Vestizione e cambio turno: il tempo impiegato dall’infermiere va retribuito

Respinte le obiezioni proposte da un’Azienda sanitaria. Accolte le richieste di un operatore sanitario dipendente di una struttura ospedaliera in Abruzzo. Secondo i giudici ci si trova di fronte ad adempimenti connessi a una prestazione diligente.

Va retribuito anche il tempo impiegato dall’operatore sanitario per la vestizione e la svestizione della divisa e per il passaggio di consegne all’entrata e all’uscita del proprio turno. Respinte definitivamente le obiezioni mosse dalla struttura ospedaliera. Per i giudici ci si trova di fronte ad adempimenti connessi a una diligente prestazione Cassazione, ordinanza n. 27799/2017, Sezione Lavoro, depositata oggi . Tempo. La vicenda si svolge nel contesto di un presidio ospedaliero in provincia di Pescara, e riguarda le pretese economiche di un infermiere. Quest’ultimo chiede di percepire la retribuzione maturata per il tempo utilizzato per la vestizione e la svestizione della divisa aziendale e per dare e ricevere le consegne all’entrata e all’uscita del proprio turno . La domanda viene accolta dai giudici, sia in Tribunale che in Corte d’appello. In particolare, viene evidenziato che gli adempimenti richiamati dal lavoratore sono connessi a un’effettiva e diligente prestazione e quindi sono meritevoli di compenso economico . Diligenza. A fronte della sconfitta in primo e in secondo grado, i legali dell’Azienda sanitaria propongono ricorso in Cassazione, sostenendo innanzitutto che vestizione e svestizione sono attività che rientrano nella diligenza preparatoria, intesa nei limiti della normalità socio-culturale . Allo stesso modo, viene spiegato ai giudici che la continuità terapeutica ai pazienti, connessa al passaggio di turno, può dirsi soddisfatta dalle annotazioni in cartella cosiddette schede infermieristiche , ove sono puntualmente riportate le pratiche eseguite e da eseguire . E, sempre su questo fronte, viene anche ricordato che il contratto integrativo aziendale prevede la rotazione dei lavoratori entro un range temporale di trenta minuti, secondo la formula organizzativa dell’‘avvicendamento dinamico di squadra’, così da consentire che, nel tempo necessario al passaggio di consegne, i reparti non siano lasciati mai completamente sguarniti . Le obiezioni proposte in ottica pro Azienda sanitaria vengono però ritenute non decisive dai giudici della Cassazione, i quali, prima di tutto, sottolineano che sul tavolo ci sono comportamenti integrativi e strumentali all’adempimento dell’obbligazione principale, i quali, nondimeno, appaiono funzionali ai fini del corretto espletamento dei doveri deontologici della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale . E in questa ottica va tenuto presente, secondo i magistrati, che all’interno delle strutture sanitarie il tempo di vestizione e svestizione d diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto . Per quanto concerne poi il cosiddetto cambio di consegne nel passaggio di turno , esso è, secondo i giudici, riferibile a una diligente prestazione effettiva di lavoro , e quindi meritevole di ricompensa economica , alla luce della fondamentale regola deontologica della continuità assistenziale verso i pazienti.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 28 giugno – 22 novembre 2017, numero 27799 Presidente Napoletano – Relatore De Felice Considerato Che con sentenza in data 23/01/2012 la Corte d'Appello di L'Aquila, a conferma della sentenza del Tribunale di Pescara numero 202/2011 ha dichiarato il diritto di Antonio Argentini, infermiere presso il Presidio Ospedaliero di Popoli ricadente territorialmente nell'AUSL di Pescara, a percepire la retribuzione maturata per il tempo utilizzato per la vestizione/svestizione della divisa aziendale e per dare/ricevere le consegne all'uscita e all'entrata dal proprio turno di lavoro, trattandosi di adempimenti connessi a un'effettiva e diligente prestazione, meritevoli pertanto di compenso economico. Che avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione l'AUSL di Pescara con un unico motivo, cui oppone tempestivo controricorso Antonio Argentini. Ritenuto Che nell'unica censura l'Ausi ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 1 D.Lgs. numero 66/2003, del c.c.numero l. per il comparto sanità 2001, integrativo del c.c.numero l. del 1999, nonché del c.c. integrativo aziendale del 2003, dell'art. 2104, co.2 cod. civ., dell'art. 2697 cod. civ. e di ogni norma e / principio in materia di onere della prova deduce altresì il vizio di omessa e carente motivazione in relazione all'art. 360, numero 5 del codice di rito. Che quanto alla retribuibilità dei tempi per la vestizione/svestizione la motivazione della sentenza gravata si porrebbe in palese contrasto con le norme richiamate, in quanto, tale attività rientrerebbe nella diligenza preparatoria, intesa nei limiti della normalità socio culturale che a essa la giurisprudenza riconnette. Che nel caso in esame le norme contrattuali fanno obbligo al lavoratore di indossare non già da casa, per evidenti motivi d'igiene e sanità pubblica, ma prima e dopo l'uscita dai relativi reparti, camice e mascherina protettiva e che pertanto, non risulta essere stato provato che su tale adempimento l'azienda abbia svolto mai un controllo, né che il lavoratore fosse obbligato a indossare la divisa prima della timbratura del cartellino che dunque, l'attività in oggetto potrebbe tutt'al più configurarsi quale adempimento di un obbligo di diligenza preparatoria. Che quanto al secondo punto oggetto della sentenza, concernente il passaggio di turno al fine di assicurare la continuità terapeutica ai pazienti, l'Ausi ricorrente ritiene che quest'esigenza possa dirsi soddisfatta dalle annotazioni in cartella cd. scheda infermieristica , ove sono puntualmente riportate le pratiche eseguite e da eseguire che, inoltre, il contratto integrativo aziendale prevede la rotazione dei lavoratori entro un range temporale di trenta minuti, secondo la formula organizzativa cd. dell'avvicendamento dinamico di squadra, così da consentire che nel tempo necessario al passaggio di consegne, i reparti non siano lasciati mai completamente sguarniti. Che, laddove si renda necessario un prolungamento, oltre il proprio turno, e la formula flessibile dell'avvicendamento non si riveli sufficiente, entrerebbe in soccorso l'altra tecnica dell'autorizzazione postuma dell'orario reso oltre il turno prestabilito da parte del coordinatore del reparto, onde permettere al turnista successivo di assumere informazioni e prescrizioni da chi l'ha preceduto, nel caso in cui ciò sia richiesto dalla gravità del caso. Che l'unica censura è infondata. Che sotto ambedue i profili controversi, sia quello concernente il cambio abito sia quello relativo al cambio turno, entrano in gioco comportamenti integrativi e strumentali all'adempimento dell'obbligazione principale, i quali nondimeno appaiono funzionali ai fini del corretto espletamento dei doveri deontologici della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale. Che quanto al tempo per la vestizione/svestizione, la giurisprudenza di questa Corte, che lo considera tempo di lavoro ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'atto rientra nell'obbligo di diligenza preparatoria e non dà titolo ad autonomo corrispettivo Cass. numero 9215/2012 , non è invocabile nel caso in esame, in quanto, non essendo detta attività svolta nell'interesse dell'azienda bensì dell'igiene pubblica, essa deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell'AUSL. Che la Corte territoriale ha correttamente affermato il diritto alla retribuzione soltanto per il tempo effettivo eventualmente di volta in volta utilizzato dal lavoratore che pertanto il punto qualificante della controversa materia diventa verificare se i tempi di vestizione/svestizione siano stati utilizzati fuori o all'interno dell'orario di lavoro. Che la sentenza gravata, nel sostenere il diritto alla retribuzione per il tempo di vestizione/svestizione del personale infermieristico ha affermato che nel caso di specie l'incombente ancorché correlato alla fase preparatoria, non è rimesso alla libertà del lavoratore, tanto che il datore può rifiutarne la prestazione senza di esso , e pertanto, non essendo stato accertato che tale attività si fosse svolta entro l'orario di lavoro, il tema della non retribuzione non si pone in quanto non ha costituito oggetto di prova nell'ambito del giudizio di merito, a nulla rilevando in tal caso il riferimento all'esercizio del potere di eterodirezione datoriale, invocato da questa Corte per fattispecie tutt'affatto diversa, non adattabile al caso in esame Che per quanto riguarda il lavoro all'interno delle strutture sanitarie, nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto che, tuttavia, la declaratoria di tale diritto è subordinata all'accertamento di quanto di volta in volta è in concreto avvenuto. Che quanto al cambio di consegne nel passaggio di turno, adempimento, anch'esso necessariamente connesso alle peculiarità del servizio sanitario, risponde al vero - come sostiene il controricorrente - che la Corte territoriale, col non reputare soddisfatta l'esigenza della presa in carico del paziente, né dal sistema di turnazione flessibile, né dalla prassi delle annotazioni sulla scheda infermieristica, mero scambio cartaceo riguardante la terapia somministrata, e con l'affermare che, in quanto riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro , per la funzione che è chiamata ad assolvere, lo scambio di consegne va considerato, di per sé stesso, meritevole ricompensa economica, ha inteso imprimere a tale attività una nuova rilevanza, accrescendo la dignità giuridica della regola deontologica della continuità assistenziale. Essendo, pertanto, infondata l'unica censura, il ricorso va rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.