Nessun rapporto di lavoro subordinato tra moglie e marito

Giudici di merito indecisi sulla qualificazione del rapporto di lavoro tra la società e la moglie del titolare. Per i Giudici di legittimità, invece, non vi sono dubbi sul compiuto esame delle prove che hanno portato, nel caso di specie, ad indentificare il rapporto di lavoro come collaborazione familiare.

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 29587/17, depositata l’11 dicembre. La vicenda. A seguito di un accesso ispettivo l’Inps notificava un verbale di accertamento ad un società con il quale veniva negato il rapporto di lavoro subordinato tra la società e la moglie del titolare affermando, al contrario, la sussistenza di un rapporto di collaborazione familiare. La Corte d’appello, accogliendo il gravame dell’Inps, aveva riformato la sentenza di prime cure, con la quale era stata dichiarata la sussistenza del rapporto subordinato. Secondo la Corte territoriale il rapporto di coniugio tra le parti e l’approfondito esame delle prove assunte in giudizio induceva a qualificare la fattispecie come lavoro prestato affectionis causa ” e non lavoro subordinato. Avverso la decisione di merito ricorre per cassazione la società soccombente lamentando violazione dell’art. 116 c.p.c. Valutazione delle prove . Disamina delle prove. Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale per ritenere l’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato avesse invertito l’onere della prova, che, nella fattispecie, era posto a carico dell’Inps in qualità di convenuto in un giudizio di accertamento negativo per contestare la pretesa del credito contributivo nel verbale ispettivo. La Cassazione ha osservato che i Giudici di merito per arrivare all’accertamento del rapporto di collaborazione familiare abbiano compiuto una puntuale disamina della prove . Inoltre nella valutazione probatoria della Corte territoriale non ha inciso la regola di giudizio contenuta nel principio dell’onere della prova in relazione alla fattispecie del lavoro subordinato. Per questo motivo la Corte ha affermato il corretto esercizio dei poteri riservati al Giudice di merito di selezionare e valutare il materiale istruttorio e, pertanto, ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 19 luglio – 11 dicembre 2017, n. 29587 Presidente Piccialli – Relatore Serrao Rilevato in fatto che a seguito di accesso ispettivo l’INPS notificava un verbale di accertamento alla R. Alimentari srl, esercente l’attività di supermercato, nel quale veniva negato il rapporto di lavoro subordinato tra la stessa società e M.T. moglie del titolare della società ed affermato in suo luogo un rapporto come collaboratrice familiare che a seguito di opposizione al verbale, il tribunale aveva accolto la domanda della R. Alimentari srl e pertanto, previa declaratoria di sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società ricorrente e M.T. , aveva dichiarato che non sussistesse alcun obbligo contributivo a carico della società nei riguardi dell’INPS, in relazione al verbale ispettivo del 15 marzo 2001 che la Corte d’appello di Napoli con sentenza numero 5539/2011 ha accolto il gravame proposto dall’INPS riformando la sentenza e rigettando la domanda della società che a fondamento della decisione la Corte, premesso che tra M.T. e il titolare della società R. Alimentari intercorreva un rapporto di coniugio, affermava che l’approfondito riesame delle prove assunte in giudizio non consentiva di ritenere provata con sicurezza la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, ed induceva piuttosto ad individuare nel caso concreto la fattispecie del lavoro prestato affectionis causa proprio in forza del vincolo coniugale esistente tra le parti che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società R. Alimentari Snc con un motivo nel quale lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c. e la consequenziale mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione all’articolo 360 numero 5 c.p.c. posto che la corte territoriale ritenendo che non sussistesse la sicura e tranquillizzante dimostrazione della intervenuta sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato aveva invertito l’onere della prova che nella fattispecie era posto a carico dell’Inps, ancorché esso fosse convenuto in un giudizio di accertamento negativo inteso a contestare la pretesa inerente il credito contributivo contenuto in un verbale ispettivo che l’Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato. Ritenuto in fatto che il motivo di ricorso deve ritenersi infondato atteso che la corte territoriale a seguito di una lunga e puntuale disamina delle prove, ivi comprese le dichiarazioni rese dalla stessa M. in sede ispettiva, non ha deciso la causa attraverso la meccanica applicazione - in danno della parte che non risulta gravata - della regola di giudizio contenuta del principio dell’onere della prova in relazione alla fattispecie del lavoro subordinato e,nemmeno ha affermato che nel giudizio di,accertamento negativo, promosso contro un verbale ispettivo, l’onere della prova fosse a carico dell’opponente e non dell’INPS che i giudici di appello hanno bensì proceduto all’accertamento della fattispecie sostanziale alternativa, affermando che nel caso concreto il lavoro, per le sue modalità e caratteristiche, fosse stato prestato dalla M. affectionis causa proprio in forza del vincolo coniugale esistente tra le parti, dando così credito alla tesi sostenuta dall’INPS e posta a fondamento della pretesa contributiva contenuta nel verbale opposto che si tratta di una tesi che non risulta nemmeno investita da uno specifico motivo di censura, posto che il ricorso nulla dice per contestare la legittimità della conclusione cui è approdata la sentenza che del pari vanno respinte le censure riguardanti gli asseriti vizi di motivazione atteso che la sentenza contiene una motivazione analitica, priva di vizi logici, e risulta fondata su una minuziosa disamina delle prove assunte in giudizio, tra le quali rientrano anche le dichiarazioni rilasciate in sede ispettiva, le quali, benché prive di fede privilegiata, costituiscono elementi di prova validi, sufficienti ai fini della decisione della causa, in base al corretto esercizio dei poteri riservati al giudice del merito di selezionare e valutare il materiale istruttorio che pertanto la sentenza impugnata resiste alle critiche sollevate col ricorso che va quindi rigettato che le spese seguono la soccombenza come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in favore dell’INPS 900, di cui 700 per compensi professionali, oltre al 15% di spese aggiuntive ed oneri accessori.