Lavoratore colpito da infarto, il superiore ritarda la chiamata dell’ambulanza: azienda condannata

L’episodio si è verificato in un ufficio postale. Evidente, secondo i Giudici, il fatto che l’arrivo non tempestivo dei soccorsi abbia provocato ripercussioni negative per il dipendente. Quest’ultimo ottiene un corposo risarcimento dalla società.

Momenti di panico in un ufficio postale un dipendente si sente male, vittima – si scoprirà poi – di un infarto. A rendere la situazione ancora più complicata, però, ci si mette uno dei responsabili della struttura, che cerca incredibilmente di impedire la chiamata d’una ambulanza. Per i giudici è evidente il danno, sia fisico che morale, subito dal lavoratore, che ottiene un adeguato risarcimento dall’azienda Cassazione, sentenza n. 26751/2017, Sezione Lavoro, depositata oggi . Soccorsi. In Tribunale il dipendente di ‘Poste Italiane’ si vede riconosciuto solo il danno da lesione della dignità personale , con risarcimento quantificato in 15mila euro. In Corte d’Appello, invece, i Giudici ritengono certo anche il danno biologico provocato dal ritardato arrivo dell’ambulanza, e di conseguenza condannano la società a versare al dipendente ben 175mila euro a mo’ di risarcimento. Decisiva per i Giudici la ricostruzione dell’episodio verificatosi nei primi giorni del 2001, quando uno dei responsabili dell’ufficio postale aveva volutamente cercato di impedire e così aveva ritardato la chiamata d’una ambulanza per soccorrere il lavoratore colpito da infarto del miocardio . Ritardo. A chiudere definitivamente il fronte legale provvedono i giudici della Cassazione, confermando il diritto del dipendente al doppio risarcimento da parte ‘Poste’. Il lavoratore incasserà 190mila euro in totale. Per i magistrati del ‘Palazzaccio’ è emerso in maniera netta, grazie alla relazione del consulente tecnico d’ufficio, che il ritardo nei soccorsi , provocato da uno dei responsabili dell’ufficio e perciò addebitato alla società , ha comportato effetti negativi per il lavoratore che, colpito da infarto, ha riportato anche una situazione di invalidità . Ecco spiegata la decisione con cui è stato riconosciuto non solo il danno morale ma anche il danno biologico .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 maggio – 13 novembre 2017, n. 26751 Presidente Di Cerbo – Relatore Manna Fatti di causa 1. Con sentenza n. 206/06 il Tribunale di Ascoli Piceno condannava Poste Italiane S.p.A. a pagare in favore di Lu. Al. la somma di Euro 15.000,00 a titolo di risarcimento del danno da lesione della dignità personale derivato dall'episodio del 3.1.01, in cui un superiore dell'Al. aveva volutamente cercato di impedire e, così, aveva ritardato la chiamata d'una ambulanza per soccorrere l'Al. medesimo, colpito da infarto del miocardio. Rigettava, invece, la domanda di risarcimento del danno biologico. 2. Con sentenza pubblicata il 26.4.11 la Corte d'appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava la società a pagare al lavoratore la somma di Euro 175.000,00 a titolo di danno biologico, oltre accessori. 3. Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 cod. proc. civ. 4. Lu. Al. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2048, 2049, 2055, 2057, 2087 e 2697 cod. civ. e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ravvisato il danno biologico malgrado la mancanza di prova del nesso di causalità fra il ritardo del soccorso addebitato alla società e l'entità del danno cardiaco riportato dal lavoratore. Il motivo è infondato. Con motivazione immune da vizi logico-giuridici e sulla base di apposita c.t.u., la sentenza impugnata ha accertato che il gradiente di danno biologico conseguente al ritardo delle terapie dovute all'infartuato è stato pari al 50%. A sua volta tale ritardo vi è stato sia nel chiamare l'ambulanza dall'ufficio in cui lavorava l'odierno controricorrente ritardo ascrivibile al suo superiore, che si è fisicamente opposto a che venisse chiamato il Pronto Soccorso, sempre secondo quel che si legge nella sentenza impugnata , sia - in seguito - da parte della struttura sanitaria. Le obiezioni a riguardo mosse dalla ricorrente, che nega la prova del nesso di causalità fra tale ritardo e il grado di invalidità riportato da Lu. Al. dopo l'infarto, scivolano sul piano del merito, intangibile in sede di legittimità. 1.2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2048, 2049, 2055, 2057, 2087 e 2697 cod. civ. e vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha considerato che, quando un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, ognuna di esse deve avere efficienza causale. Il motivo è infondato. La Corte di merito non ha affatto negato la necessità di tale efficienza causale, ma si è limitata a rilevare che, una volta provato che il ritardo in parte ascrivibile ad un dipendente della società, vale a dire al superiore dell'odierno controricorrente e, per esso, alla società medesima ex art. 2049 cod. civ., in parte addebitabile alla struttura sanitaria ha concorso causalmente a determinare il danno ingiusto, al relativo risarcimento sono tenuti in solido ex art. 2055 cod. civ. tutti i soggetti responsabili vale a dire la società ricorrente e la struttura sanitaria . 1.3. Con il terzo motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 cod. civ. e di vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di spiegare l'applicazione dell'art. 2055 cod. civ., così come non ha chiarito quale sarebbe stato il comportamento della società ricorrente che avrebbe concorso a determinare l'evento dannoso, ossia l'infarto del miocardio. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata è ben chiara nel puntualizzare che la condotta della ricorrente tramite il superiore dell'Al. ha avuto efficacia causale rispetto non già all'infarto del miocardio, ma all'entità del danno derivante dal ritardo nei soccorsi. Ed ex art. 2055 cod. civ. chiunque concorra a determinare il danno ingiusto è tenuto, in solido con eventuali coautori - giova ribadire – al risarcimento integrale del danno danno da ritardo nei soccorsi, nel caso di specie . 1.4. Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione riguardo al danno morale e alla sua quantificazione, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1218, 1226, 2059, 2697, 2727, 2729 e 2087 cod. civ. e 115, 116 e 421 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata ravvisato tale danno come in re ipsa, a prescindere dalla prova d'una reale conseguenza pregiudizievole della condotta addebitata al superiore del controricorrente. Il motivo è infondato. Come questa S.C. ha già avuto modo di statuire cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 26972/08 , il danno morale, pur non essendo mai in re ipsa per il solo fatto della lesione d'un diritto, nondimeno può essere provato in via presuntiva e di massime di comune esperienza, come correttamente aveva già fatto la sentenza di prime cure sul punto confermata dalla Corte territoriale . 3.1. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare in favore del controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.