Discriminata la dipendente part-time di Autostrade per l’Italia

La Cassazione si esprime in tema di differenze retributive tra i lavoratori a tempo pieno e part-time. E' fondamentale il rispetto del principio di non discriminazione e di parità di trattamento.

Sul tema la Cassazione con ordinanza n. 28097/17, depositata il 24 novembre. La vicenda. La Corte di Appello aveva confermato la decisione del Tribunale di Milano condannando Autostrade per l’Italia al pagamento in favore di una dipendente di una somma di denaro a titolo di differenze retributive a questa dovute in qualità di esattore autostradale part-time cui non era stato corrisposto lo stesso trattamento degli esattori a tempo pieno. Avverso detta decisione la società Autostrade per l’Italia ha proposto ricorso per cassazione lamentando che la Corte territoriale abbia erroneamente identificato il principio di non discriminazione con quello di parità di trattamento affermando che il lavoratore part-time aveva gli stessi diritti retributivi riconosciuti ai lavoratori a tempo pieno. Lavoro part-time e principio di non discriminazione. La Suprema Corte ha ribadito il consolidato principio in tema di lavoro a tempo parziale, secondo il quale nel rispetto del principio di non discriminazione, di cui all’articolo 4 del d.lgs. n. 61/2000 Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale , il lavoratore part-time non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, il quale deve essere individuato esclusivamente in riferimento ai criteri di classificazione stabiliti dallo stesso decreto. Con la conseguenza, secondo la Cassazione, che ai fini della suddetta comparazione, non sono ammissibili criteri alternativi, quale quello del sistema della turnazione continua ed avvicendata seguita dai lavoratori a tempo pieno . Per queste ragioni la Corte ha rigettato il ricorso ritenendo che correttamente i Giudici di merito si siano attenuti al principio espresso nell’accertare il diritto oggetto della pretesa della lavoratrice.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 18 luglio – 24 novembre 2017, n. 28097 Presidente Manna – Relatore Cinque Rilevato che, con la sentenza n. 496/2012, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia n. 3764/09, emessa dal Tribunale della stessa città, con la quale la società Autostrade per l’Italia spa era stata condannata, previa declaratoria di nullità dell’art. 24 comma 5 del CCNL 16.2.2000, al pagamento in favore di S.P. della somma di Euro 5.646,42, a titolo di differenze retributive a questa dovute quale esattore autostradale part-time cui non era stato corrisposto lo stesso trattamento degli esattori a tempo pieno che avverso tale decisione l’Autostrade per l’Italia spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati con memoria che S.P. ha resistito con controricorso che il P.G. non ha formulato richieste. Considerato che, con il ricorso per cassazione, si censura 1 la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 D.lgs n. 62/2010 per avere la Corte territoriale errato nell’identificazione del principio di non discriminazione con quello di parità di trattamento, giungendo ad affermare una meccanica trasposizione dei diritti retributivi riconosciuti ai lavoratori a tempo pieno con quelli a tempo parziale 2 la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 9 del CCNL di settore del 16.2.2000, per avere i giudici di secondo grado erroneamente ricondotto il rapporto della S. alla tipologia di cui all’art. 9 comma 3 del citato CCNL che i due motivi, da scrutinarsi congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati che la sentenza gravata, infatti, è coerente con i principi giurisprudenziali tra le altre Cass. 28.9.2011 n. 17726 Cass. 28.7.2011 n. 16584 affermati in sede di legittimità dai quali non si intende discostare in fattispecie analoghe a quella di cui è processo, secondo cui in tema di lavoro a tempo parziale, il rispetto del principio di non discriminazione, di cui all’art. 4 del D.lgs n. 61 del 2000, attuativo della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale, comporta che il lavoratore in regime di part-time non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, che va individuato esclusivamente in quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’art. 1 comma 3 dello stesso decreto contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, contratti collettivi territoriali stipulati dai medesimi sindacati e contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali, di cui all’art. 19 della legge n. 300/1970 e succ. modifiche , con la conseguenza che, ai fini della suddetta comparazione, non sono ammissibili criteri alternativi, quale quello dei sistema della turnazione continua ed avvicendata seguita dai lavoratori a tempo pieno che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato perché i giudici di secondo grado hanno correttamente applicato tale meccanismo logico-interpretativo nell’accertare il diritto oggetto della pretesa e nel calcolare le relative differenze retributive spettanti alla S. che, al rigetto del ricorso, segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.