza della sentenza.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30869/2017, depositata il 22.12.2017. Si eredita anche il diritto di proporre appello Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguarda l’ammissibilità del ricorso in appello depositato dopo il decesso della parte, quando il procuratore non sarebbe legittimato a proporre appello. Ci si chiede quindi se il sol fatto che la parte originaria avesse avuto effettiva conoscenza della sentenza, tanto da depositare ricorso in appello, sia condizione idonea a far decorrere il termine breve per il deposito dell’appello da parte degli eredi. Nel caso di specie, infatti, l’appello degli eredi era stato considerato tardivo poiché depositato oltre il termine breve, fatto decorrere dalla prima impugnazione secondo la Corte territoriale, infatti, la prima impugnazione proposta dal dante causa equivarrebbe alla conoscenza legale della sentenza da parte degli eredi. I termini per l’impugnazione. La Corte di Cassazione cassa con rinvio la sentenza impugnata. In primo luogo, la Suprema Corte precisa che, ai fini del computo del termine breve per l’appello art. 326, comma 1, c.p.c. , la notificazione della sentenza non ammette equipollenti ed il concetto di conoscenza legale della sentenza da parte dell’appellante va interpretato in maniera stretta, così come indicato dalle Sezioni Unite sentenza n. 12084/2016 . Pertanto, nel caso di specie, non può considerarsi decorso il termine breve per l’impugnazione. In secondo luogo, l’appello proposto in nome della parte già deceduta al momento del deposito del ricorso comporta la nullità del mandato del procuratore, con la conseguenza che il deposito viziato non può né determinare la decorrenza del termine breve, né determinare la consumazione del potere di impugnazione degli eredi. Nel caso di morte del dante causa, avvenuta dopo la discussione della causa, gli unici legittimati restano gli eredi il cui potere di impugnazione non può essere consumato dallo scorretto esercizio del medesimo potere da parte del procuratore della parte defunta, privo di legittimazione. In conclusione, per gli eredi decorrono i termini per l’impugnazione così come determinati dal codice civile, secondo il principio della conoscenza legale della sentenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 settembre – 22 dicembre 2017, n. 30869 Presidente Mammone – Relatore Riverso Fatti di causa Con sentenza n. 6883/2011 la Corte d’Appello di Roma dichiarava la nullità del ricorso in appello di Fr.Gi. e la tardività di quello degli eredi, C.A.P. , +Altri , entrambi proposti avverso la sentenza con la quale il tribunale di Tivoli aveva respinto la domanda del primo intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità. A supporto della decisione la Corte rilevava che il primo ricorso fosse stato depositato dopo il decesso della stessa parte avvenuto il omissis quando il difensore della parte, deceduta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, non era legittimato a proporre appello. L’appello depositato dagli eredi in data 23/1/2009 doveva invece ritenersi inammissibile poiché subentrando essi nella medesima posizione processuale del dante causa si era consumato il loro potere di impugnare la sentenza. In ogni caso lo stesso appello era tardivo in relazione al termine breve decorrente dalla data della prima impugnazione proposta dal dante causa equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante. Contro la decisione hanno proposto ricorso per cassazione C.A.P. , +Altri in qualità eredi di Fr.Gi. con un motivo. L’Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato. Ragioni della decisione 1.- Con unico articolato motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione in particolare dell’art. 325 c.p.c., comma 1, art. 326 c.p.c., comma 1 e art. 327 c.p.c., comma 1 omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su più punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Avendo la corte errato a dichiarare inammissibile il ricorso in appello proposto dagli eredi in quanto ai fini del computo del termine breve per l’appello la notificazione della sentenza non ammette equipollenti mentre nel caso in esame non poteva neppure applicarsi l’orientamento che collega il dies a quo di una seconda impugnazione alla data di proposizione della prima, non trattandosi nella fattispecie della stessa parte patrocinata dallo stesso procuratore nel caso di specie inoltre la condizione di non conoscenza legale era ulteriormente rafforzata dalla dichiarazione di nullità dell’appello proposto dal nome del defunto Fr.Gi. . 2.- Il ricorso è fondato. La sentenza impugnata è infatti errata laddove ha affermato che il termine per l’appello decorresse per gli eredi da quello della presentazione del ricorso in nome del soggetto deceduto da parte di altro avvocato. Il termine breve per l’appello è stabilito ex art. 326, 1 c. c.p.c. dalla notificazione della sentenza. Ed il principio giurisprudenziale richiamato dalla corte territoriale v. ora Sez. U. sentenza n. 12084 del 13/06/2016 , secondo cui la notifica dell’appello dimostra la conoscenza legale della sentenza da parte dell’appellante, è di stretta interpretazione. Esso va inteso in relazione alla stessa parte ordinanza 15359/2008 e non si addice al caso di specie, trattandosi di parti diverse con procuratori diversi. 3.- Inoltre l’appello proposto in nome della parte già deceduta nel caso di specie era stato dichiarato nullo per decadenza dal mandato del procuratore ed era pertanto inidoneo a determinare non solo la decorrenza di un termine breve per l’appello, ma anche la consumazione dello stesso potere di impugnazione per gli eredi, come dichiarato invece dalla Corte territoriale. Ed invero nel caso di morte del dante causa avvenuta dopo la discussione della causa gli unici legittimati restano gli eredi il cui potere di impugnazione non poteva essere consumato dallo scorretto esercizio del medesimo potere da parte del procuratore della parte defunta, privo di legittimazione. 4. In conclusione, sulla scorta della considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata con rinvio al giudice indicato nel dispositivo per una nuova decisione. Il giudice del rinvio procederà alla liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.