Regimi previdenziali e (im)possibilità di estensione analogica

La Corte di legittimità ha l’occasione di tornare sul tema della possibilità di applicare in via analogica il regime previdenziale previsto dall’art. 2, comma 3, lett. b , d.lgs. n. 503/1992, secondo cui i lavoratori subordinati che possono far valere un'anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare, è fatto salvo il requisito contributivo per il pensionamento di vecchiaia previsto dalla previgente normativa .

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28238/17, depositata il 27 novembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Firenze confermava la sentenza di prime cure con cui veniva accolta la domanda di corresponsione della pensione di vecchiaia in virtù del presupposto che l’art. 2, comma 3, lett. b , d.lgs. n. 503/1992 Requisiti assicurativi e contributivi per il pensionamento di vecchiaia debba trovare applicazione anche nel caso in cui il lavoratore abbia lavorato per l’intero anno sia pure con contratto part time. L’INPS ricorre per la cassazione della sentenza deducendo l’erronea applicazione delle disposizioni sul tema. Lavoratori part time. Il Collegio richiama il principio di diritto secondo cui la deroga all’applicabilità del regime previdenziale introdotto con il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, prevista, dall’art. 2, comma 3, lett. b del citato d.lgs., per i lavoratori, con anzianità assicurativa di almeno 25 anni, occupati, per almeno un decennio, per periodi inferiori all’intero anno solare di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare” , non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva e non trova, pertanto, applicazione per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari che, a parità delle altre condizioni richieste dalla norma, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l’intero anno solare, con orario inferiore alle 24 ore settimanali Cass. nn. 26753/16 , 25205/13, 10510/12 . Precisava inoltre il precedente citato che la disposizione citata non si dimostra in contrasto con il canone di ragionevolezza atteso il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito rigettando l’originaria domanda.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 giugno – 27 novembre 2017, numero 28238 Presidente Mammone – Relatore Mancino Rilevato in fatto 1. che, con sentenza in data 3 febbraio 2011, la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado, che ha accolto la domanda, proposta da M.A. , volta ad ottenere la corresponsione della pensione di vecchiaia sul presupposto che l’art. 2, comma 3, lett. b d.lgs. 503/1992 dovesse trovare applicazione anche nelle ipotesi in cui l’assicurato avesse lavorato per l’intero, anno sia pure con contratto a tempo parziale 2. che avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale ha opposto difese M.A. con controricorso 3. che il P.G. ha richiesto l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 4. che, con i motivi di ricorso, deducendo violazione dell’art. 2, comma 3, lett. b del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503 primo motivo e degli art. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, anche in riferimento al d.P.R. 31 dicembre 1971, numero 1403, l’INPS censura l’interpretazione data, dalla Corte territoriale, delle predette disposizioni 5. che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso 6. che vanno confermati i principi già affermati da questa Corte, con le sentenze nnumero 26753 del 2016, nnumero 3044, 10510 del 2012 e 25205 del 2013, e ribadito il principio di diritto enunciato da Cass.10510/2012 La deroga all’applicabilità del regime previdenziale introdotto con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 503, prevista, dall’art. 2, comma 3, lettera b del citato decreto legislativo, per i lavoratori, con anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati, per almeno un decennio, per periodi inferiori all’intero anno solare di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare , non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva e non trova, pertanto, applicazione per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari che, a parità delle altre condizioni richieste dalla norma, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l’intero anno solare, con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali. Né la disposizione si appalesa in contrasto con il canone di ragionevolezza, atteso il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione da ultimo Cass. 26753 del 2016 alla cui motivazione si rinvia 7. che, quanto alla possibilità di sperimentare, del testo legislativo in esame, un significato compatibile con quello costituzionale onde orientarne l’interpretazione sì da pervenire ad un’interpretazione costituzionalmente orientata come tentato dalla Corte di merito , va rimarcato, con i citati precedenti di questa Corte, che qualsiasi interpretazione costituzionalmente orientata della normativa delegata non può essere svolta che sul solco tracciato dalla delega legislativa, a pena di conferire alla norma primaria delegata una forza normativa che essa intanto possiede in quanto l’esercizio della potestà legislativa, da parte dell’Esecutivo, si sia conformato alla delega legislativa e la lettura della disposizione così risultante si conformi alla costituzione senza forzarne o alterarne la vis normativa e la portata 8. che, nelle richiamate sentenze, è stata già verificata anche la conformità, al canone costituzionale di ragionevolezza, della disposizione che non include altre categorie ritenute meritevoli di protezione giacché parimenti provviste di minor contribuzione benché occupate per l’intero anno solare, richiamando il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa all’ampia discrezionalità del legislatore nel bilanciamento dei diversi interessi contrapposti che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione cfr., ex multis, Corte cost. numero 36 del 2012 e numerose altre Cass. 9998/2009 Cass. 11947/2005 da ultimo anche Corte cost. numero 203 del 2014 9. che, all’accoglimento del ricorso, segue la cassazione della decisione impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originaria domanda 10. che il recente consolidarsi del richiamato orientamento di legittimità consiglia la compensazione delle spese dell’intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda spese compensate dell’intero processo.